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Scoperto in traduzione

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SCELTI DAL DIRETTORE

 

Ricardo L. Garcia ci manda questo racconto, dopo averlo appena scritto:

Ciao, come state? Io cerco di seguire le notizie dall’Italia al più possibile e mi sa che da voi il peggio del Covid è passato.
Comunque. Ho appena finito di scrivere questa storia: dieci minuti fa. E sai una cosa! Vi ho pensati. Non so se il racconto piacerà a chi legge la rivista, ma io ce l’ho messa tutta. La vostra opinione è molto importante per me. Buona giornata!

 

Quando hai un agente tu devi per forza consegnare la merce, pensava Frank Prezioso.

In particolare – e questo, a dire il vero, costituiva una parte considerevole del suo reclamo – quando hai già mancato un termine, sei vicino a perderne un secondo, e il tuo povero agente è lasciato da solo a spiegare perché un anticipo piuttosto generoso e un adempimento degli obblighi contrattuali non dovrebbero necessariamente avere un rapporto di causa-effetto…

“…all’inizio di questa mattina.” La segretaria continuò, con un atteggiamento che Prezioso era pronto a giurare dovesse essere divertito. “No, temo che non abbia altre attività in programma da qui fino alla fine dell’estate. Può lasciare un messaggio, ovviamente, ma non le posso dare nessuna garanzia.”

Fece del suo meglio per dare l’impressione di ascoltare educatamente, ma aveva già smesso di prestare attenzione dopo i primi due secondi. La giovane donna, in tutta evidenza, assaporava invece esperienze di déjà vu: era la terza volta in due settimane che gli ha rifilava formalmente la stessa scusa, con piccole variazioni che non potevano in alcun modo influenzare il suo squallido sorriso compiaciuto.

Prezioso, esasperato, pensò che tutto l’affare non si metteva per niente bene.

Certo il fatto che il professor Walsh fosse improvvisamente scomparso dalla faccia della terra non pareva per niente un bene. Eppure, o era successo, oppure costui era stato colpito da un improvviso attacco di sordità selettiva: tutte le chiamate di Prezioso, le mail, i messaggi e gli altri sistemi utili a richiamare l’attenzione del soggetto, a parte la possibilità non esplorata di afferrarlo per la collottola, avevano fallito lo scopo.

O meglio, il povero agente letterario, ormai molto preoccupato, non aveva più il minimo indizio di dove cercare questo specifico Waldo.

“La ringrazio molto.” Prezioso uscì dall’edificio della facoltà colpito da istinto omicida. Attraversò il campus a passi veloci, ma si bloccò subito, rendendosi conto di non aver, a quel punto, nessuna idea di come proseguire. Così, senza un’idea, depositò il suo grosso corpo sulla più vicina panchina e cercò di concentrarsi.

Il fatto: la reputazione di un agente non è cosa su cui scherzare; in una attività in cui si scatenava una feroce concorrenza, costantemente alla mercé di un mercato volubile, è necessario conservare il proprio buon nome. Il che, tutto sommato, non è molto diverso dal migliore sistema possibile per affrontare un gatto: infatti gatti e editori debbono sentire di potersi fidare di te.

Nemmeno se sei quello che gli dà da mangiare, letteralmente, o letterariamente. Buon nome… già.

Si sa che gli editori felici, allo stesso modo dei felini, qualche volta hanno sviluppato una vaga lealtà nei tuoi confronti, fornendo priorità al tuo prossimo lancio con corrispondenti bonus, rispetto a ciò che avrebbero fatto con un nuovo venuto, ma sempre senza ricordarsi di chi tu sia. Si mormorano delle oscure leggende, secondo cui a volte gli editori si sono addirittura degnati di perdonare le tue vendite flop, ammesso che tu avessi tenuto fede alla tua parte di accordo. Ma Prezioso non aveva nessuna fretta di verificare queste storie fantasiose.

Del resto, se l’esperienza dell’anno passato significava qualcosa, un flop nelle vendite di questo nuovo libro, era probabile quanto un eschimese che morisse di tintarella.

Il fatto: è ben raro che un accademico produca un libro best seller mondiale parlando di esoterismo e di argomenti altamente specialistici. Per un Hawking, un Genovese, o un Sagan ci sono legioni di scienziati di prima classe virtualmente sconosciuti nel vasto, freddo mondo, se non al loro tavolo della colazione, malgrado le presumibili splendide ricerche da essi fatte… questo per l’eccellente ragione che nessuno, a parte i loro esimi colleghi, sarebbe in grado di leggere quei capolavori oltre pagina uno, senza morire di noia.

Serve dunque un talento speciale per attirare un lettore profano su un argomento fino a quel momento considerato disperatamente tedioso, o per lo meno troppo complicato per l’uomo della strada, ma soprattutto è difficile, trasformare quello e altri lettori addirittura in una folla entusiasta che rilascia splendide recensioni sui social media. E infine, non meno importante, vendere ogni singola copia stampata, il che è decisivo per stabilire se gli editori sono stati abili o dei fessi.

Il primo libro del professor Walsh era stato un successo talmente formidabile, che quando, passato poco più di un anno, Walsh approcciò Prezioso per pubblicarne un altro, gli editori non chiesero nemmeno di vedere l’opera completa. La parola dell’agente secondo cui era disponibile un nuovo volume, si immagina buono come il primo, fu sufficiente ad assicurare al professore un contratto con un bell’anticipo in soldoni. Il che significava un bel gruzzolo anche per l’agente.

Il fatto: malgrado il lavoro di tutta la vita, Prezioso non aveva mai ottenuto niente di meglio del minimo sindacale per sopravvivere. Invero, la prima e unica opportunità di Prezioso per non essere un semplice nome tra i miliardi di suoi colleghi, era stata la Storia di T’ajj. Ancora si domandava che cosa sarebbe stata la sua vita se Walsh non lo avesse avvicinato a quella festa a cui lui, a suo tempo, pensava di essere forse troppo stanco per partecipare.

Però, se questa seconda scadenza non fosse stata rispettata, lui era ormai troppo in là con gli anni per lanciarsi in una nuova carriera.

Quindi, sì: il buon nome.

Con la punta della lingua attivò il telefono, mormorando un numero e il codice di autorizzazione per la chiamata. Per abitudine si passò un dito sulla cicatrice nella mascella inferiore dove era innestato l’impianto telefonico, ma un paio di secondi dopo roteò gli occhi, sentendo una seducente voce femminile che gli suggeriva di lasciare un messaggio.

Quella donna non si degnava di rispondere – nemmeno a lui – bisognava per forza lasciare un messaggio. Povero il sempliciotto che abbinasse quella voce dolce a una possibile personalità della donna. “Liz? Richiamami quando puoi,” ma non metterci troppo, ti prego, aggiunse col pensiero. “Mi serve il tuo aiuto per una cosina.” Prezioso sospirò e scosse il capo.

Strano, come tutto fosse cominciato…

*  *
*

“Scusi la mia ignoranza, Professore, ma i Centauriani non erano simili a, beh, a dei ragni? Cioè, non volevo proprio dire… ma mi sembra di averlo letto da qualche parte. Loro, ah, avevano, che cosa, sei gambe o roba simile?”

“Quattro gambe, in verità.” Una descrizione precisa della voce del professor Randolph S. Walsh non potrebbe mai includere l’aggettivo ‘melodioso’, un dettaglio che plausibilmente spiegava come mai tutti i presenti alla festa si erano allontanati con buona velocità portandosi fuori dalla sua portata, non appena lo videro braccare una nuova vittima. “Gli altri due arti erano piuttosto delle braccia, con alle estremità l’equivalente di mani a otto dita. Ha visto le esposizioni del Museo di Storia Naturale a New York? No?”

Walsh in realtà non è che si fosse sfregato le mani per la soddisfazione di aver trovato qualcuno con cui parlare, ma con gli occhi aveva decisamente espresso tale sensazione. Quindi i successivi dieci minuti rappresentarono per Prezioso un grande esercizio di sopportazione.

“…troverà comunque meravigliosi ologrammi di queste creature in rete. Strano, ma sono stati concepiti in maniera molto simile a noi, direi; parrebbe che i progetti di successo tendano a ripetersi in natura. Pollici opponibili. Artropodi, così li definiscono i miei colleghi del Dipartimento di Biologia. Avevano una biochimica… insomma, avrebbero potuto benissimo mangiare il nostro cibo e apprezzarlo.” Walsh fece una brevissima pausa per respirare e in quell’istante Frank Prezioso pensò di scappare verso il più vicino gruppo, con la scusa di aver appena notato un vecchio amico che non vedeva da anni, e che non avrebbe mai più rivisto se non lo avesse raggiunto proprio in quel momento…

“Oh, a proposito, la cara Maisie qui mi dice che lei è un agente letterario. È giusto?”

“Giusto”, concordò Prezioso trepidante. Come se non fosse già abbastanza brutta la conversazione dettagliata sull’analisi di un verme oviparo alieno morto mille anni fa, in cui il professore – che cos’era, un linguista? – lo aveva fin da subito coinvolto senza permesso. Prezioso aveva deciso di partecipare alla festa per motivi rigorosamente sociali inevitabili e aveva tutte le intenzioni di divertirsi almeno un po’, in modo tranquillo, per poi fare un’uscita anticipata.

Il fatto che Walsh paresse essere in termini molto amichevoli con l’ospite – e non un conoscente qualsiasi ammesso per cortesia – metteva decisamente i bastoni tra le ruote ai piani del nostro agente. Non c’era modo che lo stanchissimo Prezioso si potesse disimpegnare prima che l’uomo finisse il suo discorso all’orecchio della vittima.

Non senza rischiare di rovinare certi contatti sociali molto importanti per uno che deve guadagnarsi da vivere, evidentemente. Poi supponiamo che il professore in un certo momento avesse misericordiosamente deciso di aver esaurito l’argomento. Ma postuliamo che immediatamente potesse produrne uno nuovo procedendo a dibatterlo. E

 “Eccellente. Stando così le cose, ho una proposta per lei”.

Proprio ciò che temevo, pensò l’agente con un sentimento di vile rassegnazione. Durante tutta la conversazione quella terza possibilità era effettivamente rimasta appesa in fondo alla sua mente, in cui, sciocco lui, si era permesso di sperare che il professore si sarebbe limitato a parlare dei Centauriani per tutta serata: argomento in confronto decisamente meno pericoloso.

Ora era evidente che non avrebbe avuto quella fortuna. Prezioso si preparò ad affrontare il ripetersi di un paio di esperienze da incubo nella sua carriera professionale, come avrebbe dovuto facilmente aspettarsi.

A questo punto le probabilità erano statisticamente schiaccianti: sarebbe sicuramente stato avvicinato dall’amico di un amico – nei casi più orribili, da un caro amico – che gli avrebbe chiesto di essere il loro agente, con la proposta di lanciare quello che solo con spirito più che caritatevole si poteva definire un libro di poesie. Oppure una raccolta di saggi astrusi sul significato di quel che era in voga in quel momento; in questi casi, alla fine, non andava mai bene. Era sempre roba che nessun editore poteva nemmeno ritenere degna di andare in fondo al suo cestino della carta straccia. Sicché resti bloccato per mesi con quella pietra al collo, provando di tutto e di più, minacciando di darti fuoco di fronte a un editore se per favore non lo pubblicava – finché l’aspirante autore alla fine ci rinunciava e ti liberava dalla maledizione.

E – immancabilmente – maledici i tuoi preziosi contatti sociali per fallimento di un altro.

“In realtà, in questo momento sono pieno di…”

“Immagino che”, il professor Walsh lo tagliò corto impaziente, “abbia sentito parlare de Le mille e una notte?”

*   *
*

La cosa era davvero interessante, infatti, quando il professore terminò di spiegare… Frank Prezioso si sforzò di filtrare quella voce decisamente poco gradevole per concentrarsi sull’idea che ci stava dietro. Senza volerlo, il rispetto per quell’uomo era salito di qualche tacca, anche se si domandava perché nessun altro ci avesse pensato prima.

No, non era stato un caso, ma un modo certamente efficace per dimostrare una vanesia intelligenza accademica davanti a una nuova vittima: cioè si sceglie un argomento di conversazione; e poi si sceglie la vittima… un piano ben studiato portato avanti fin dall’inizio.

E infatti, a dire il vero, aveva funzionato bene e aveva catturato la sua piena attenzione.

Quando i primi esploratori terrestri erano atterrati su ACA7, il settimo pianeta della più grande delle tre stelle del sistema Alpha Centauri, contavano di rimanere piacevolmente sorpresi. Tanto per cominciare perché ACA7 era un mondo all’incirca delle dimensioni della Terra e si trovava a una giusta distanza dal suo sole, il che gli permetteva di non essere né un tizzone né una palla di ghiaccio. C’era poi il dettaglio allettante di un avvicinamento preliminare con una sonda stellare, che aveva mostrato la presenza di atmosfera a base di azoto e ossigeno.

Quindi sì, l’acqua allo stato liquido era sicuramente molto probabile. Quattro piccole lune fornivano al pianeta un’inclinazione assiale; c’erano dunque delle stagioni. E poi, naturalmente, qualcosa aveva generato una enorme quantità di ossigeno libero. Tutto sommato, le condizioni sembravano abbastanza favorevoli alla vita a base di carbonio.

Forse, solo forse, c’era anche la vita intelligente….

Così, quando alcuni decenni dopo gli umani furono finalmente in grado di andare a dare un’occhiata a Terra Nova – come il pianeta fu ovviamente battezzato – videro subito che l’acqua liquida c’era ed era buona, c’era anche la vita a base di carbonio, e, per finire, scoprirono i segni indiscutibili di una civiltà avanzata.

Ma la sorpresa fu che non c’era più nessuno vivo. Insomma, nessun essere intelligente vivo.

Trovarono un’enormità di vita vegetale e animale a base carbonio da tenere occupati i biologi per secoli, che decidessero se quel mondo alla fine fosse diventato più freddo, più arido e meno ricco di acque di quanto previsto – una specie di Marte, ma leggermente più vivibile.  Ma, dei costruttori delle magnifiche città di Armstrong Valley, Blue Bay e Gagarin Hills e tanti altri luoghi, rimanevano solo pochissimi cadaveri essiccati.

Poteva essere stata un’epidemia. Una guerra. Chissà. Un vecchio mondo in orbita attorno a una stella più vecchia del Sole che combatteva una battaglia persa con la loro era glaciale. O un asteroide, magari più asteroidi che lo avevano colpito con forza simile a quella che aveva spazzato i dinosauri dalla Terra, qui, allo stesso modo, aveva cancellato la specie dominante, i Centauriani. O forse era stato un virus creato per la guerra, che era sfuggito di mano. Bombe al neutrone lanciate in un’ultima, apocalittica guerra mondiale. Chi poteva dirlo. Qualunque cosa fosse successo, era capitato molti secoli avanti la prima, e al momento unica spedizione proveniente dalla Terra. Però, gli archeologi avevano almeno quella unica cultura da studiare – e ammirare – in mezzo a rovine deserte come quelle dei Maya.

E ogni cultura, come sottolineava il professor Randolph J. Walsh, ha una letteratura.

Poi, gli esploratori terrestri furono incredibilmente fortunati a trovare quella specie di Stele di Rosetta, che sono i Protocolli Commerciali Xii-Centauriani. Un semplice oggetto misterioso con sopra qualcosa che poteva sembrare una scrittura, perduto tra le migliaia e migliaia di documenti portati indietro dalla spedizione su Centauro. Gli umani lo capirono solo cinquant’anni dopo, quando siglarono il loro patto commerciale con gli Xiiani. Solo allora a qualcuno sembrò che la copia dei Protocolli Commerciali scritta in xiiano ricordasse un’altra cosa vista da qualche altra parte: un oggetto trovato su ACA7 con pittogrammi, fino a quel momento indecifrabili.

La svolta della dottoressa Zenna Harrison aveva permesso a lei e a tutti gli altri ricercatori di leggere quella che si presumeva essere la lingua centauriana dominante, scritta sui muri di molti edifici e sui documenti, identificando così una serie di testi che, per quanto si poteva capire, dovevano essere brani letterari — quelli che ragionevolmente potevano essere poesia o equivalente e quelli che erano vera narrativa. Dopo secoli di fantasie sulle culture aliene, ecco finalmente dei veri e propri esempi di arte provenienti da oltre il cielo terrestre. Tutto il pubblico non vedeva l’ora di scoprirli e goderseli.

Poi tutto si bloccò malamente.

La poesia, di per sé, è in gran parte un atto di fede: noi pensiamo di capire cosa intenda dire il poeta e attribuiamo alle parole la bellezza, la meraviglia o l’emozione che evocano in noi, ma forse l’autore voleva dire qualcosa di molto diverso. In assenza di qualsiasi conoscenza della psiche centauriana, purtroppo non avevamo alcuna possibilità di capire la loro poesia. Quindi tutte le speranze di una piacevole lettura, a quel momento furono riposte nei frammenti di narrativa.

Il che, col senno di poi, si rivelò un risultato non raggiungibile: l’intera impresa divenne un esercizio di noia e frustrazione. Come ci si poteva attendere di rimanere concentrati su una storia – per non parlare del provarne piacere – se, ogni due parole, per uno stato d’animo sconosciuto ci si doveva bloccare per leggere una barbosa nota a piè pagina sulla fisiologia, le abitudini sociali e tutto ciò che si poteva immaginare in una razza totalmente aliena, o sugli oggetti di uso quotidiano, o ancora sulla tecnologia che forse utilizzavano?

Al lettore sarebbero servite almeno un paio di lauree scientifiche alle spalle per affrontare anche la più semplice delle storie, oltre a moltissima pazienza. Per il pubblico in genere, sarebbe stata un’operazione piacevole come sottostare a un esame di matematica, avendo però saltato tutte le lezioni e dovendo dare le risposte in sanscrito corrente.

A meno che:

“In realtà ho pensato a un lavoro sullo stile degli, ah, scrittori di fantascienza, è così che si chiamano?”, proseguì Walsh, in un tono che, dovette ammettere Prezioso, fu una toccante anche se fugace dimostrazione di umiltà da parte del professore. “Ho seguito l’esempio e ho utilizzato la stessa idea sui dischi T’ajj. Lei deve pensare a una, ah, traduzione, diciamo così.” Ridacchiò della sua battuta.

Ma non era così sbagliato; era proprio una traduzione, non solo dalla lingua aliena… ma una traduzione in equivalente umano, infatti.

Nessun ulteriore bisogno di note a piè pagina, o di spiegazioni approfondite e poco coinvolgenti sulle abitudini Centauriane, sulla loro biologia, sulle loro attività: ogni dettaglio viene trasposto in un comodo (anche se non proprio accuratissimo) analogo umano. Un kliegh diventa una canzone d’amore; s’ooat è una stretta di mano. Il rituale irrimediabilmente incomprensibile detto araj’ene è trasformato nella volontà di perseguire una vendetta.

A tutti gli effetti pratici, il risultato fu quello di trasformare una storia incredibilmente aliena di duecento anni prima, in qualcosa facile da leggere. Ma soprattutto, finalmente davvero piacevole – tipo Le mille e una notte ai tempi in cui il pubblico europeo non aveva alcuna conoscenza delle culture orientali. O come i racconti giapponesi proposti da A. B. Mitford, che ha sorpreso piacevolmente i suoi lettori. In base al successo del primo libro, un secondo volume simile aveva eccellenti probabilità di rifare il trucchetto.

Se – il che stava diventando un’aspettativa irrazionalmente ottimistica più di quanto Prezioso volesse ammettere – fosse riuscito a trovare il professor Walsh prima che mancasse anche la seconda, e ultima, scadenza per la consegna del manoscritto.

Se.

*   *
*

“Permettimi di dire”, biascicò Liz mentre si osservava pigramente le unghie, “che mi sembra tu conosca un notevolissimo numero di persone… diciamo, bizzarre…  Hai mai pensato di segnalarle al Guinness dei Primati?”

“Potrei stabilire un altro bel record se non riuscirò a localizzare il professore prima che sia troppo tardi. Oppure se non riuscirò ad avere la tua attenzione”.

“Molto bene.” Si strinse nelle spalle. “Coinvolgi anche la famiglia, se questo aumenta la tua conta, chiaro.” Le sue dita tamburellarono un improbabile assolo sul bracciolo della sedia. “Non è che mi tu mi dia molto su cui lavorare, sai. Dunque, questo Professor Valzer…”

“Walsh.”

“Be’, certo che ha fatto un gran bel giro di valzer! Va bene, Walsh. Sai, è strano. Perché costui è scomparso improvvisamente? Il contratto non era abbastanza buono?”

Prezioso disse la cifra.

 “Ah, però. E tu mi dici che ha già mancato la prima scadenza. E con che scusa? Gli editori… hanno protestato?”

Per l’ennesima volta Prezioso meditò stupito: una sorellastra doveva per tradizione favolistica essere una creatura antipatica, malvagia senza motivo, soprattutto se era più grande di te di qualche anno. Eppure, niente di tanto orribile poteva effettivamente identificarsi nella sua relazione con Liz Cartwright, se si escludono i patetici tentativi di lei di fare dell’umorismo, quasi sempre squallido. In compenso padroneggiava superbamente molte altre discipline, che erano quelle su cui Prezioso contava.

“Non erano esattamente felici. Ma che si può fare se ti presentano una giustificazione medica?”

“Per…”

“Un lieve infarto: gli hanno prescritto un periodo di riposo.”

“Immagino che tu abbia visto il manoscritto. Per lo meno ciò che è stato scritto finora”.

“Ah questo sì.” Erano un bel mucchio di fogli stampati e un rapido controllo aveva rassicurato Prezioso che questo nuovo tuffo nella letteratura centauriana sarebbe stato un successo probabilmente come il primo – anzi, forse anche di più. Naturalmente, si era assicurato che tutto fosse stato salvato in un paio di server perché non si sa mai e, su suggerimento del professor Walsh, ne tenne per sé una copia cartacea da rivedere a casa, nel tempo libero. Sembrava che il lavoro potesse tranquillamente essere terminato come previsto, senza problemi.

“Dov’era, nel suo ufficio? Sei stato da lui? È sposato, single, qualche parente che tu conosca? Dimmi tutto…”

Prezioso aveva concluso già da parecchio, che ci sarebbe voluta una passione più che dirompente solo per piacere al professore, e non parliamo dell’amore. Poi c’era da tenere in conto la sua abilità vocale, la tendenza dell’uomo a trattare gli altri come pigmei intellettuali senza speranza, il che lo qualificava come un cittadino xiiano onorario – se mai potesse esistere tale carica, che si potrebbe creare subito per spedirlo lassù tra le sue anime gemelle.

E vabbè; forse il giudizio è troppo severo; lui stesso aveva visto il professor Walsh mostrare una minima traccia di comportamento leggermente più gentile – senza dubbio un gene recessivo, si capisce. Del resto, nessuno in tutto l’universo potrebbe chiaramente essere più insopportabile degli Xii. Il che potrebbe derivare dal fatto che la loro vita media dura secoli (quanto, cinquecento anni terrestri?) Qualcuno una volta aveva paragonato gli Xii arroganti, insensibili e enormemente scostanti a una razza di una vecchia serie televisiva pre-holo (i Vultan?) che facevano i loro interessi senza che i terrestri ponessero obiezioni, affermando che stavano virtuosamente cercando di sollevare il popolo dalla barbarie…

Ebbene, non si può negare che il commercio con gli Xii avesse aumentato il valore dell’economia terrestre; se non altro per il trasferimento di tecnologia (anche se rigorosamente dosato per evitare che noi ci si facesse male con qualche stupida acrobazia adolescenziale). Il che avrebbe garantito loro un certificato di santità anche dal Vaticano, se non fossero stati immuni alla cortesia, come lo sono anche ai germi e ai virus terrestri. Tuttavia, non serve un grande sforzo per comprendere chi vede in quegli umanoidi squamosi niente più che dei meri mercanti pragmatici e freddi, che operano le loro presunte buone azioni solo per i soldi (o quel che usano per soldi), gente a cui non importa niente che non sia un’operazione finanziaria…

Ma allora? Prezioso seguiva altri pensieri. “Scusami”, l’uomo scosse il capo, cercando di ignorare la teatralità di Liz, la quale, secondo il suo modesto parere, aveva un’età decisamente ben oltre il periodo di pensionamento e dovesse dare le dimissioni. “Stavi dicendo?”

“Lascia stare, prezioso. Fammi pensare.” Chiuse gli occhi, riprese a tamburellare sul bracciolo della sedia. All’improvviso ebbe un tremito, un gesto che il suo fratellastro paragonò inconsciamente allo scrollamento di un cane bagnato.

“Tutto a posto?”

“Perché non dovrebbe?” Liz riaprì gli occhi. “Comunque, tornando al tuo piccolo problema. A meno di non essere entrati senza saperlo e chissà come, in una sceneggiatura Hollywoodiana, possiamo tranquillamente dire che il tuo professore Come si Chiama non sia stato rapito dagli alieni, né che sia diventato un eremita.” Alzò un dito. “Che ci resta? Vediamo: si comporta come se non gli importasse affatto di perdere di un buon affare, né la sua reputazione per altro; dovendo presumibilmente affrontare bei problemi legali, e come no. Ma non si tratta di sicuro della sua salute, sennò avrebbe presentato un’altra giustificazione medica. Si nasconde dalla mafia? L’ISIS? In realtà secondo la segretaria lo hanno visto alla facoltà, è così? Interessante. Per quanto ne sappiamo, potrebbe nascondersi da te e solo da te.” Pose una mano sulla fronte e storse la bocca.

“Mal di testa? Vuoi un’aspirina?”

“Se continui a fare domande stupide, mi ci vorrà di sicuro.” No, sarebbero stati necessari un paio di miracoli perché Liz ammettesse di avere una debolezza fisica; per esempio, una volta era quasi morta per una peritonite senza dir niente.

Un’autodifesa, aveva deciso già molto tempo fa Frank Prezioso; parti della vita di Liz prima che entrasse in famiglia sarebbero restate sempre al di là di un muro impenetrabile. Tuttavia, sembrava decisamente sfinita e gonfia. Era solo l’età? Non poteva trattarsi di influenza; non era la stagione, già. Strano perché comunque ultimamente c’erano in giro molti casi di qualcosa, a ben pensarci. Beh, forse avrebbe dovuto prendersi un paio di pillole.

Ma insistere avrebbe generato nella donna una reazione di diversi ordini di grandezza, molto peggio di quella che colpì T’ajj alla fine del libro; quando egli (o esso, o quel che sia il pronome per quella terribile creatura) annuncia di essere finalmente riuscito a intrappolare la maledizione che ha ucciso tutta la sua famiglia e quindi, in pratica, condanna tutto il mondo, e — arringando milioni di altri demoni assortiti, molto più letali, — restituisce la maledizione ai nemici sconosciuti che gli avevano causato tanto dolore.

Grande suspense in quel finale; non c’è da stupirsi che così tanti fan volessero e sperassero in un seguito, attendendo la pubblicazione successiva. Quel tipo della storia originale doveva essere una specie di grande mago, o uno stregone; questa era la migliore interpretazione che il Dr. Walsh potesse inventare circa il mestiere del personaggio…

“Comunque, proverò a trovare qualcosa, anche se vedrai che ci sarà una ragione stupida. Hai ordinato il pranzo?”

Come se fosse un segnale, l’impianto telefonico di Prezioso annunciò un messaggio. “È arrivato adesso”, la rassicurò. Se qualcuno si fosse preoccupato di chiederglielo, Prezioso pensava che il pesce crudo fosse cibo da naufraghi su un’isola deserta, ma se il sushi gli offriva un modo per dimostrare il suo apprezzamento, andava bene così. È sempre bello avere una famiglia disposta ad aiutarti nel momento del bisogno, specialmente quando in quella famiglia c’è una agente dell’FBI in pensione con molti amici ancora attivi nei posti che contano.

*   *
*

Tre giorni dopo arrivò una telefonata.

Anzi, quella era la seconda chiamata. Di quel giorno. Diceva che la fine per Liz era arrivata all’improvviso… inaspettatamente… era appena entrata al pronto soccorso, che già la dichiaravano morta.

A quanto pareva la famiglia aveva scaricato la responsabilità del funerale e delle parimenti simpatiche disposizioni tecniche alla nipote di Liz, (presumibilmente, tirando la paglia più corta. Prezioso non avrebbe saputo cosa fare). La nipote era stata molto vaga sulle ragioni della scomparsa (probabilmente non le importava affatto cosa fosse successo alla vecchia, era solo preoccupata di aver dovuto interrompere la vacanza chissà dove, ché era l’unica cosa importante). La nipote si era solo lamentata di un qualche assurdo problema burocratico a proposito del rilascio del corpo. Qualcuno del personale dell’ospedale le aveva detto che erano dispiaciuti, che l’avrebbero richiamata appena possibile, eccetera…

Frank Prezioso rimase piuttosto scioccato, anche perché nessuno gli aveva mai chiesto di partecipare al funerale: era pronto a scommettere che la questione sarebbe stata affrontata con la velocità e la cerimoniosità insita nel portare fuori la spazzatura.

Prezioso scosse il capo molto triste. Gli sarebbe molto mancata Liz, di sicuro; fino a quel momento non si era reso conto di quanto la donna fosse stata la sua rete di sicurezza fin dall’adolescenza, quando gli dava una mano sempre e lo chiamava il suo “Prezioso,” in quel modo che usava solo lei. La vita, però, proseguiva ed era per questo che adesso lui era lìil giorno prima dell’ultima scadenza per la consegna del benedetto manoscritto del libro ultimato.

Forse poteva essere ancora in grado di adempiere alla sua parte di contratto; forse. Il che probabilmente non sarebbe potuto accadere senza quella prima chiamata, di ieri… di cui si è accennato: che, purtroppo, era anche stata l’ultima in assoluto di Liz.

“…visitando un suo ex compagno di stanza che insegna biologia ad Harvard. E poi ha anche trascorso un paio di giorni in un gruppo di meditazione, che ti pare. Ehm, …”

All’inizio aveva pensato che fosse la solita Liz che, come sempre, inviava un messaggio vocale registrato invece di chiamare direttamente. Lui l’aveva richiamata subito per avere i dettagli, ma non aveva risposto. Poi, pensò che, come al solito, si stesse  prendendo tutto il tempo per rispondere, anche se il messaggio era arrivato a tarda notte, ma per lei non c’era giorno, notte, o quel che era. Adesso forse aveva capito: la promessa che gli aveva fatto di aiutarlo a localizzare Walsh, era la prima nei suoi pensieri e, ligia alla sua tradizione per cui nessun malessere dovesse mai essere rivelato ai familiari o agli amici, Liz era in quel momento, ormai sul punto di iniziare la sua disperata e solitaria corsa verso l’ospedale.

“…però, le mie fonti dicono che adesso è tornato a casa sua; vale a dire…” seguiva l’indirizzo, un dettaglio che ovviamente, la sorridente segretaria era stata pronta a nascondere con la propria vita ai plebei non accademici. “In realtà, è lì da ieri, sappilo, impegnato con ogni probabilità a sorseggiare una piuttosto considerevole quantità di…” seguiva la marca di una cosa assurdamente costosa, che il rigidamente astemio Prezioso ricordava solo vagamente di aver sentito nominare. Ma come aveva fatto Liz, , a portare a termine quell’impresa di controllo e di sorveglianza, esattamente?

Per chiedere questi favori e aiutarlo, chissà in quali grigie aree legali si era allegramente addentrata. Più precisamente, quali scuse poteva aver addotto quando aveva parlato con le sue fonti. Ma forse, già, non ne aveva avuto alcun bisogno; Prezioso non aveva alcuna idea di quanto in alto la sua grande sorellastra fosse effettivamente piazzata nell’agenzia federale.

In ogni caso ritroviamo Prezioso davanti a una casa, ed era meglio che il professor Randolph S. Walsh fosse a casa, altrimenti la carriera di Prezioso si sarebbe estinta come la razza Centauriana. Era lì che stava ancora cercando un campanello, quando la porta si aprì.

“Si accomodi da questa parte, signore”, la voce dell’olo-maggiordomo era in un inaspettato contrasto con quella stridula del suo padrone, “il Professore è già stato informato della sua presenza ed è pronto a riceverla”.

Ora che l’aveva trovato, la mente inconscia di Prezioso rimuginava su chissà-cosa-diavolo-gli-è-successo, fissando ben bene Walsh. A ogni modo, a parte la discutibile necessità di una buona rasatura, l’uomo aveva fatto un gran lavoro per rendersi presentabile con un preavviso così breve e, se non altro, non si vedevano bottiglie in giro. Il maggiordomo indicò una sedia all’agente letterario e scomparve silenziosamente.

“Sono lieto di vederla, brav’uomo”, il professore lo salutò con quella che suonava una cortesia sospetta. “In effetti, stavo proprio per chiamarla.”

Il cuore di Frank Prezioso saltò un battito. “Spero che il manoscritto sia pronto?” Il coraggioso tentativo di sembrare disinvolto non durò nemmeno fino alla fine della frase. “Cioè, ehm, la scadenza…”

“Ah, quella.” Il professor Walsh fece un gesto di chiusura. “Ma si capisce che è pronto. È stato per…” sembrò stupito. “Alfred, potresti inviare al signor Prezioso una copia del Viaggio di Kragg… troverai l’indirizzo sotto ‘Tajj’. Grazie.” Un secondo dopo, il telefono implantare di Prezioso segnalò la conferma dal suo computer di casa con la gradevole voce da baritono del maggiordomo. “Allora siamo a posto.” Walsh si mise una mano sulla fronte e chiuse gli occhi.

Il professor Walsh allungò il braccio e volse gli occhi all’indietro. Quindi, per un secondo fissò l’agente con quello che si potrebbe definire uno sguardo sfocato. “Oh, per Giove”, disse con voce appena udibile. Poi appena in po’ più forte, “Temo di doverle una scusa”. Parve voler discutere la questione tra sé, giungendo infine a una conclusione. “Sì, magari un paio di spiegazioni.”

Anche quella dichiarazione pronunciata con effetto ritardato rivelava il chiaro tentativo di metabolizzare abbondanti quantità di liquidi che richiedevano la prova dell’età per essere acquistati… a quel punto Prezioso era più che d’accordo con la valutazione di Liz. Una ammissione come quella da parte di Walsh e per di più volontariamente, non si era mai sentita, il che stupì moltissimo l’agente. Per alcuni istanti fece fatica a elaborare la frase. In particolare, un punto: perché due scuse?

Il che, presumibilmente, spiega come mai non gli fosse subito riuscito di percepire quella che avrebbe dovuto essere una vera e propria sensazione di déjà vu in seguito a un certo gesto.

Adesso, però, dopo aver apparentemente ripristinato rapidamente il suo comportamento, correggendo una sorta di bug del suo software, il professore andò avanti in una modalità più in linea con i suoi precedenti.

“Nel caso in cui si fosse chiesto se questa storica visita degli Xii – avvenuta quanto, sei mesi fa? – sia stata la prima che hanno fatto sulla Terra, allora le dirò che la risposta è no. Ovviamente, non pensi che si siano preoccupati di fornirci particolari informazioni,” fece una smorfia, “facendolo non ne avrebbero ricavato nulla. Molto probabilmente a loro non interessiamo noi, né vedono interessi per loro, mah”. Walsh fece spallucce.

“Comunque, ci sono alcuni, ehm, documenti, ufficiali ma anche privati più o meno, che sono appena emersi e che ci permettono di dire con certezza che la prima volta sono certamente venuti verso fine estate del 1917. Si crede che non abbiano trovato molto che li potesse interessare commercialmente in quel periodo, cioè niente che potessero scambiare… certo, all’epoca non avevamo né televisione, né radio, cioè quello per cui abbiamo concluso l’accordo oggi; furono però affascinati da una tecnologia a cui non avevano mai pensato. Cioè, mm… i boomerang. Per qualche motivo ne hanno ordinati moltissimi. Quindi, in quel periodo niente altro li interessava a sufficienza. Per cui se ne sono andati subito a esplorare il mondo abitato più vicino”. Tacque per respirare. O chissà, forse intendeva afferrare il bicchiere, ma all’improvviso ricordò di averlo messo via poco prima, velocemente.

Frank Prezioso non poté fare a meno di emettere un fischio di apprezzamento.

“Le dirò.” Frank annuì tra sé, digerendo la notizia.” La storia avrebbe potuto essere molto diversa, credo” Scosse il capo. “Capisco il loro punto di vista. Arrivati nel mezzo di una guerra mondiale. Non è certo il miglior momento per fare affari, direi. Ah, poi c’è anche stata la Rivoluzione Russa; per buona misura. Mi chiedo se…”

“La loro tappa successiva”, lo interruppe il professor Walsh, “fu Terra Nova. Cioè proprio ACA7, come lo chiamano gli astronomi.”

“Ah? Che coincidenza. Aspetti, allora hanno concluso un trattato commerciale con i Centauriani? Ecco perché adesso è possibile leggere… “

 “L’influenza spagnola.”

 “Scusi?”

Il professore allargò le mani. “Vede, i Centauriani non avevano nessuna possibilità. Le ho già parlato della loro biologia? Ah, be’, un mio amico dice che sarebbero sicuramente stati molto vulnerabili a questo, ehm, cos’era? Il virus H1N1. Lo avevamo noi. Poi le comunicazioni… c’entrano anche quelle. Tecnologicamente si trovavano più o meno al punto in cui noi eravamo nel ventunesimo secolo; cioè, reti stradali a diffusione continentale, viaggi aerei veloci.” La voce sgradevole di Walsh si era trasformata in un sussurro, il che costituì un gradito cambiamento; a un ascoltatore abbastanza disattento, poteva sembrare che Walsh stesse combattendo con un brutto raffreddore, ma si trattava sicuramente di alcol. Il subconscio di Prezioso aveva ormai preso la sua decisione. Ha già avuto un infarto. Cavoli, non dovrebbe bere. “Un virus scatenato in una piccola popolazione be’, concentrata in piccole aree,” proseguì il professore in tono pedante.

Frank Prezioso chiuse gli occhi facendo una smorfia. Sì, lo aveva letto da qualche parte, dopo aver incontrato Walsh. Un mondo arido, simile a Marte che combatte un’era glaciale in arrivo. Piccole e belle città, raggruppate come in una foto di famiglia. Niente volo spaziale; il che non era servito a salvarli si direbbe. Quindi…

“Ma gli Xii”, sbottò. “Non hanno avuto…?”

“Vuol dire se non l’hanno preso? Una biochimica diversa, secondo tutti gli esperti. Trasmettitori eccellenti però. Scommetto che rimasero sul pianeta finché per loro non risultò più redditizio: immagino fino a quando i Centauriani iniziarono a morire in massa.”

Nel silenzio che seguì, Prezioso fece del suo meglio per combattere un inspiegabile senso di colpa. Un’intera civiltà, con la sua imponente architettura, le strade ancora in buone condizioni dopo due secoli di disuso, i suoi geroglifici, la letteratura. Una razza non umana ma decisamente umana; con i suoi sentimenti, le emozioni; gente che giustamente avrebbe potuto nutrire amore, speranze e sogni.

Ora era tutto scomparso.

Ma perché quel senso di colpa, si disse; mica è colpa dell’umanità! I colpevoli sono stati quei bastardi arroganti. Gli Xii, i mercanti spaziali che pensavano solo al profitto; che non sono nemmeno stati così onesti da informare gli stupidi umani che una delle loro malattie aveva spazzato un’intera razza sorella.

Però, se gli Xii avevano capito ciò che involontariamente avevamo inflitto ai Centauriani, che vantaggio avremmo avuto noi, se ce l’avessero detto? Non è stato forse un atto misericordioso averci lasciati nell’ignoranza? Gli Xii, al contrario di quel che si dice, almeno questa volta, non avevano forse agito anche loro per un senso di colpa?

Il suo pensiero improvvisamente andò in una direzione del tutto opposta. Infatti, a proposito di senso di colpa, Prezioso vide che il professore sembrava essersi addormentato. (Ma si sa che se i liquori promuovono una loquacità insolita, per contro tendono anche a produrre effetti opposti…) In ogni caso, l’uomo aveva gli occhi chiusi e si stringeva nelle braccia. Difficile credere che una creatura tanto petulante potesse soffrire debolezze come il senso di colpa, ma a volte i miracoli accadono. Ok, doveva chiederglielo.

“Suppongo”, disse l’agente con quello che sperava fosse il suo tono più dolce, “che fu in quel momento che lei ebbe, ah, i suoi problemi cardiaci? Voglio dire, quando ha capito ciò che, uh, abbiamo fatto ai Centauriani?”

Ci vollero un paio di tentativi per far riaprire gli occhi al professor Walsh e perché riconoscesse la persona a gli stava di fronte. “Niente affatto”, disse alla fine in un coraggioso anche se piuttosto pietoso tentativo di mostrare il suo solito tono arrogante. “Se lo vuole sapere per davvero”, disse facendo uno sforzo visibile, “è stato quando ho saputo di aver commesso un errore”. Si fermò per respirare, poi riprese a parlare in un sussurro. “La storia del cuore, per un errore. Sì, lo ammetto, ho fatto uno stupido errore. E mi ci è voluto fino a oggi per… “

Se davvero fosse stata una sbornia, decise Prezioso, il comportamento di Walsh ora appariva decisamente bizzarro. Già stava per chiamare l’assistenza medica di emergenza, quando il professore sollevò un dito. “Esiste, sì, la possibilità che io l’abbia perfettamente capito allora – e che invece mi sbagli adesso. Vorrei. Mi auguro proprio che sia così”, scosse il capo. “E invece no. I riferimenti, i dettagli: corrispondono tutti, tutti. Le date; circa duecento anni fa, quando gli Xii lasciarono Terra Nova per tornare qui un’altra volta. Ma chi mi crederà? Non mi credo io stesso, certe volte.” Ghignò. Senta, io sono sempre stato certo che The Tale Of T’ajj fosse letteratura, o il suo equivalente, insomma. E poi mi sono imbattuto in un altro testo. E poi un altro ancora…”

“Vuol dire che—”

“Voglio dire ciò che ho appena detto”, il professor Randolph J. Walsh lo guardò come se fosse uno studente più che moderatamente tardo, anche se la voce sprezzante si udiva appena. “Non è un testo letterario, non è finzione. È un documento, ecco cos’è. Una sorta di testo di saggistica. Forse un diario. È il resoconto degli eventi: un rapporto. Non so. Ma sicuramente non è una fiaba”.

L’uomo rabbrividì, in un modo che questa volta Frank Prezioso riconobbe di aver già visto non molto tempo prima. Come già quella volta, un fugace pensiero gli attraversò la mente perché questa non era decisamente la stagione per quel tipo di malessere. Si concentrò sulle parole di Walsh. A sua difesa, gli sarebbero serviti più minuti di quelli trascorsi per elaborare il quadro completo e non avrebbe dovuto farsi un giudizio sbagliato sulle facoltà intellettuali del professore.

Se Walsh aveva ragione, allora la professione di T’ajj avrebbe dovuto essere con ogni probabilità quella di scienziato, non di mago mitologico. E che cosa aveva giurato di fare T’ajj, nelle ultime righe della storia?

Quel che fosse, presumibilmente aveva pensato a qualcosa un milione di volte più letale di ciò che aveva distrutto il suo mondo, rimandarlo indietro per rappresaglia ai suoi nemici sconosciuti sarebbe stato facilissimo: gli sarebbe bastato usare gli stessi portatori della terribile malattia.

Il che era successo quando gli esseri erano tornati sulla Terra solo pochi mesi prima.

Magari Liz – un momento, lui l’aveva abbracciata quando l’aveva salutata quell’ultima volta, vero?

Ma sì… A quel punto il rispetto della scadenza col suo editore smise di essere la principale preoccupazione di Frank Prezioso.

 

Ricardo L. Garcia, © 2021
Traduzione Franco Giambalvo © 2021

Ricardo L. Garcia

Nato a L'Avana nel 1955 è uno degli autori che appartengono a quella che molti considerano l'età dell'oro della fantascienza nel suo paese natale, Cuba, gli anni '80. Abita nel Texas, e scrive di preferenza in inglese. Ha scritto numerosi racconti e due libri, TIME OF THE PHOENIX MAN (2013) e QUANTITATIVE FACTOR (2015).

2 Commenti

  1. Ricardo Luis Garcia

    Grazie mille!

  2. Umberto Genovese

    Fantastica storia!
    Una specie aliena fa una capatina sulla Terra e inconsapevolmente diventa … Beh, leggete il racconto, merita.
    Ah, dimenticavo. Il Genovese citato fra i grandi dell’intelletto umano sono io. Grazie amico mio!

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