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The Guardians of Justice

The Guardians of Justice

Ultimamente su Netflix è apparsa The Guardian of Justice, una delle serie televisive più singolari che abbia mai visto, creata da Adi Shankar – che nell’opera recita anche un piccolo ruolo.

La singolarità di ciò che vi appare, sicuramente dipende anche dalla genesi di questo autore che, seppure abbia lavorato alla produzione di grandi film, tanto ha frequentato il mondo della produzione spontanea su Internet, che sta letteralmente cambiando i linguaggi televisivi e cinematografici degli ultimi anni.

Sostanzialmente siamo in presenza di una parodia-parafrasi della Justice League della DC Comics. E – anche se a un certo punto vedremo anche un tizio vestito come Spiderman – per lo più abbiamo tutti gli eroi DC: Superman, Batman, Robin, Wonder Woman, Aquaman, Flash, anche se ovviamente leggermente camuffati per non incappare in pronte scomuniche e denunce di plagio.

The Guardians of Justice: pseudo SupermanGli elementi ci sono tutti, lo pseudo Batman è scontroso e sofferto, Superman quasi divino, Wonder Woman vive nella sua città leggendaria, Flash (anche se qui è femmina) se la intende con lo spirito della Velocità, ed Aquaman… non solo è il re della sua città subacquea, ma viene considerato molto poco nella sceneggiatura, come capita alla sua versione originale. Ovviamente tutti loro hanno una base nello spazio.

La presa in giro, tuttavia, è molto relativa.  In verità siamo alle prese con una trama veramente drammatica che ricorda sicuramente più gli Watchman di Alan Moore che non Capitan Klunz di Don Martin.

Il tutto è cupo fino alle sue estreme conseguenze.

Ma ciò che rende diverso da tutti gli altri questo lavoro è la sua vocazione multi linguaggio. Cose che avevamo già visto ma solo in piccolissimi inserti di opere più lunghe, mai in modo così sistematico e per tutta l’opera.

Così, alla live action, all’improvviso, e con un montaggio a stacchi rapidissimi, si alterna il cartone animato, lo stop motion con personaggi in plastilina, la rivisitazione di immagini di repertorio modificate, la grafica del videogioco retrò, o un misto di tutte queste tecniche.

Il risultato è decisamente rutilante e degno di essere visto da tutti gli appassionati cinefili, anche se non particolarmente appassionati dal genere supereroico.

I risultati che si ottengono sono molti.

A parte il fluire incalzante di tutte le azioni, viene così compensata una carenza di investimenti sulle scenografie che restano poverissime. Tanto che in questo bailamme non ci si accorge neanche che un esterno è stato realizzato in cartoncino come in una delle produzioni più rocambolesche del nostro ingegnoso Margheriti.

Ogni volta che le scene richiederebbero un forte investimento scenografico o di effetti speciali, ecco che intervengono le altre tecniche decisamente più a buon mercato; eppure, solo un occhio smaliziato è in grado di rilevarlo.

Nel tempo mi accorsi di un elemento sgradevole dei film live action tratti dai fumetti di supereroi, il fumetto disegnato toglie gran parte dell’orrore e del raccapriccio di molti aspetti della storia narrata. E più si affinavano gli effetti speciali e più certe cose, che nel fumetto potevano persino avere una loro certa grazia estetica, nel film diventano fastidiose.

Così Shankar fa una scelta specifica e, per esempio, quando un personaggio si accinge a frantumare la testa di un avversario, all’improvviso l’immagine entra nel modus di Wallace e Gromit, e il tutto spaventa lo stesso ma resta almeno nel campo del tollerabile.

Non vorrei, tuttavia, aver sminuito la scelta stilistica; qui il multi linguaggio, diviene anche multimedialità, e arricchisce il contenuto: come quando durante uno scontro tra super appaiono le scritte e le modalità tipiche dei videogiochi di combattimento.

Se volete, quindi, entrate nel disperato universo dei Guardiani della Giustizia, e non guarderete mai più una serie con gli stessi occhi.

 

Giorgio Sangiorgi
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Sangiorgi lavora e vive a Bologna. Dopo un esordio nel campo del fumetto, ha vinto alcuni premi letterari locali per poi diventare uno degli autori e dei saggisti della Perseo Libri Il suo libro "La foresta dei sogni perduti" ha avuto un buon successo di pubblico. Ora pubblica quasi esclusivamente in digitale e alcuni suoi racconti sono stati tradotti e pubblicati in Francia e Spagna.

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