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John Wyndham al cinema – 1

John Wyndham al cinema – 1

John Wyndham, pseudonimo di John Wyndham Parker Lucas Beynon Harris, è stato uno scrittore inglese di romanzi di fantascienza fra i più famosi e interessanti del panorama letterario del Novecento e moltissime sue opere vennero anche trasposte al cinema. Usò il suo chilometrico nome per trarne anche altri pseudonimi letterari, quali John Beynon e J. B. Harris.

John Wyndham nacque nel villaggio di Knowle il 10 luglio 1903, non lontano da Birmingham. Mancato avvocato, dopo avere tentato diverse strade con scarso successo iniziò la carriera di scrittore nel 1931, pubblicando su una rivista statunitense il primo racconto, “Worlds to Barter”.

In questi primi racconti non mancarono le incursioni nel campo del poliziesco, ma fu la fantascienza il genere nel quale Wyndham pian piano si specializzò. Nel 1935 pubblicò il primo romanzo in Gran Bretagna, “Le onde del Sahara” o “Il popolo segreto” (“The Secret People”), di stampo avventuroso e fantastico. Sullo stesso genere il dittico narrativo costituito da “Avventura su Marte” (“Planet Plane”, 1936) e “I sopravvissuti di Marte” (“The Sleepers of Mars”, 1938).

Durante la Seconda Guerra Mondiale fu caporale dei Royal Signal Corps: essendo quindi impegnato in prima linea non scrisse nulla e si fermò per un po’.

Tornato alla vita civile e spronato dall’esempio del fratello, che aveva pubblicato con qualche successo alcuni romanzi, pubblicò tra il 1951 e il 1957 i suoi romanzi più noti: “Il giorno dei trifidi” (“The Day of The Triffids”), “Il risveglio dell’abisso” (“The Kraken Wakes”), “I trasfigurati” (“Re-Birth”), “I figli dell’invasione” (“The Midwich Cuckoos”).

Alla pubblicazione nel 1959 di “Sbarco su Marte” (“The Outward Urge”) seguì, nell’anno successivo, “Il lichene cinese” (“Trouble with Lichen”, 1960) e, dopo un intervallo di otto anni, il romanzo breve “Chocky” (1968).

Sposatosi intanto nel 1963 con Grace Wilson (frequentata fin dalla giovinezza), Wyndham passò gli ultimi anni nella quiete della casa di campagna di Petersfield (nello Hampshire), dove morì senza figli l’11 marzo del 1969.

Due suoi romanzi sono stati pubblicati postumi: il primo dieci anni dopo, “Ragnatela” (“Web”, 1979), che Wyndham era riuscito a concludere (ma non a revisionare); il secondo “Plan for Chaos” nel 2009, a cui stava lavorano nel periodo in cui scriveva “Il giorno dei trifidi”.

Wyndham raccoglie la tradizione apocalittica britannica e si trastulla con catastrofi suscettibili di distruggere l’umanità, come ne “Il giorno dei trifidi”, nel quale una pioggia di meteoriti rende ciechi quasi tutti gli abitanti della Terra mettendoli alla mercé di piante carnivore semoventi (i trifidi), o come ne “I figli dell’invasione”, nel quale appare un altro sfruttatissimo tema: l’invasione aliena.

Gli alieni e i mutanti di Wyndham sono minacciosi, determinati a soggiogare la razza umana. Mentre in altri scrittori ciò genera atmosfere cupe e angosciose, Wyndham sa mitigare la crudezza delle sue catastrofi ricorrendo a uno stile pacato, con una scrittura serena e ironica in contrasto coi temi trattati.

Da “La Zona Morta

“…ll dottore te lo confermerà, è questione di qualche settimana, al massimo di qualche mese. Così nessun rimpianto, mio caro amore… Quanto a questo, bene, abbiamo vissuto così a lungo in un giardino da aver quasi dimenticato le banalità della sopravvivenza… Se vuoi conservarti vivo nella giungla, devi viere come la giungla…”

I figli dell’invasione (The Midwich Cuckoos – Urania N° 200 del 29/3/1959)

Non succederà con noi perché dobbiamo sopravvivere, costi quel che costi… Imparerete che siamo decisi a sopravvivere e che non potete far nulla per impedirlo…dovete imparare a non sfidarci… voi… non… dovete… sfidarci.

Il villaggio dei dannati – (Village of the damned -1960 – Regia di Wolf Rilla)

Alcuni dei romanzi di Wyndham son diventati dei classici nel cinema e nella televisione primo fra tutti, e meritatamente fu Il Villaggio dei Dannati, (Village of the damned di Wolf Rilla) che si presentò allo spettatore nel 1960 in un normalissimo bianco e nero.

In origine, quando la preproduzione iniziò nel 1957, il film era destinato a essere una pellicola americana e doveva essere girato presso gli studi della Metro-Goldwyn-Mayer a Culver City, California.

Ronald Colman era stato messo sotto contratto per il ruolo di protagonista, ma la MGM accantonò il progetto inchinandosi alle pressioni di gruppi religiosi che si opposero alla raffigurazione sinistra di un parto alieno.

Colman morì nel maggio del 1958 e, per coincidenza, la sua vedova, l’attrice Benita Hume, aveva sposato l’attore George Sanders nel 1959, quindi fu lui ad avere il ruolo pensato per Colman.

Questa non fu che la soluzione finale I diritti cinematografici sul romanzo furono acquistati dalla MGM nel giugno del 1957, addirittura prima della pubblicazione. Milo Frank fu incaricato di produrlo mentre, John Lupton fu annunciato come il possibile interprete.

A dicembre era stato deciso il titolo Village of the damned e Russ Tamblyn, che appariva come protagonista nel film Pollicino (1958), era stato nominato come una possibile scelta.

Ma non era finito il “giro” perché nel gennaio del 1958, il presidente della MGM Joseph R. Vogel annunciò che il film sarebbe stato tra quelli che sarebbero stati realizzati dallo studio in quell’anno e che il regista, Robert Stevens aveva firmato per dirigerlo.

Nel settembre del 1958 Michael Rennie dichiarò di essere stato considerato come protagonista e a ottobre dello stesso anno Mel Dinelli stava lavorando a una sceneggiatura.

Nel gennaio del 1959 Julia Meade firmò per un ruolo da protagonista.

Il film, ripetiamo. era stato originariamente concepito come un film americano, e Stirling Silliphant aveva già scritto una sceneggiatura, ma le proteste a cui abbiamo accennato costrinsero i dirigenti della MGM americana a cambiare idea.

Il soggetto, quindi, venne trasferito agli MGM Studios britannici per la sua realizzazione e girato nel villaggio di Letchmore Heath, nei pressi di Watford, a circa 20 chilometri a nord di Londra. Gli edifici locali come The Three Horseshoes Pub e la Aldenham School, furono realizzati durante le riprese.

John Wyndham & Wolf RillaSei settimane prima dell’inizio delle riprese, il progetto venne affidato al regista Wolf Rilla il quale contestò la sceneggiatura di Silliphant dichiarando che, proprio per questo il soggetto aveva bisogno di molto lavoro per renderlo realistico e che era stato scritto da un americano che non aveva molta conoscenza della vita inglese; ragion per cui il tutto appariva falso

A Rilla però fu detto che aveva solamente un fine settimana per apportare le modifiche, quindi lui e Ronnie Kinnock, che erano diventati produttori, vi lavorarono insieme e i due si adattarono ad apportare quantomeno le modifiche principali tralasciando il resto.

Il film aveva un programma di riprese di sei settimane e un budget iniziale di 82.000 sterline.

Il regista rese gli strani eventi persino più strani… gli orrori erano molto più orribili perché sembravano molto più normali amplificando l’atmosfera di attesa che permeava tutto il film.

Le parrucche bionde che indossavano i bambini erano imbottite per dare l’impressione che avessero teste anormalmente grandi.

Gli effetti degli occhi luminosi quando i bambini usavano i loro poteri mentali, fu ottenuto usando sovrapposizioni animate di un’iride bianca brillante il che ha creato un’iride luminosa con una pupilla nera, dopo la stampa del film.

Questa tecnica è stata utilizzata principalmente su frame freeze (fermo immagine) per creare l’effetto richiesto. Il termine inglese rende meglio il senso: in sintesi sarebbe un fotogramma “congelato,” cioè quando un singolo fotogramma viene mostrato ripetutamente sullo schermo, “congelando” l’azione. Il che può essere fatto nel contenuto stesso, stampando o registrando più copie dello stesso frame di origine.

L’unica sequenza dal vivo (live motion) elaborata in questo modo è stata la scena in cui David minaccia lo zio Alan e qui l’effetto dell’occhio appare mentre David parla.

In altre sequenze gli occhi di David passano dal normale allo splendente sullo schermo, questo, per esempio, dopo che una delle bambine è quasi investita da un’auto. È una ripresa di due della ragazze e David, cioè una sequenza composita divisa da una linea nera leggermente frastagliata: infatti nella scena con la ragazza che è in movimento si possono notare i capelli muoversi nella brezza, mentre la metà con David è una sequenza fissa con l’effetto occhi aggiunto in seguito sul fotogramma.

Un simile effetto da schermo diviso venne utilizzato durante la prima scena in cui un bambino e una bambina usano i loro poteri per impedire al “fratello” di rubare la scatola – puzzle. Nei primi piani della madre che tiene il ragazzo, i suoi occhi iniziano a brillare. La donna si volta a guardarlo e sono qui sono stati aggiunti gli effetti come spiegato precedentemente, ma questa volta senza una linea nera che separa il fermo immagine del ragazzo dal movimento vivo della madre.

L’effetto finale degli occhi dei bambini che si allontanano dalle fiamme della loro casa-scuola che brucia che, è un insieme di esposizioni multiple di un modello di testa con occhi luminosi ingranditi in fase di ripresa.

Per l’uscita originale del film in Gran Bretagna, i censori rimossero gli effetti luminosi degli occhi.

Le stampe usate nel Regno Unito senza gli effetti degli occhi mostravano che durante la sequenza finale, nei primi piani, i bambini allargavano gli occhi mentre attaccavano la mente di Zellaby, a differenza dei fermo immagine con gli occhi luminosi. Fortunatamente ebbero l’accortezza di aggiungerli in seguito utilizzando le stampe americane.

Un altro esempio è un lieve sorriso che David fa dopo aver dato alle fiamme uno degli abitanti del villaggio: nella stampa del Regno Unito. Le sequenze fisse nella stampa americana non contengono dettagli così sottili. Questa scena ha anche il merito di essere stata girata negli studi britannici della MGM e non sulle copie americane

Una volta terminata la pellicola con una spesa di soli 225.000 dollari i dirigenti della MGM americana rimasero perplessi davanti alla proiezione della prima copia del film.

Non essendosi nemmeno degnati di leggere la sceneggiatura (per fortuna) si aspettavano un film per ragazzi, non una pellicola dai toni cupi, per cui decisero di archiviarla e di farla uscire, prima o poi, in Inghilterra per vedere quali risultati avrebbe potuto raggiungere.

Ma anche la succursale inglese non era convinta, per cui la seppellì a sua volta in archivio e là sarebbe rimasta non si sa per quanto tempo, se la casa di produzione non fosse stata costretta a tirarla fuori a causa di un contratto che aveva con un grande cinema di Londra che era praticamente rimasto senza programmazione.

Incrociarono inizialmente le dita, salvo poi ballare di gioia quando videro gli incassi e fu proprio il dio soldo a convincere anche gli americani a tirarla fuori e a programmarla in tutti gli states.

Ottenuto un certificato “A” dai censori britannici, il film è stato programmato nel giugno del 1960 al cinema The Ritz a Leicester Square, a Londra.

Secondo il regista Wolf Rilla, attirò presto il pubblico e gli spettatori nel cinema che fecero la fila per vederlo.

Nel dicembre dello stesso anno fu programmato a New York e a Los Angeles, diventando un successo “dormiente” per la MGM negli Stati Uniti.

Secondo i dati della MGM, il film ha guadagnato 1,4 milioni di dollari negli Stati Uniti e in Canada   775.000 dollari altrove, con un profitto di 860.000 dollari…

***

Con il film diretto da Wolf Rilla Il Villaggio dei Dannati, il cinema di science fiction inglese raggiunse, probabilmente, il suo apice. In precedenza, erano apparsi esempi dignitosissimi, pellicole come quelle dirette da Val Guest: L’astronave atomica del dottor Quatermass, I vampiri dello spazio X contro il centro atomico e il meno famoso, ma non per questo inferiore: Il mostruoso uomo delle nevi. Tutti a opera della Hammer film

La fantascienza inglese, del resto, si è sempre distinta, per molti anni da quella americana per alcune sue caratteristiche peculiari.

Prima di tutto, poiché è noto che la Gran Bretagna è la patria delle storie dell’orrore, o gotiche che dir si voglia, nel campo letterario (ed ora anche cinematografico) sin dal Settecento. È quindi abbastanza ovvio che gli autori inglesi si siano accostati alla fantascienza, sia letteraria che cinematografica, con un senso del mistero, dell’ignoto e del non conosciuto che è tipicamente “Made in England.”

Il “mostro”, per esempio, ha un’importanza relativa e difficilmente invaderà totalmente le sequenze del film o le pagine del romanzo come invece può accadere nel suo confratello americano. O in quello giapponese.

Esiste, invece, una ricerca più raffinata, più sottile del terrore-panico che nell’ambito della cinematografia americana si può scoprire in opere saltuarie dell’epoca come “Il bacio della pantera” di Jacques Tourneur o “L’invasione degli ultracorpi” di Don Siegel. Sono, pellicole dai toni raffinati, potremmo dire gialli, dosati mirabilmente e senza scene altamente spettacolari, ma non per questo meno drammatiche. In questo la cinematografia inglese è stata maestra per poi adattarsi, in tempi più recenti, a diventare più simile, ma solo simile, a quella americana.

Un’altra caratteristica delle pellicole inglesi dell’epoca è quella di presentarci il protagonista come una persona di aspetto comunissimo, se non di mezza età, intabarrato in un cappotto e con in bocca una sigaretta quasi del tutto consumata. In un film inglese nessuno accenderebbe una sigaretta e se ne sbarazzerebbe subito: è anche questo che fa l’ambiente. Il cappotto, quindi il freddo e la nebbia, la gente comune: quaranta o cinquant’anni, cappello e sigaretta o pipa.

Poi ancora: altra caratteristica delle pellicole inglesi di Science Fiction e che esse possiedono l’abilità di creare mostri o scene aliene, un’intera ambientazione, insomma, prendendo a cartina di tornasole il mondo di tutti i giorni. Apparentemente sempre uguale e nel quale si è inserito qualcosa di invisibile, diverso ed infine minaccioso.

Inoltre, quando già negli Stati Uniti, ogni sottoprodotto diventava interessante e commerciale perché realizzato a colori, ecco che, in pieno 1960, la cinematografia inglese insiste con una pellicola girata in un apparente scialbo bianco e nero. Il quale ha però il pregio di un tocco di classe particolare che il colore non potrà mai avere.

Per cui Il villaggio dei dannati, per confermare quanto sottolineato prima, si presenta allo spettatore in un normalissimo bianco e nero, anche se in seguito ne verrà realizzata una versione “Colored”, ed è praticamente privo di effetti speciali, se si eccettua una semplice (si fa per dire) opera di ritocco nei fotogrammi dove appaiono i… mostri della vicenda.

Dallo studio della propria abitazione a Midwich, nell’Inghilterra Meridionale, il fisico Gordon Zellaby (George Sanders), telefona al cognato, il Maggiore Alan Bernard (Michael Gwynn) al Ministero della Guerra.

Durante il colloquio Gordon sviene improvvisamente e si accascia al suolo lasciando il ricevitore staccato. La stessa cosa accade contemporaneamente in tutto il villaggio: tutti gli abitanti, persone o animali, sono distesi al suolo svenuti. L’orologio del villaggio, in silenzio totale, quasi di morte, batte le undici e scorrono i titoli del film.

(continua)

Vanni Mongini
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Tra i maggiori specialisti mondiali di cinema SF (Science Fiction) è nato a Quartesana (Fe) il 14 luglio 1944 e fino da ragazzino si è appassionato all'argomento non perdendosi una pellicola al cinema. Innumerevoli le sue pubblicazioni. La più recente è il saggio in tre volumi “Dietro le quinte del cinema di Fantascienza, per le Edizioni Della Vigna scritta con Mario Luca Moretti.”

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