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16 – Marte visto da molto vicino

16 – Marte visto da molto vicino

Con l’avvento dell’era spaziale l’astronomia e in particolare la conoscenza del nostro Sistema Solare compì passi da gigante soprattutto grazie a sonde spaziali lanciate in orbite d’intercettazione per rilevare dati e fotografare pianeti e satelliti.

La prima ricognizione fotografica su Marte fu condotta da una piccola sonda americana del peso di 26 chili, il Mariner 4.

Lanciata da Cape Canaveral, la famosa base di lancio a Tampa, in Florida il 28 novembre 1964, incrociò Marte il 14 Luglio dell’anno successivo “sfiorandolo” a 9800 chilometri dalla sua superficie.

Nel 1969 fu la volta di Mariner 6 e Mariner 7 lanciate rispettivamente il 25 febbraio e il 27 marzo.

La prima delle due passò a solo 3.300 chilometri dalla superficie del pianeta il 31 luglio e, il 5 di agosto, fu la volta di Mariner 7 che lo sorvolò a 3.518 chilometri di distanza. Prima di perdersi per sempre nello spazio le due sonde effettuarono misure molto precise della composizione chimica dell’atmosfera e della temperatura notturna e diurna sulla superficie del pianeta.

Marte visto da vicino: Mariner 9Il 13 novembre del 1971 il Mariner 9 entrò in orbita attorno a Marte.

Dopo aver inviato sulla Terra 7329 immagini e trasmesso dati per 349 giorni la sonda precipitò sulla superficie il 27 ottobre del 1972.

Non tutti i lanci, purtroppo, ebbero esito positivo: il Mariner 3 si perse nello spazio e stessa sorte toccò al Mariner 8 lanciato l’8 maggio del 1971.

Anche l’Unione Sovietica, dapprima interessata a Marte e poi a Venere tentò dei lanci con pessimi risultati, ma tra le imprese riuscite ricordiamo almeno Mars 2 e Mars 3 nel 1971, Mars 5 e Mars 6 nel 1973.

Con Mars 2, Mars 3 e Mars 5 i Russi riuscirono anche a far sganciare delle piccole sonde e a farle atterrare sul pianeta e solo di recente il Mars Reconnaissance Orbiter ha risolto il mistero su quanto è avvenuto nel luogo dell’atterraggio situato alla latitudine di 45 gradi Sud, e alla longitudine di 202 gradi Est nel cratere Ptolemaeus.

Il 31 dicembre 2014 la sonda, che segue dall’alto i movimenti dei due rover della Nasa su Marte, ha fotografato dei resti meccanici che successive analisi hanno portato a identificare come parti della sonda sovietica Mars 3 mentre Mars 2 non è riuscita a compiere un atterraggio morbido ed è stata investita da una tempesta di detriti. La stessa, forse, che permise al Mars 3 di funzionare solamente per 14,5 secondi, dopodiché si fermò all’improvviso, per ragioni che non sono mai state del tutto chiarite.

Questo fatto, è giusto dirlo, fa dell’Unione Sovietica la prima nazione al mondo che è stata in grado di mandare un oggetto su Marte, così come fu la prima a lanciare un satellite artificiale attorno alla Terra e a mandare il primo uomo in orbita.

Le protagoniste principali della esplorazione marziana furono però le sonde Viking.

I primi due lanci vennero effettuati il 20 agosto e il 9 settembre del 1975 con due sonde dal notevole peso di 3.519 chilogrammi l’una e divise in due parti. L’Orbiter pesava 2.325 chilogrammi ed era destinato a restare in orbita attorno al pianeta. Da questo si sarebbe sganciato un modulo di 1.194 chilogrammi denominato “Lander” con il compito di atterrare dolcemente su Marte per compiere esperimenti ed inviare immagini.

I Viking 1 e 2 sganciarono i loro Lander rispettivamente il 20 luglio e il 3 settembre del 1976, i quali atterrarono felicemente sul pianeta rosso scattando fotografie e analizzando tracce di terreno nei loro laboratori situati all’interno dei veicoli stessi.

Usavano una sorta di braccio retrattile capace di prelevare campioni di terreno, ma non ottennero mai risultati definitivi e probanti, anzi, questi esperimenti diedero luogo a dispute non ancora sopite per quel che riguarda i risultati effettivi.

Il lander di Viking 1 conteneva diverse apparecchiature scientifiche, tra le quali un sismometro, che però, a differenza di quello montato sulla sonda gemella Viking 2, non funzionò mai. Quello installato sulla seconda sonda, peraltro,  rivelò solo un singolo evento di probabile origine sismica durante tutta la durata della missione.

I tre esperimenti di biologia rivelarono reazioni chimiche strane e inattese sulla superficie marziana, ma non dimostrarono chiaramente l’esistenza di microorganismi nel terreno circostante al lander.

Secondo gli scienziati, al momento attuale non può esistere vita sulla superficie di Marte, a causa della combinazione di irradiazione ultravioletta, assenza di acqua e natura ossidante del suolo, anche se resta aperta la questione sulla possibilità di esistenza di forme di vita su Marte in epoche passate.

I gascromatografi e gli spettrometri di massa installati su entrambi i lander non trovarono traccia della presenza di reazioni chimiche di tipo organico, in compenso fornirono preziosissimi dati relativi alla composizione del suolo e dell’atmosfera marziana.

Le loro missioni terminarono l’anno successivo, il 30 maggio e il primo giugno del 1977, ma le apparecchiature che erano state calibrate per le ricerche geofisiche e metereologiche continuarono a inviare dati ancora per parecchio tempo.

Uno dei primi risultati fu purtroppo quello di cancellare totalmente l’esistenza dei mitici canali marziani i quali, in realtà, risultarono essere un gioco d’ombre e di strutture dovute alla distanza con la quale erano state effettuate le osservazioni telescopiche. Ma altri misteri parvero profilarsi all’orizzonte marziano…

Mate visto da vicino: strutture

Uno dei fotogrammi inviati sulla Terra dalla sonda Viking 1 e precisamente quello classificato come 35A72, scattato da un’altezza di 1.500 chilometri e che comprendeva un’area di circa 50 chilometri, mostrava delle configurazioni che potevano anche sembrare artificiali.

Marte visto da vicino: CydoniaFra tutti spiccava un volto gigantesco simile a quello di una sfinge che la NASA già all’epoca liquidò come un gioco di ombre e di luci.

Fino al 1980 questa sembrava l’unica fotografia scattata nella zona denominata Cydonia, un sito che si trova a circa 40 gradi di latitudine Nord rispetto a un altro misterioso luogo chiamato Elysium Planitia, dove vennero fotografate delle strutture le quali proiettavano ombre triangolari e pentagonali.

Il diametro medio di queste strutture, oggi conosciute con il nome di “piramidi” sarebbe di tre chilometri per quelle triangolari e del doppio per quanto riguarda quelle pentagonali.

Ma torniamo al nostro volto e precisamente a quando, forse un po’ troppo misteriosamente, la NASA cavò fuori dal suo cappello tecnologico una seconda fotografia archiviata come 70A13 scattata 35 giorni marziani dopo la prima ed in condizioni di luce differente.

MArte visto da vicino: 35 giorni dopoQuesto evento rese possibile confrontare le immagini e, seguendo la diversa lunghezza delle ombre, si ottennero le dimensioni di questo Volto lungo oltre due chilometri e mezzo, largo quasi due ed alto ottocento metri.

A circa sedici chilometri dalla misteriosa immagine che richiama l’idea di una sfinge, grazie al suo “nemes” (il copricapo usato dai faraoni), sorge un’altra struttura detta, dal nome dei suoi scopritori, Piramide D & M, una piramide a base pentagonale.

La sua strana caratteristica sarebbe di presentare un allineamento quasi perfetto con l’asse di rotazione del pianeta nord-sud esattamente come la Grande Piramide d’Egitto.

Questa piramide è alta quasi ottocento metri: il suo lato più corto misura un chilometro e mezzo e l’asse più lungo è di tre chilometri. Ma se si pensa che le stranezze contenute nella zona di Cydonia finiscano qui ecco che si viene smentiti da una serie di altri curiosi manufatti.

Per esempio, “il forte“, dotato di due margini talmente diritti che sembrano quasi tagliati con il coltello, e “la città“, un insieme rettilineo di strutture massicce nel quale si collocano delle piramidi più piccole. Alcune piccole piramidi formano un angolo retto con delle strutture più grandi.

Il ricercatore americano Richard Hoagland ha elaborato una teoria secondo la quale la zona di Cydonia con le sue strutture sarebbe parte integrante di un grande centro rituale e avvalora la sua ipotesi considerando altre strutture come “la Piazza della Città,” la quale sarebbe un insieme di figure, quattro per la precisione, tutte quante attorno a una quinta di dimensioni più piccole.

Il tutto, visto però da ben 1.500 chilometri d’altezza, farebbe pensare a una croce di collimazione che si trova esattamente al centro di un lato della città.

Secondo un componente del Mars Project britannico tutto questo insieme di manufatti e altri ancora, non darebbero alcun credito all’ipotesi della casualità, ma farebbero pensare a qualcosa di artificiale pur se corroso dal tempo.

Poco prima di morire il famoso scienziato ricercatore Carl Sagan dichiarò che il Volto su Marte non era altro che una struttura sottoposta a un lento processo di erosione geologica che sta durando da secoli.

Le fotografie prese in tempi recenti dal Mars Global Surveyor tendono a dimostrare, praticamente senza ombra di dubbio, la natura geologica della cosiddetta Sfinge, la quale altro non sarebbe, almeno secondo le ultime chiarissime fotografie, che una forma collinare senza alcun aspetto nascosto o di evidente artificialità.

Purtroppo però c’è chi non si arrende nemmeno di fronte all’evidenza e sospetta un chissà quale assurdo “cover – up” da parte della NASA la quale, al contrario, sarebbe ben contenta se potesse dimostrare al mondo che un vero mistero o una certa possibilità di vita alberghi ancora sul pianeta Marte. Questo scatenerebbe una corsa frenetica verso il Pianeta Rosso, con conseguenti sovvenzioni in danaro da parte del governo americano e sostituirebbe quella gara spaziale tra russi ed americani che portò l’uomo sulla Luna e permise, per contagio tecnologico, un notevolissimo progresso in molti altri campi come la medicina, la meteorologia, la conservazione dei cibi e altro ancora.

Marte visto da vicino: frammento meteorico

La dimostrazione di questo fatto è data dalla scoperta di un frammento meteoritico che le analisi chimiche battezzarono come proveniente dal pianeta Marte e che fu probabilmente scagliato fuori dall’atmosfera marziana milioni di anni fa. Per molti millenni il pezzo di roccia ha vagato nello spazio per poi precipitare sulla Terra.

Esaminato dagli studiosi, al suo interno, sarebbero state trovate delle tracce di quelle che sono state ipotizzate come forme di vita primitiva marziana: dei batteri risalenti ad almeno tre miliardi di anni fa. Tuttavia, studi recenti li avrebbero classificati come delle formazioni cristalline, ma questo è bastato per accendere l’interesse per il rosso pianeta.

 

Copertina tratta da Everyeye Tech.

 

Vanni Mongini
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Tra i maggiori specialisti mondiali di cinema SF (Science Fiction) è nato a Quartesana (Fe) il 14 luglio 1944 e fino da ragazzino si è appassionato all'argomento non perdendosi una pellicola al cinema. Innumerevoli le sue pubblicazioni. La più recente è il saggio in tre volumi “Dietro le quinte del cinema di Fantascienza, per le Edizioni Della Vigna scritta con Mario Luca Moretti.”

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