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TRE FILM SATANICI A CONFRONTO: ROSEMARY’S BABY, L’ESORCISTA, IL PRESAGIO

TRE FILM SATANICI A CONFRONTO: ROSEMARY’S BABY, L’ESORCISTA, IL PRESAGIO

film satanici Chi scrive è un appassionato di cinema horror ma non un grande cultore dei film sul diavolo, sulle sette sataniche e, soprattutto, sulle possessioni demoniache. Sono soprattutto tre i film che, se proprio non hanno dato origine al sottogenere, l’hanno perlomeno reso popolare: Rosemary’s Baby (1968), L’esorcista (1973) e Il presagio (1976). Ritengo che con queste pellicole, tutto quello che c’era da dire sull’argomento sia stato detto. Gli altri, perlopiù, si sono limitati a riproporne gli stilemi. La cosa curiosa di questi film satanici è che il Diavolo vero e proprio non si vede mai, se non in qualche fugace fotogramma. Di seguito una veloce disamina delle tre seminali pellicole e della mitologia cristiana che ne sta alla base.

ROSEMARY’S BABY

Rosemary’s BabyRosemary’s Baby di Roman Polański è un horror psicologico particolarmente efficace che ha il merito di aver (ri)portato in auge il tema demoniaco nell’ambito di un cinema horror più votato al realismo. Insieme a La notte dei morti viventi di George A. Romero, uscito lo stesso anno, ha infatti dato il via a quella rivoluzione, formale e di contenuti, all’interno del genere che ha portato alla nascita del New Horror. Il film di Polański è il primo del lotto che andremo a esaminare sia dal punto di vista temporale e sia, opinione del tutto personale, dal punto di vista qualitativo.

Partiamo da una considerazione: come mai un ateo dichiarato come Polański decide di mettere in scena una vicenda incentrata sul concepimento dell’anticristo? In realtà, il film non scioglie mai completamente il dubbio se Rosemary sia solo la vittima di una congrega di vecchi satanisti piuttosto che la prescelta a partorire l’anticristo. Tutti gli avvenimenti sovrannaturali a cui la donna assiste sono in soggettiva. La narrazione non è neutra e oggettiva. Posta come testimone inattendibile, il pubblico vede scorrere la vicenda attraverso gli occhi di Rosemary: cosa succede, quindi, potrebbe non corrispondere alla realtà. Nulla vieta di pensare che il tutto sia un lungo incubo della donna. Su questo punto il film rimane ambiguo.

Rosemary’s BabyAltra riflessione: il film esce nel 1968, anno di fermenti sociali, cambiamenti, nuove consapevolezze e rivendicazioni femministe. In questo contesto, Rosemary è una giovane donna moderna che porta i capelli corti e veste alla moda (del tempo). È lontana dalla concezione che la società americana degli anni Sessanta abbinava alla donna, remissiva e sottomessa. A contrastare questa modernità, gli anziani vicini di casa, i Castevet: sono vecchi; vestono fuori moda; alla fine delle loro cene, gli uomini restano a discutere mentre le donne vanno in cucina a lavare i piatti. Nella descrizione della setta, più che rappresentare il satanismo come un movimento di ribellione al cristianesimo, Polański sembra che voglia mostrarcelo come una sua versione alternativa e parodica, quasi derisoria.

Tornando alla cena a casa Castelvet, per esempio, questa sembra una celebrazione eucaristica con tanto di agnello tra le portate. Oppure, come spesso è rappresentato il cristianesimo, anche il culto satanico del film è misogino. Il marito di Rosemary ha un ruolo dominante (così come lo ha Roman Castevet), alla fine è lui che prende tutte le decisioni, anche (soprattutto) all’insaputa della moglie. Inoltre, l’uomo è rappresentato come un novello San Giuseppe, padre putativo del nascituro, solo più consapevole, consenziente e connivente. Nel rapporto che porta all’ingravidamento di Rosemary, questa appare come il “soggetto passivo per il desiderio dell’uomo e senza diritto di decidere della propria fertilità”. La gestazione è piena di complicazione, rispondendo all’idea cristiana di maternità dolorosa (“…con dolore partorirai figli“). Durante la gravidanza, Rosemary patisce sofferenze che la avvicinano alle sante medievali in preda a estasi mistica. Nel momento del parto, infine, la donna riceve la visita degli adoratori: dei magi evangelici con tanto di doni.

film sataniciDopo tutto il calvario e il parto, Rosemary accetta la propria condizione e progressivamente regredisce a uno stato infantile e asessuato, come una perfetta adepta di un credo organizzato. Non ha più la forza di lottare e si converte, si conforma a come la società la vuole, più per sfinimento fisico e psicologico che per convinzione. Insomma, il tutto sembra un’allegoria del tentativo, fallito, di una donna di affrancarsi da una società bigotta e irrazionale. La rappresentazione del vecchio regime, sotto forma di metafora satanica, che cerca di frustrare le istanze progressiste che in quel periodo venivano fuori un po’ dappertutto, anche nel mondo del cinema (siamo in piena New Hollywood e questo film contribuirà, come accennato sopra, alla nascita del New Horror).  Si era in un periodo di crisi delle chiese organizzate e la società cercava altri valori. Emblematica, per descrivere il periodo, la scena in cui Rosemary legge un (vero) numero della rivista Time (del primo aprile 1966) con in copertina la scritta “Dio è morto?”

Rosemary’s Baby è tratto dall’omonimo romanzo di Ira Levin uscito l’anno precedente. Sulla carta, la questione anti-confessionale appare più marcata e anche qui il male si manifesta in modo subdolo e ambiguo. Il lettore, per buona parte della narrazione, resta sospeso tra il credere nel complotto che minaccia la protagonista o il considerarlo semplice frutto di un esaurimento nervoso. Il legame delle morti, che sono solo due, con la vicenda, inoltre, è perlopiù lasciato all’immaginazione del lettore.

Rosemary’s BabyNel 2014 è uscito un remake televisivo in due puntate diretto da Agnieszka Holland dove invece la questione confessionale è completamente assente. Fondamentalmente racconta la stessa storia del romanzo e del film di Polański, attualizzandola e trasportandola dalla New York degli anni Sessanta alla Parigi dei giorni nostri. Ma è proprio aver aggiornato la vicenda agli anni Duemila che la rende meno convincente. La Rosemary di Levin (e quella interpretata da Mia Farrow) era una donna, come visto, dipendente dal marito e soggiogata dagli eventi. Quella interpretata da Zoe Saldana in questa miniserie è invece più forte, indipendente e smaliziata, ma a questo punto non si capisce come mai non diventi più sospettosa quando cose terribili iniziano ad accaderle attorno. Mentre i Castevet letterari erano inquietanti, ma fino alla fine mai dichiaratamente malvagi, quelli interpretati da Jason Isaacs e Carole Bouquet sono più giovani e attraenti, al punto da aggiungere un estemporaneo sottotesto sessuale, ma il loro lato oscuro è subito ben evidente. Si moltiplicano anche le morti, che avvengono in modi abbastanza elaborati e sono mostrate senza sottigliezze. Un lato slasher che fa assomigliare pericolosamente il prodotto a un remake de Il presagio, di cui parleremo in seguito, o a uno dei film della serie Final Destination (film con cui condivide uno degli sceneggiatori, James Wong).

Esiste anche un sequel del film di Polański, il televisivo Guardate cosa è successo al figlio di Rosemary (Look What’s Happened to Rosemary’s Baby, 1976), diretto da Sam O’Steen e passato praticamente inosservato.

L’ESORCISTA

L’esorcista L’opera centrale del trittico, L’esorcista (The Exorcist), uscito nel 1973 e diretto da William Friedkin, è sensibilmente differente dal film di Polański. Si tratta di un film più viscerale, con delle scene fatte apposta per sconvolgere. Non ci sono ambiguità, tutto è abbastanza esplicito e chiaro. Il demone che possiede la piccola protagonista non è un simbolo o una metafora, ma proprio un essere infernale. Polański, ateo, usava la vicenda della setta satanica come allegoria di altro; William Peter Blatty, autore dell’omonimo romanzo del 1971 e della sceneggiatura del film, è invece un fervente cattolico e realizza con Friedkin un bigino su quello che la chiesa cattolica intende per possessione demoniaca.

Film sataniciPer le riprese, la produzione si avvalse della consulenza di due preti gesuiti e del beneplacito della chiesa cattolica. A questo proposito, chi scrive ricorda l’insegnante di religione alle scuole medie che ne consigliava la visione. I medici e gli psicologi che cercano di curare Regan MacNeil, la bambina posseduta, passano come personaggi negativi. Gli esami strumentali che subisce appaiono come esperienze estremamente inquietanti in un modo tale che va al di là della funzionalità narrativa. La soluzione psicoanalitica non è assolutamente contemplata, solo un esorcismo secondo il rituale cattolico può risolvere la situazione.

L’esorcista ebbe un successo incredibile per un film di genere, sia perché effettivamente notevole nella sua realizzazione e sia per l’argomento dal forte impatto emotivo della possessione demoniaca, particolarmente sentito in un paese cattolico come, per esempio, è l’Italia.

Il critico Phil Hardy scrisse a proposito:

Ciò che sorprende è che il film, che spera così chiaramente d’essere preso come qualcosa di più dell’ennesimo horror tutto sangue e fulmini, sia stato davvero preso sul serio da reverendi e personalità dei media che disquisiscono solennemente sul “fenomeno sociale e religioso” che la pellicola rappresenterebbe. In realtà il lato serio del film […] è profondo più o meno quanto la convinzione religiosa dei polpettoni biblici di DeMille.

Visto il successo al botteghino, l’inevitabile sequel arriva nel 1977 a opera del regista John Boorman. Film sataniciL’esorcista II – L’eretico (Exorcist II: The Heretic) è un film concettualmente molto diverso dal capostipite, tanto da essere stato ributtato da Friedkin e da Blatty (e anche dal pubblico). Quanto il primo è rigoroso, terrificante e claustrofobico, tanto questo è visionario, onirico, metafisico e ben poco orrorifico. Un impasto non perfettamente riuscito che sulla carta poteva portare a un altro capolavoro ma che così non fu. Il conflitto tra fede e ragione, bene e male, presente anche nel film di Friedkin, è qui meno manicheo. La scienza e la psicoanalisi non sono mostrati in modo negativo, così come la Chiesa, sana e amorevole per Friedkin, mostra nel sequel il suo lato più oscuro. Insomma, l’eretico del titolo, oltre a indicare il protagonista, interpretato da Richard Burton, potrebbe tranquillamente riferirsi anche al film stesso e al regista.

Sul film, il regista Martin Scorsese, cattolico anche lui, affermò:

Il primo Esorcista mi piace, per via del senso di colpa cattolico, e perché mi ha fatto una paura dannata; ma L’esorcista II lo supera. Forse Boorman non è riuscito a svolgere appieno il materiale, ma il film merita più di quanto ha raccolto

Un altro sequel arrivò nel 1990 con L’esorcista III (The Exorcist III), diretto dallo stesso William Peter Blatty e tratto da un altro suo romanzo, Gemini Killer (Legion, 1983), dove il focus della vicenda abbandona le possessioni di Regan e si concentra su altri personaggi del film di Friedkin e del romanzo originale.

Del 2004 è il prequel L’esorcista – La genesi (Exorcist: The Beginning) di Renny Harlin, regista più a suo agio con gli action movie che con le atmosfere sulfuree che la saga richiedeva. Dominion: Prequel to the Exorcist (2005), inedito in Italia, è invece quello che doveva essere il prequel ufficiale della serie diretto da Paul Schrader. Questa versione fu rifiutata dalla produzione che, giudicandola come possibile insuccesso commerciale, ripiegò su Harlin (senza la fortuna sperata, peraltro).

Ben più interessante è la serie tv The Exorcist (2016-2017), che riporta la saga alle origini ponendosi come un possibile sequel alle vicende del primo film, col ritorno di un’adulta Regan e del demone Pazuzu. Il respiro della vicenda si allarga a una cospirazione demoniaca globale che interessa anche la Chiesa cattolica e il Papa, rendendo il tutto molto intrigante e attuale ma decisamente dalle atmosfere meno affascinanti del film originale.

IL PRESAGIO

Il presagioNel film che chiude il trittico, Il presagio (The Omen, 1976) di Richard Donner, ritorna l’idea della prole di Satana, non fermandosi al suo concepimento o alla nascita, ma seguendo la crescita e la presa di coscienza del piccolo diavolo del ruolo che gli è stato destinato.

Dal punto di vista confessionale, il film non possiede né l’impianto metaforico Rosemary’s Baby né il rigore ortodosso de L’esorcista. Prendendo solo apparentemente spunto dall’Apocalisse di Giovanni, inventa di sana pianta una mitologia legata alla figura dell’Anticristo, che nel libro biblico appare solo saltuariamente e non riferito al figlio di Satana, ma a chiunque neghi che Gesù sia il Messia (un sinonimo di eretico, in pratica). A parte il riferimento a Megiddo come luogo della battaglia finale tra Cristo e le forze del male (l’Armageddon), il film inserisce particolari, come la nascita del figlio del Demonio da uno sciacallo, completamente assenti nella narrazione biblica o riportati a un livello grossolanamente spettacolare, come l’Anticristo nato alle 6 del mattino del 6 giugno (666), ad esempio.

Se il film di Polański aveva una visione atea della vicenda e quello di Friedkin cattolica, questo di Donner sembra assumere un punto di vista protestante e con una marcata diffidenza verso il Vaticano. È, ad esempio, un prete cattolico a suggerire al padre, interpretato da Gregory Peck, lo scambio di bambini che porterà il diabolico bambino in una delle più influenti famiglie americane.

Nonostante tutto, la resa del film è comunque convincente e il suo successo diede origine a un fortunato filone cinematografico con i figli satanici che scalano le vette del potere politico ed economico. Tra questi ricordiamo il nostro Holocaust 2000 di Alberto De Martino (1977).

Nonostante la mancanza di lieto fine, questo è sicuramente il più volutamente commerciale del trittico preso in esame, sintomo di come negli anni Settanta anche film con un grosso budget e progettati, quindi, per avere successo, potessero comunque presentare storie tutt’altro che scontate e consolatorie.

A differenza degli altri due, Il presagio non è tratto da un romanzo. Il libro omonimo, scritto dallo sceneggiatore David Seltzer e uscito un paio di settimane prima del film, è infatti una novellizzazione basata sulla sul suo script per la pellicola.

L’ascesa del protagonista (Damien) proseguirà in altri due film di qualità decrescente: La maledizione di Damien (Damien: Omen II, 1978) di Don Taylor e Conflitto finale (Omen III: The Final Conflict, 1981) di Graham Baker.

Il televisivo Il presagio IV (Omen IV: The Awekwening, 1991), di Jorge Montesi, è una sorta di sequel/remake che riporta la saga alle origini, virandola al femminile.

Del 2006 è invece l’immancabile e inutile remake moderno Omen – Il presagio (The Omen) di John Moore.

Inevitabile anche il trapasso delle vicende di Damien in una serie televisiva, altro vezzo sempre più diffuso negli ultimi anni. Damien (2016), prodotto di scarso successo chiuso dopo soli dieci episodi, porta sul piccolo schermo le vicende di un’ormai trentenne Damien Thorne, immemore della sua origine satanica.

 

FONTI

– Aa.Vv. IL DIAVOLO PROBABILMENTE. GUIDA AL CINEMA DEMONIACO. Nocturno dossier N. 29, 2004
– Roberto Curti. DEMONI E DEI. DIO, IL DIAVOLO E LA RELIGIONE NEL CINEMA HORROR AMERICANO. Lindau 2009
– Walter Catalano, Roberto Chiavini, Gian Filippo Pizzo, Michele Tetro. GUIDA AL CINEMA HORROR. IL NEW HORROR DAGLI ANNI SETTANTA A OGGI. Odoya, 2015

Roberto Azzara
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(Caltagirone, 1970). Grande appassionato di cinema fantastico, all'età di sette anni vide in un semivuoto cinema di paese il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: odissea nello spazio”. Seme che è da poco germogliato con la pubblicazione del saggio “La fantascienza cinematografia-La seconda età dell’oro”, suo esordio editoriale. Vive e lavora a Pavia dove, tra le altre cose, gestisce il gruppo Facebook “La biblioteca del cinefilo”, dedicato alle pubblicazioni, cartacee e digitali, che parlano di cinema.

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