

C’è una tendenza crescente di storie apocalittiche dove la sopravvivenza degli esseri umani è assicurata dalla perdita di uno dei cinque sensi. Nel 2018 era uscito prima A Quiet Place, dove il senso interessato è l’udito, e poi Bird Box, dove invece protagonista è la vista. The Silence potrebbe inizialmente apparire una scopiazzatura di A Quiet Place, ma in realtà il romanzo di Tim Lebbon da cui è tratto uscì tre anni prima, quindi, al limite, è forse vero il contrario.
Le vespe, così sono state battezzate, sono cieche e usano il suono per navigare e colpire le loro prede alla maniera dei pipistrelli. Sono voracissime e l’unico modo per evitare di essere divorati è quello di non attirare la loro attenzione evitando di emettere suoni. A poche settimane dalla loro scoperta, interi paesi europei vengono devastati. Le notizie sono frammentarie, la cosa certa e che si stanno dirigendo verso l’Inghilterra. La famiglia di Ally decide così di lasciare la rumorosa metropoli e fuggire verso la quieta campagna scozzese mentre le istituzioni e la civiltà si sfaldano. L’aspetto più interessante del libro è assistere all’apocalisse attraverso gli occhi di una normale famiglia in cerca di salvezza. Non sappiamo cosa succede realmente nel mondo, cosa fanno le istituzioni e l’esercito, se esistono modi per fermare l’invasione; nell’era delle instant news e delle fake news, tutto ciò che sanno è mediato da internet.
Il film di John Leonetti, prodotto da Netflix come Bird Box, lascia invece sullo sfondo questo aspetto, così come tralascia di esplorare appieno la sordità di Ally, a esclusione del fatto che ciò consente alla famiglia di comunicare più abilmente in silenzio. L’attrice Kiernan Shipka (vista, insieme a Miranda Otto, la madre, sempre su Netflix nella serie Le terrificanti avventure di Sabrina) interpreta la protagonista. La cosa ha generato critiche in America da parte della comunità dei non udenti verso il regista per aver usato un attore normoudente.
Essendo una produzione statunitense, l’ambientazione del film si sposta dalla Gran Bretagna al Nordamerica. Rispetto al romanzo, composto da capitoli che seguono alternativamente la protagonista (in prima persona) e il padre (in terza), la scansione temporale della pellicola è accelerata e gli avvenimenti si susseguono in modo più frenetico e meno coinvolgente. Molti passaggi sono completamente assenti o ridimensionati e non varca i confini dei cliché del genere post-apocalittico. Lebbon si prende invece più tempo per far crescere la tensione, a volte anche troppo, scavando nella psicologia dei personaggi, atterriti dalla perdita di ogni certezza. Non che il romanzo sia esente da critiche, alcune scelte dei personaggi, per esempio, appaiono stravaganti e di ciò ne risente anche il film. Perché la famiglia, per esempio, decide che è una buona idea portarsi dietro anche il cane, che sicuramente non puoi convincere a restare in silenzio?
(Caltagirone, 1970). Grande appassionato di cinema fantastico, all'età di sette anni vide in un semivuoto cinema di paese il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: odissea nello spazio”. Seme che è da poco germogliato con la pubblicazione del saggio “La fantascienza cinematografia-La seconda età dell’oro”, suo esordio editoriale. Vive e lavora a Pavia dove, tra le altre cose, gestisce il gruppo Facebook “La biblioteca del cinefilo”, dedicato alle pubblicazioni, cartacee e digitali, che parlano di cinema.