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Il supereroe della porta accanto

Il supereroe della porta accanto

Voglio trattare di due serie televisive di qualche tempo fa, perché nascono entrambe da una domanda: Cosa succederebbe davvero se molti individui guadagnassero dei superpoteri? e dalla conseguente risposta: Non li saprebbero gestire.

Pur non essendo una produzione Marvel, la serie Heroes, del 2006, prende decisamente le mosse dall’epopea cinematografica degli X-Man, un debito in qualche modo dichiarato quando uno dei suoi personaggi, salendo sul un bus di linea, trova come guidatore lo stesso Stan Lee. Il tema insomma è quello della mutazione genetica, incentivata da un’eclissi solare, che fa insorgere poteri geneticamente latenti nei personaggi. Altre affinità sono il tema del tentativo di sviluppare una cura per estirpare i nuovi ceppi genetici dall’umanità e il diverso atteggiamento Buono-Malvagio che i personaggi potenziati assumono a seconda delle proprie esperienze e biografie, compresa la tendenza a cambiare lato della barricata a seconda di ciò che accade.

La differenza da quella serie sta invece nella difficoltà dei protagonisti di assumere il ruolo eroico che gli spettatori si attenderebbero da loro (la storia delle grandi responsabilità), anzi, la maggioranza di essi cerca disperatamente di proseguire la propria esistenza come in passato, usando le proprie capacità come scorciatoie che quasi sempre li conducono verso un mare di guai.

Mano a mano che la storia si dipana, si scopre anche una certa attrattività tra i mutanti, che li porta a intersecare i loro cammini, fino a scoprire che il loro destino è in qualche modo legato anche da eventi che li precedono storicamente, o da sorprendenti parentele.

Un paio di particolarità distinguono anche questa produzione da altre. La prima è la brevità della seconda stagione, dimezzata rispetto alle altre a causa del famoso sciopero degli sceneggiatori di Hollywood. Inoltre una rara consuetudine, che ha qualche affinità con il fumetto. Come ormai quasi sempre accade, ogni episodio viene caratterizzato da alcune scene ad effetto che servono a creare il desiderio nel pubblico di seguire la puntata seguente; ma qui succede spesso una cosa sorprendente: le scene in questione non vengono riproposte tout court, ma rigirate, con lunghezze, dialoghi e spesso eventi leggermente diversi da quelli visti nell’episodio precedente. Il che ha volte è un po’ spiazzante.

Farà piacere agli appassionati anche il fatto che agli attori più o meno sconosciuti che interpretano questa serie, spesso si affiancano per brevi tratti star del cinema di fantascienza a partire da una prevalenza di quelli di Star Trek. E forse non un caso che il mutante più tremendo e cattivo, Sylar, sia interpretato da Zachary Quinto, il quale pochi anni dopo raccoglierà una difficile eredità interpretando Spok nel reboot di ST.

Una serie da vedere, comunque, per seguire vicende che mettono a confronto le vite prosaiche dei protagonisti con un senso di predestinazione che decisamente li soverchia e cui fanno fatica a far fronte.

Una visione che è giustificata anche solo per poter seguire le avventure di Hiro, un giovane giapponese che, essendo un nerd assoluto, è l’unico ad aver chiara la natura eroica del proprio dono. Hiro partirà per la propria avventura, ma grazie al suo entusiasmo trascinerà con sé il suo amico Ando finendo per trasformare in eroe persino lui. Le loro peripezie sono tali da meritarsi un posto di spicco, rispetto agli altri personaggi spesso lacrimevoli e quasi sempre immeritevoli del privilegio loro accordato.

Mistfits

Con Mistfits, invece, accade un evento più unico che raro: sono gli inglesi che, nel 2009, copiano la serie americana, anche se ne fanno qualcosa di radicalmente diverso.  A causa di un budget ovviamente più basso, la serie è ambientata nei quartieri degradati di una metropoli inglese, cosa che con le sue desolazioni e le sue palazzine anonime dà all’ambientazione un carattere metafisico proprio anche di altre produzioni fantastiche del nord Europa. Da bravi e più maturi europei, i creatori di queste vicende non si lasciano attrarre dalla dicotomia bene vs male che piace tanto agli americani, ma producono un’opera intrisa di un crudele cinismo.

Una strana tempesta fa insorgere i poteri più strani nei cittadini di questo sobborgo, ma noi seguiamo la vicenda per lo più all’interno di una sorta di centro sociale nel quale alcuni ragazzi stanno scontando i loro più o meno piccoli crimini con un periodo di servizio sociale.

Quasi totalmente privi di qualsiasi senso etico generalmente accettato, i nostri antieroi utilizzando i loro poteri combinandone di tutti i colori, a volte causando la morte di coloro che li circondano. Ciò che li contraddistingue come eroi della storia è che, per lo più, essi tentano di rimediare agli errori commessi da loro stessi o da altri, in tutta questa spesso esilarante e a volte raccapricciante confusione.

Quindi i paralleli con la serie Heroes finiscono quasi subito, con un unico debito evidente e cioè l’arrivo dal futuro di uno di loro più maturo e con i propri poteri potenziati. Un tema che però in questa serie viene sviluppato e diventa centrale di diversi eventi.

Singolarmente entrambe le serie condivisero lo stesso destino e vennero terminate in modo brusco e prematuro, senza un vero finale. Ma questo non ha importanza perché, lo sanno tutti, le storie dei supereroi non finiscono mai.

Un’ultima notazione. Dopo avere visto queste due serie, ed averle anche confrontate col resto della produzione sul tema dei supereroi, siamo giunti ad una dolorosa conclusione. I supereroi non servirebbero a nulla al mondo, dato che al loro primo apparire sarebbero così indaffarati ad interagire tra loro da occuparsi solo marginalmente delle disgrazie di noi meno fortunati. Perché le nostre sono disgrazie umane, appunto, dalle quali, come dimostrato ampiamente, neanche i supereroi sanno difendersi.

Giorgio Sangiorgi
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Sangiorgi lavora e vive a Bologna. Dopo un esordio nel campo del fumetto, ha vinto alcuni premi letterari locali per poi diventare uno degli autori e dei saggisti della Perseo Libri Il suo libro "La foresta dei sogni perduti" ha avuto un buon successo di pubblico. Ora pubblica quasi esclusivamente in digitale e alcuni suoi racconti sono stati tradotti e pubblicati in Francia e Spagna.

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