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MISHKIN VILIOV SI VENDICA

MISHKIN VILIOV SI VENDICA

 

racconto ed illustrazione di Luca Oleastri

 

Uno schianto e i venusiani si precipitarono dentro sparando all’impazzata, Mishkin Viliov comprese che la cosa migliore da fare in quel momento era darsi alla fuga…
Non fece in tempo, perché fu a questo punto che accadde il fenomeno. Silenziosamente, senza preavviso.
Prima ecco un vuoto nero-violaceo, della consistenza del velluto bagnato, che aderì al suo corpo come le membrane pulsanti di un cuore vivo. Luminosa su quello sfondo di tenebra, spiccava una faccia priva di occhi.
Niente occhi.
La bocca era solamente una fessura nella carne, dietro cui si contorcevano anelli concentrici di gengive, benché non si vedessero denti.
Una mano pallida, con dodici dita si allungò verso di lui, fece un tentativo disperato per riuscire a evitare quella stretta viscida poi…

Si svegliò e rimase per un momento a fissare il soffitto basso, appena visibile nella luce rossastra. Girò la testa e vide vicino alla parete un quadro su cui brillava un segnale rosso.
Mise le gambe giù dalla cuccetta e si alzò a sedere. La stanza era piccola, dipinta di grigio e spoglia. Gli doleva l’ avambraccio. Rimboccò la manica e vide il marchio lasciatogli da un Targatore.
Mishkin Viliov si appoggiò alla parete e chiuse gli occhi.
In apparenza non era male: allentamento di alcune percezioni sensoriali, associazioni di idee, lampi di luce…

Riaprì gli occhi. E capì che le cose non andavano poi così bene, l’ aria sapeva di iodio e di sudore e lui non doveva essere lì.
Erano le ventiquattro e il Palazzo Zaffiro era immerso nel silenzio. Mishkin attraversò la piazza deserta e si diresse verso una stradina laterale. Non dovevano prenderlo con i piani della base stellare addosso, o per lui sarebbero stati guai grossi.
Un brontolio gli sfiorò l’orecchio, in un lampo si trovò con la pistola in mano e le spalle addossate a un portone.
Un violento colpo lo investì alla nuca, lasciandolo stordito sul selciato. L’odore dell’acido solforico seguito da conati di vomito gli fece riprendere i sensi.
Si trovava in una scomoda posizione e una voce petulante stava dicendo qualcosa a proposito di morti lente.
Cominciarono a immergerlo nella vasca ribollente, incuranti delle sue urla strazianti…

Camminava su una pianura assolata, una pianura totale, gialla, liscia come il vetro e senza fine. Camminava da tempo; non aveva una meta, forse perché di mete non ce ne erano.
Badava soltanto a mettere un piede davanti all’altro, come un equilibrista su una corda tesa. D’un tratto, il paesaggio, così immobile e definitivo si alterò impercettibilmente: un fascio luminoso, simile a un raggio di sole attraverso una fessura, si allungò sul terreno.
Una fitta lo colpì alla coscia. L’universo intero gli rovinò addosso; crollò a terra mugolante e non potendo evitare di respirare tentò di scoprire il mezzo meno doloroso per immettere aria nel torace.
Quello di Mishkin non si poteva definire un semplice forte dolore, era una pena assoluta, senza tregua, un sole che bruciava sotto la pelle.
Morfeo ebbe pietà di lui e Mishkin perse i sensi.
Si svegliò chissà quanto tempo dopo sotto il sole cocente di quella terra di nessun luogo. A parte il male localizzato in ogni giuntura, il dolore non c’era più.
Cominciò a tastarsi la testa, il petto, il bacino e…
Mishkin Viliov aveva un orecchio grande come un cappello attaccato a una coscia…

L’Alongor blu correva sulla sabbia, scartando fulmineamente ogni qual volta Mishkin, urlando come un ossesso, gli si faceva sotto.
Era bello cavalcare giorni e giorni nella prateria, rincorrendo quelle preziose bestie che sibilavano elaborati insulti, esasperate da quei lunghi inseguimenti.
Era un lavoro fatto su misura per lui e lui, per molto tempo, lo aveva svolto nel migliore dei modi. Questa per Mishkin era l’ultima caccia: aveva risparmiato abbastanza per mettere su un suo ranch. Avrebbe fatto correre qualcun altro dietro agli Alongor.
Bastava questo ultimo capo poi si sarebbe preso il primo riposo della sua vita.
Pensieri che lo cullavano e lo spronavano, quando l’Alongor si inchiodò bruscamente al terreno. Lo stesso fece la sua cavalcatura e Mishkin intraprese un breve e quanto mai sfortunato volo.
Prima che il suo osso del collo si spezzasse, capì che la sua sfortuna non era dovuta al fato…

Mishkin Viliov comparve al centro della stanza.
Il suo spirito era carico di odio per quell’uomo che stava scrivendo, e la sua mano era armata di un lungo coltello intriso di veleno.
Lentamente, come un cobra che si avvicina alla preda, Mishkin si avvicinava alle spalle dell’uomo il cui solo nome era un’inaudita violenza alla sua persona.
La mano col pugnale si avvicinò all’uomo che certamente era causa di tutte le sue sofferenze, mentre qualcosa dentro di lui anelava rivalsa e oblio.
Non gli diede il tempo di accorgersi della sua presenza e con un gesto fulmineo gli recise la gola, mentre la testa di lui si riversava sulla tastiera … d bha<f k refluhc q2qf rtjh òoi vboòij òegkvn òùè 34tpi rda popàO à oij èàoisr fog oij °LKJ DLçHB olsd còo ..v.df.,v….

Luca Oleastri

Luca Oleastri
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Nato a Bologna, ha lavorato negli effetti speciali per il cinema, giornalista ed editore ha curando Fangoria e Gorezone. Oggi svolge l'attività di illustratore e copertinista. La sua clientela è quasi esclusivamente statunitense e le sue opere sono utilizzate e pubblicate nella letteratura fantascientifica e coi giochi da tavolo.

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