

Partiamo da una considerazione: come mai un ateo dichiarato come Polański decide di mettere in scena una vicenda incentrata sul concepimento dell’anticristo? In realtà, il film non scioglie mai completamente il dubbio se Rosemary sia solo la vittima di una congrega di vecchi satanisti piuttosto che la prescelta a partorire l’anticristo. Tutti gli avvenimenti sovrannaturali a cui la donna assiste sono in soggettiva. La narrazione non è neutra e oggettiva. Posta come testimone inattendibile, il pubblico vede scorrere la vicenda attraverso gli occhi di Rosemary: cosa succede, quindi, potrebbe non corrispondere alla realtà. Nulla vieta di pensare che il tutto sia un lungo incubo della donna. Su questo punto il film rimane ambiguo.
Tornando alla cena a casa Castelvet, per esempio, questa sembra una celebrazione eucaristica con tanto di agnello tra le portate. Oppure, come spesso è rappresentato il cristianesimo, anche il culto satanico del film è misogino. Il marito di Rosemary ha un ruolo dominante (così come lo ha Roman Castevet), alla fine è lui che prende tutte le decisioni, anche (soprattutto) all’insaputa della moglie. Inoltre, l’uomo è rappresentato come un novello San Giuseppe, padre putativo del nascituro, solo più consapevole, consenziente e connivente. Nel rapporto che porta all’ingravidamento di Rosemary, questa appare come il “soggetto passivo per il desiderio dell’uomo e senza diritto di decidere della propria fertilità”. La gestazione è piena di complicazione, rispondendo all’idea cristiana di maternità dolorosa (“…con dolore partorirai figli“). Durante la gravidanza, Rosemary patisce sofferenze che la avvicinano alle sante medievali in preda a estasi mistica. Nel momento del parto, infine, la donna riceve la visita degli adoratori: dei magi evangelici con tanto di doni.
Rosemary’s Baby è tratto dall’omonimo romanzo di Ira Levin uscito l’anno precedente. Sulla carta, la questione anti-confessionale appare più marcata e anche qui il male si manifesta in modo subdolo e ambiguo. Il lettore, per buona parte della narrazione, resta sospeso tra il credere nel complotto che minaccia la protagonista o il considerarlo semplice frutto di un esaurimento nervoso. Il legame delle morti, che sono solo due, con la vicenda, inoltre, è perlopiù lasciato all’immaginazione del lettore.
Esiste anche un sequel del film di Polański, il televisivo Guardate cosa è successo al figlio di Rosemary (Look What’s Happened to Rosemary’s Baby, 1976), diretto da Sam O’Steen e passato praticamente inosservato.
L’esorcista ebbe un successo incredibile per un film di genere, sia perché effettivamente notevole nella sua realizzazione e sia per l’argomento dal forte impatto emotivo della possessione demoniaca, particolarmente sentito in un paese cattolico come, per esempio, è l’Italia.
Il critico Phil Hardy scrisse a proposito:
“Ciò che sorprende è che il film, che spera così chiaramente d’essere preso come qualcosa di più dell’ennesimo horror tutto sangue e fulmini, sia stato davvero preso sul serio da reverendi e personalità dei media che disquisiscono solennemente sul “fenomeno sociale e religioso” che la pellicola rappresenterebbe. In realtà il lato serio del film […] è profondo più o meno quanto la convinzione religiosa dei polpettoni biblici di DeMille.”
Visto il successo al botteghino, l’inevitabile sequel arriva nel 1977 a opera del regista John Boorman.
Sul film, il regista Martin Scorsese, cattolico anche lui, affermò:
“Il primo Esorcista mi piace, per via del senso di colpa cattolico, e perché mi ha fatto una paura dannata; ma L’esorcista II lo supera. Forse Boorman non è riuscito a svolgere appieno il materiale, ma il film merita più di quanto ha raccolto”
Un altro sequel arrivò nel 1990 con L’esorcista III (The Exorcist III), diretto dallo stesso William Peter Blatty e tratto da un altro suo romanzo, Gemini Killer (Legion, 1983), dove il focus della vicenda abbandona le possessioni di Regan e si concentra su altri personaggi del film di Friedkin e del romanzo originale.
Del 2004 è il prequel L’esorcista – La genesi (Exorcist: The Beginning) di Renny Harlin, regista più a suo agio con gli action movie che con le atmosfere sulfuree che la saga richiedeva. Dominion: Prequel to the Exorcist (2005), inedito in Italia, è invece quello che doveva essere il prequel ufficiale della serie diretto da Paul Schrader. Questa versione fu rifiutata dalla produzione che, giudicandola come possibile insuccesso commerciale, ripiegò su Harlin (senza la fortuna sperata, peraltro).
Ben più interessante è la serie tv The Exorcist (2016-2017), che riporta la saga alle origini ponendosi come un possibile sequel alle vicende del primo film, col ritorno di un’adulta Regan e del demone Pazuzu. Il respiro della vicenda si allarga a una cospirazione demoniaca globale che interessa anche la Chiesa cattolica e il Papa, rendendo il tutto molto intrigante e attuale ma decisamente dalle atmosfere meno affascinanti del film originale.
Dal punto di vista confessionale, il film non possiede né l’impianto metaforico Rosemary’s Baby né il rigore ortodosso de L’esorcista. Prendendo solo apparentemente spunto dall’Apocalisse di Giovanni, inventa di sana pianta una mitologia legata alla figura dell’Anticristo, che nel libro biblico appare solo saltuariamente e non riferito al figlio di Satana, ma a chiunque neghi che Gesù sia il Messia (un sinonimo di eretico, in pratica). A parte il riferimento a Megiddo come luogo della battaglia finale tra Cristo e le forze del male (l’Armageddon), il film inserisce particolari, come la nascita del figlio del Demonio da uno sciacallo, completamente assenti nella narrazione biblica o riportati a un livello grossolanamente spettacolare, come l’Anticristo nato alle 6 del mattino del 6 giugno (666), ad esempio.
Se il film di Polański aveva una visione atea della vicenda e quello di Friedkin cattolica, questo di Donner sembra assumere un punto di vista protestante e con una marcata diffidenza verso il Vaticano. È, ad esempio, un prete cattolico a suggerire al padre, interpretato da Gregory Peck, lo scambio di bambini che porterà il diabolico bambino in una delle più influenti famiglie americane.
Nonostante tutto, la resa del film è comunque convincente e il suo successo diede origine a un fortunato filone cinematografico con i figli satanici che scalano le vette del potere politico ed economico. Tra questi ricordiamo il nostro Holocaust 2000 di Alberto De Martino (1977).
Nonostante la mancanza di lieto fine, questo è sicuramente il più volutamente commerciale del trittico preso in esame, sintomo di come negli anni Settanta anche film con un grosso budget e progettati, quindi, per avere successo, potessero comunque presentare storie tutt’altro che scontate e consolatorie.
A differenza degli altri due, Il presagio non è tratto da un romanzo. Il libro omonimo, scritto dallo sceneggiatore David Seltzer e uscito un paio di settimane prima del film, è infatti una novellizzazione basata sulla sul suo script per la pellicola.
L’ascesa del protagonista (Damien) proseguirà in altri due film di qualità decrescente: La maledizione di Damien (Damien: Omen II, 1978) di Don Taylor e Conflitto finale (Omen III: The Final Conflict, 1981) di Graham Baker.
Il televisivo Il presagio IV (Omen IV: The Awekwening, 1991), di Jorge Montesi, è una sorta di sequel/remake che riporta la saga alle origini, virandola al femminile.
Del 2006 è invece l’immancabile e inutile remake moderno Omen – Il presagio (The Omen) di John Moore.
Inevitabile anche il trapasso delle vicende di Damien in una serie televisiva, altro vezzo sempre più diffuso negli ultimi anni. Damien (2016), prodotto di scarso successo chiuso dopo soli dieci episodi, porta sul piccolo schermo le vicende di un’ormai trentenne Damien Thorne, immemore della sua origine satanica.
– Aa.Vv. IL DIAVOLO PROBABILMENTE. GUIDA AL CINEMA DEMONIACO. Nocturno dossier N. 29, 2004
– Roberto Curti. DEMONI E DEI. DIO, IL DIAVOLO E LA RELIGIONE NEL CINEMA HORROR AMERICANO. Lindau 2009
– Walter Catalano, Roberto Chiavini, Gian Filippo Pizzo, Michele Tetro. GUIDA AL CINEMA HORROR. IL NEW HORROR DAGLI ANNI SETTANTA A OGGI. Odoya, 2015
(Caltagirone, 1970). Grande appassionato di cinema fantastico, all'età di sette anni vide in un semivuoto cinema di paese il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: odissea nello spazio”. Seme che è da poco germogliato con la pubblicazione del saggio “La fantascienza cinematografia-La seconda età dell’oro”, suo esordio editoriale. Vive e lavora a Pavia dove, tra le altre cose, gestisce il gruppo Facebook “La biblioteca del cinefilo”, dedicato alle pubblicazioni, cartacee e digitali, che parlano di cinema.