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Che magnifica giornata!

Che magnifica giornata!
SCELTI DAL DIRETTORE

 

La mia vita non era malaccio, se non che un bel giorno divenne perfetta.

Mi alzai e stavo benissimo. Non che fossi malato, ma si sa con l’età ci sono acciacchi che si sentono molto di più al risveglio; soprattutto se a cena le cose non sono state molto morigerate.

Ma quel giorno, niente; saltai giù dal letto come un giovanotto. Eppure avevo la bella età di… beh, questo non ha poi tanta importanza.

Andai in cucina e c’era mia moglie che preparava la colazione. Per un attimo la cosa mi parve strana, poi scossi la testa. Ciò che era davvero strano è che stava preparando ogni ben di Dio. Omelette, bacon, croissant appena sfornati, pane, burro fresco e marmellata fatta in casa.

«Ma non è un po’ troppo?» chiesi.

Lei mi guardò con un sorriso che mi sciolse il cuore e rispose: «E perché mai?»

Già, mi dissi, perché mai?

Sul tavolo c’era il giornale, ancora ben ripiegato, odoroso di rotativa, e gli diedi una scorsa. Nessuna brutta novità, forse le tasse sarebbero salite, ma non se n’era sicuri, il bel tempo imperava su tutto il paese, ed erano tutti in fibrillazione per il solito concorso canoro.

Mia moglie si sedette di fronte a me e mi gratificò con il suo sguardo profondamente amorevole. Ero un uomo fortunato. Mangiai a quattro palmenti, godendomela senza remore e, quel che è più bello, alla fine non mi sentivo neanche appesantito.

Nonostante questo mi pareva giusto fare una passeggiata, ma prima di tutto andai a lavarmi i denti. Fantastico, il dentifricio era nuovo di zecca, col suo tubetto lucido e ben teso. Anche lo spazzolino lo era.

Fuori, i prati erano di un verde sfavillante e la natura dava il meglio si sé. Anche il prato del mio giardino era in ordine, appena tagliato, tanto che non avrei dovuto occuparmene almeno per due settimane. La buchetta della posta, vuota; neanche una bolletta.

Fuori non c’era traffico e la gente passeggiava serenamente. Alcune persone che conoscevo di vista mi salutarono amabilmente, ma anche altri che non avevo mai visto. Risposi a tutti con calore e la cosa mi diede un piacere che prima di allora non conoscevo.

Si può anche dire che mi sentii inspiegabilmente felice, sentimento che non mi abbandonò per tutto il resto della giornata.

Quando giunsi a casa sembrava Natale. Isadora aveva invitato a pranzo i nostri figli che giunsero con i miei nipotini. Il pranzo fu luculliano e lo gustammo ridendo e scherzando. Ma anche scambiandoci liete novelle. Mia figlia era stata promossa a direttore delle vendite e mio figlio aveva pubblicato con successo il suo sesto romanzo per una grossa casa editrice.

Alla fine ricevetti anche un bel maglione in regalo da mia moglie. Non c’era un motivo speciale ma lo aveva trovato in saldo e le sembrava il momento migliore per darmelo. Quel maglione era di una morbidezza che lasciava di stucco, eppure non era per nulla cascante ma mi dava un tono virile e sportivo al tempo stesso. Lo adorai.

Salutammo i ragazzi e li guardammo andar via  con le loro famiglie, tutti allegri e carichi di speranze. Poi rientrammo sorridendo e ci baciammo. Stranamente mi sentii stanco e mi distesi sul letto. Dormii poco più di un’ora e mezza e al risveglio mi sentivo come nuovo.

«Perché non vai un po’ nel tuo rifugio?» fece mia moglie ed io non me lo feci ripetere.

Nell’ampia cantina sotto alla mia villetta c’era il mio laboratorio.

Li mi guardavano sfavillanti le mie creazioni, decine di modellini di navi che avevo realizzato personalmente. Con piacere rinnovato e un brivido intimo mi dedicai all’ultimo progetto, un galeone spagnolo del sedicesimo secolo.

La seduta fu gratificante. Ogni cosa era esattamente al suo posto, ogni mio movimento era calibrato al punto giusto, e non mi sfuggiva dal tubetto neanche una goccia di colla in più del necessario.

In un paio d’ore feci notevoli progressi.

Era già ora di cena e salii un po’ timoroso. Proseguendo il trend della giornata, mia moglie poteva aver preparato un cenone di capodanno. Anche se mi sentivo benissimo non mi pareva il caso.

Ma lei non mi deludeva mai. Aveva preparato un semplice consommé, mentre sulla tavola c’era un po’ di affettato rigorosamente facoltativo. Ci sorridemmo tutto il tempo, dicendoci com’eravamo fortunati a fare quella vita serena e ad avere figli così meravigliosi.

La sera davano un vecchio film che amavo moltissimo e lo rividi con piacere. Poi andammo a coricarci, ci abbracciamo e così ci addormentammo.

Che magnifica giornata fu quella, tanto da pensare che le successive sarebbero state orribili, così da compensare tanta perfezione.

E invece no. Anche le successive giornate furono altrettanto serene e perfette.

I giorni successivi, i mesi successi, gli anni successivi.

I cinquecento anni successivi, credo.

Fino a che mi venne un dubbio. Qualcosa non mi tornava e lo dissi a mia moglie.

Lei sospirò, un po’ come dire: Alla buon’ora!

Poi si diresse in soggiorno e sollevò la cornetta del vecchio telefono.

«Pronto?» disse dopo un istante. «Sì direi che si può fare… No, preferisco che lo faccia tu… Esatto… Va bene, ti spettiamo.» E mise giù.

La guardai con fare interrogativo, ma lei scrollò le spalle e si diresse alla porta. Quando l’aprì, fuori c’era già qualcuno ad attendere. Con mia immensa gioia era Federico, il mio più grande amico. Lo accolsi con calore e lo feci accomodare.

Seduti nei nostri divani ci guardammo con la complicità di sempre.

«Dunque, Isadora dice che forse sei pronto ad ascoltare.»

«Ascoltare cosa…?» feci un po’ imbronciato per quella loro aria da cospiratori. «Sicuramente qualcosa non mi torna… Sono felice come una pasqua ma qualcosa non mi torna proprio. E ora, anche se mi fa enormemente piacere, questa tua visita ha qualcosa di ancor più straniante.»

«Sei veramente sicuro di voler sapere?» chiese lui.

«Ma insomma,» sbottai, «quanto pensi di volerci girare ancora intorno?»

Lui guardò verso mia moglie che lo gratificò con un cenno di incoraggiamento.

«In verità, Oreste, sei un po’ tu che ci stai girando attorno, perché non vuoi accettare il semplice fatto che… sei morto.»

«Affermazione un po’ forte, non credi?» asserii io tanto per darmi un tono, ma qualcosa in me stava già cedendo all’evidenza dei fatti.

«Caro, è stato meraviglioso stare di nuovo qui con te,» disse a quel punto Isadora, «ma forse ora è il tempo di andare avanti.»

Restai siderato.

«Anche… Anche tu sei morta?»

«Oh, sì. E molto prima di te… Sicché, quando sei morto, hai ricreato la nostra casa, la nostra vita, ed io ci dovevo essere perché essa potesse essere perfetta.»

«Mi piaceva tanto la mia vita. La nostra vita…» dissi, ma poi, come in un fugace lampo, mi parve di intravvedere la realtà della mia vita vera, prima della morte: solo, in una casa vuota.

«Sì, ti piaceva tanto che prima di procedere hai voluto riaverla ancora per un po’…»

«Sì, ancora per un po’…» Trasalii. «E i nostri figli? Sono morti anche loro?»

«No, tranquillo,» mi rassicurò. «Stanno bene. Ci vengono a trovare, talvolta, quando sognano.»

Annuii.

«Insomma è finita.»

Federico rise.

«Ma no, Oreste. È appena iniziata.» Dovette percepire la mia confusione, perché rispose a tutte le mie domande inespresse. «La fuori c’è talmente tanto da fare, da essere, da gioire.»

«Fuori dove?»

«Fuori ovunque… Ma non è il momento per fare della filosofia. Vedrai tutto con precisione non appena sarai uscito dal comodo bozzolo in cui ti sei rinchiuso.»

«Per noi è ora di andare,» disse Isadora.

La guardai con un sentimento struggente.

«Ti ho… fatto perdere così tanto tempo…» mi scusai.

«Ma no. Questa era una delle tante cose che desideravo fare nel mio “Al di fuori”. Assisterti…»

Mi abbracciarono entrambi e si diressero alla porta.

«Noi andiamo,» disse Federico. «Tu fai con calma… Quando vuoi… Ti aspettiamo.»

«Sì. Sì… Vi seguo subito. Datemi un attimo per salutare tutto questo.»

Annuirono e uscirono.

Dopo poco anch’io li seguii e mi sedetti fuori, in veranda. C’era un magnifico tramonto.

Volevo terminare anche quell’ultima “ultima giornata”. Perché, in fondo, anche quella era stata perfetta.

© Giorgio Sangiorgi 2021
Edizioni Scudo

Giorgio Sangiorgi
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Sangiorgi lavora e vive a Bologna. Dopo un esordio nel campo del fumetto, ha vinto alcuni premi letterari locali per poi diventare uno degli autori e dei saggisti della Perseo Libri Il suo libro "La foresta dei sogni perduti" ha avuto un buon successo di pubblico. Ora pubblica quasi esclusivamente in digitale e alcuni suoi racconti sono stati tradotti e pubblicati in Francia e Spagna.

1 Commento

  1. Franca Marsala

    Bello!

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