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MARTIN WILSEY: LA VERITÀ NON DÀ SOLLIEVO

MARTIN WILSEY: LA VERITÀ NON DÀ SOLLIEVO

 

Un uomo con i guanti aprì dall’interno il portellone scorrevole del furgone e fece uscire la donna a calci. Quella cadde a terra con un tonfo e riprese a piagnucolare.

Era una notte luminosa e limpida. La luna disegnava ombre nette tutto attorno. Non c’era alcun rumore di traffico, anche se i singhiozzi della donna erano quasi del tutto soffocati dal frinire dei grilli e dal gracchiare delle rane.

Come era stato previsto, sulla strada di ghiaia brillava la luna. C’era sabbia e una striscia d’erba in mezzo. La strada portava direttamente ad uno steccato con un cartello che diceva “VIETATO L’ACCESSO” e sotto “I trasgressori saranno puniti.”

Michael, l’uomo coi guanti estrasse, non si vide come, un bellissimo coltello e tagliò il nastro adesivo che bloccava le ginocchia e le caviglie di Lucy. Era tagliente come un bisturi.

La mise in piedi prendendola per i capelli. Lei pianse più forte. L’uomo vide che la donna faticava a respirare con il nastro adesivo sulla bocca, piangeva, le gocciolava il naso e lui la schiacciava con tutto il peso del corpo contro il furgone. La donna aveva ancora i polsi legati col nastro e non poteva far nulla.

Adesso voleva che lei si calmasse. Le mostrò il coltello e lei si calmò subito. “Adesso ti levo il nastro dalla bocca. Se gridi non ti sentirà nessuno. Lo sai, non ti servirà gridare. Sai dove siamo.” disse.

Gli piacque parecchio il modo in cui lei si guardò attorno, nel panico, quando si rese conto di dove si trovavano.

Tirò via il nastro che le bloccava la bocca. La donna respirò a fondo, ma non gridò.

“Michael, perché lo fai? Pensavo fossimo amici.” Provava a ragionare con lui che la trascinava per un braccio lungo il sentiero, oltre il massiccio steccato, verso i massi che c’erano là dietro e nei boschi.

“Siamo ben più che amici, Lucy,” disse lui. “Sei tu che hai cominciato. La prima volta hai flirtato con me, là, nel caffè. Sei stata tu che mi hai mostrato questo posto, domenica pomeriggio, quando abbiamo fatto quella bella gita. Sei tu che mi hai mostrato il coltello.”

Mostrò il grande pugnale: scintillava alla luce della luna mentre lo fissava. La lama era a doppio taglio e il manico era ornato con simboli che non aveva mai visto.

“È solo un vecchio coltello che è appartenuto alla mia famiglia da molti anni,” disse Lucy. “Puoi tenertelo. Non chiamerò la polizia. Probabilmente non ci siamo capiti, o è uno scherzo che è andato troppo oltre. Ti prego.” Cadde in ginocchio nell’erba bagnata. Lui la prese per i capelli e le fece molto male. “Ti prego, ti prego…” mille volte.

I pini si diradarono e l’oscurità della foresta lasciò spazio a una luminosa radura rischiarata dalla luna. Qui l’erba era davvero altissima, fin quasi al petto.

Dieci metri oltre l’inizio della radura lui vide ciò che stava cercando: il grande cerchio di pietre.

“Non riuscivo a non pensare a queste pietre, dopo che mi hai portato qui.” La trascinò impaziente verso il centro del cerchio. “Da quando ti sei seduta con me su quella pietra. Là in mezzo. Puttana, stupida e ignorante! Dicevi di voler tornare per un picnic, o per più di uno. Hai anche detto che ci potevamo facilmente nascondere in mezzo all’erba.” La prese per la gola e si bloccò. “Hai anche detto che non ci avrebbe sentito nessuno.”

La spinse al centro del cerchio, vicino alla massiccia tavola in pietra. “Non sapevi che questi segni sulla pietra sono stati lasciati, probabilmente, a seguito di sacrifici. Stupida puttana! Non sapevi che era una vita che io cercavo un posto esattamente come questo.”

Adesso lei non piangeva più. Lui non si rese conto che non si sentivano più i grilli e nemmeno le rane. C’era solo il vento che soffiava nell’erba alta.

Stavano quasi per arrivare alla lastra e lei cadde ancora, con la faccia, improvvisamente, al punto che lui perse la presa sul suo braccio. Lui la prese a calci su un fianco e lei si mise in posizione fetale. Questa volta ci volle un bel po’ per rimetterla in piedi.

Quando si rialzò, anche lui, non vide subito che intorno si erano palesati un centinaio di uomini con mantelli neri, che li circondavano completamente. Quando se ne accorse non ebbe tempo di reagire e fu colpito da piccole frecce sulle gambe e sui glutei.

Perse all’istante ogni controllo sul suo corpo e cadde a terra. Sollevò gli occhi verso Lucy, visibile contro la luna. Una figura ammantata si fece avanti al suo fianco e tagliò l’ultimo pezzo di nastro che le bloccava i polsi. Il rumore per lui fu come un tuono terribile. Fu subito circondato da figure incappucciate che lo stringevano da fin troppo vicino.

Un mare di mani lo sollevò in alto. Fu sollevato fino a quando non poté vedere altro che la luna e le stelle.

Quelle mani lo adagiarono gentilmente sulla lastra. Lui restò sulla pietra a braccia e gambe spalancate, quando dei sussurri cominciarono a parlargli. Sussurri simili al vento tra l’erba, che però formavano parole.

“È costui qui venuto, questa notte, di sua propria volontà?” bisbigliarono cento voci tutte assieme.

Rispose una sola voce, “Sì. Di sua propria volontà.” Era Lucy.

“È costui venuto qui cercando di trovare la morte?”

“Sì, cercando la morte.”

“È stato lui a portare la lama?”

“La lama ha molta sete. La lama lo ha portato.”

“In questa notte tra le più rare, il sole sorgerà e troverà il mondo in grande equilibrio.”

“Diglielo, così che possa saperlo.”

A quel punto Lucy si fece avanti. “Ecco, Michael, devo rivelarti che non ero per niente una stupida. Ti ho cercato apposta, idiota troppo sicuro. Avresti dovuto capirlo. Non sei un granché come fascino, sai. E io sono una poliziotta.” Si chinò su di lui fissandolo direttamente negli occhi. “Ho una copia della tua cartella. Ho visto le foto dei tuoi crimini. Degli orrori che hai commesso. Il modo in cui sei scivolato via ogni volta che ti stavano per prendere. Dodici omicidi in dodici stati. Altri undici casi sospetti. Qualche dettaglio diverso, ma sempre si trattava di un pugnale e di una lenta morte.” Sollevò il pugnale davanti agli occhi. Pulsava di una luce interna. “Mi è bastato fartelo tenere in mano per pochi istanti e sapevo che ne avresti sentito tutta la sete. Sapevo che ti avrebbe parlato. Lui ti voleva.” La donna si chinò presso il viso di lui. L’uomo aveva gli occhi spalancati e la guardava. “È una vestigia di potere, qualcosa che si beve il male del mondo. Non violenterai, né ucciderai più nessuno.”

“Farà egli scendere la verità nel suo orecchio?” sussurrarono le voci.

“La verità è un enorme fardello quando non dà sollievo,” rispose Lucy rispondendo al rituale.

Una figura incappucciata si fece avanti tenendo sollevata una grande bacinella di pietra intagliata. La luce l’attraversava disegnando simboli arcani sulla sua faccia.

Michael sentì per un momento una puntura sul lato sinistro del collo.

La bacinella venne posata in un angolo della grande lastra. Il suo sangue cominciò a scorrere in spuzzi a ogni pulsazione della vena giugulare e poi giù lungo una canalina scavata nella roccia. E il sangue finiva poi nella bacinella.

Michael osservava le figure che si affollavano attorno a lui per vederlo morire. Luci mise le dita nella bacinella. Mise a tutti una goccia di quel sangue sul polso sinistro. Lui sentiva braccia e gambe diventare fredde, il corpo ben presto smise di mandare sangue alle estremità in un ultimo, inutile sforzo per mantenere vivo il cervello. Sparì anche l’ultima figura e l’ultima cosa che poté sentire fu il vento in mezzo all’erba. L’ultima cosa che vide furono gli occhi di Lucy che brillavano nella sua silhouette nera.

“Michael non hai mai avuto una possibilità. Questa Reliquia è appartenuta alla mia famiglia da cento generazioni. Quando ha sete, ottiene sempre ciò che chiede.” Prese il contenitore, ormai completamente pieno di sangue con una mano e la lama con l’altra. Immerse la lama nel sangue e lui vide che il contenitore si asciugava, come se il pugnale lo stesse assorbendo con una cannuccia. “Ma devi sapere ancora una cosa. L’inferno non è fuoco e delirio. È solo freddo e oscurità. Nessuna luce, nessun rumore, nessuna sensazione se non un freddo non sopportabile. Per l’eternità. Rimarrai solo e cosciente. Senza neppure la compagnia di una bara per proteggere il tuo corpo.”

La donna non poté più sentire l’urlo mentale dell’uomo quando si allontanò, ma ci fu. La conca di pietra si svuotò tutta e la luce si spense negli occhi di lui.

Lucy sentì approssimarsi il motore del trattore sempre più forte. Nel cerchio era rimasta un’unica figura che si avvicinò e abbassò il cappuccio.

“Ciao, mamma,” disse Lucy. “Come sono andata?”

“Molto bene. L’Ordine sarà molto compiaciuto.” Il sangue aveva smesso di colare. “Che cosa significa quella storia dell’inferno che hai detto alla fine? Mi è sembrato un po’ troppo melodrammatico.”

Lucy sorrise.

“Volevo solo che morisse terrorizzato. Quel tipo era un vero pezzo di merda.”

 

Martin Wilsey scrittore, fotografo, cacciatore, attaccabrighe, padre, amico, narratore, tiratore scelto, allocco, terrorizzatore di bambini, carnivoro, filosofo, tecnico, cuoco e matto. Vive con la moglie Brenda in Virginia, dove, tanto per star fuori dai piedi, lavora come ricercatore per una gruppo governativo.

Copyright © Martin Wilsey 2018

Originally published in the anthology titled: Reliquary

Published March 11, 2018.

Martin Wilsey
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vive negli Stati Uniti, in Virginia, ed è uno scrittore. È sua la saga, "Solstice 31". Il primo romanzo "Still Falling" è uscito a marzo 2015. In meno di tre anni ha pubblicato più di mezzo milione di parole per poi ritirarsi in pensione otto anni prima del previsto. Oggi scrive fantascienza a tempo pieno.

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