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Arrivarono dalle Stelle

Arrivarono dalle Stelle

Circa quarant’anni fa, anno più anno meno, avevo scritto una sceneggiatura per un telefilm che doveva essere realizzato per la RAI. Si trattava di una storia che aveva un volontario omaggio a un film che io amo (Ultimatum alla Terra), tanto è vero che il protagonista era un giornalista che si chiamava come l’attore che ne era l’interprete: Michael Rennie e doveva essere interpretato da un mio caro amico come Luigi Vannucchi il quale era entusiasta della storia. Un altro protagonista era un alieno che io avevo chiamato “Caltoo”, voluto riferimento al “Klaatu” dello stesso film e, per corollare la storia, questo alieno doveva essere interpretato proprio dall’attore Michael Rennie che, a quel tempo, stava girando un film in Italia e che il caro Luigi aveva contattato per chiedergli se era disposto a tornare in quel ruolo e lui non solo ne era felicissimo perché tutti, spesso, lo chiamavano “Klaatu” ma soprattutto perché quello era il ruolo che lo aveva consacrato alla fama mondiale. Insomma il progetto sembrava andare in porto quando un dirigente della RAI lo bocciò perché la fantascienza non era un “genere interessante e seguito”. Oggi l’ho trasformato in racconto ed è un ricordo di tempi lontani. Lo ripropongo a voi solo ed unicamente come curiosità e come testimonianza astenendomi ai commenti sulla apertura mentale di quei tempi non del tutto dimenticati anche oggi… e non sarà la prima volta…

 

La notte si era trasformata in alba.

Un vento leggero aveva coperto il selciato con le foglie ormai ingiallite del doppio filare di alberi, che ancora cadevano pigramente e ondeggiavano, fino a posarsi a terra per poi scivolare via lentamente.

Le prime luci dell’alba si riflettevano sulle finestre dei grandi palazzi ancora silenziosi e addormentati e questo era lo scenario che Michael Rennie vide quando uscì di casa per recarsi al lavoro due isolati più avanti.

Il meraviglioso silenzio di una città ancora addormentata, il viale davanti a lui, l’alba di un giorno che prometteva il sole, lo colsero di sorpresa dopo una settimana di nuvole e di piogge.

L’aria era fresca e odorava del profumo del pane appena sfornato dal negozio lì vicino. Una macchina passò velocemente sollevando le foglie che, indifferenti, ripresero il loro nuovo posto sul cemento in attesa di altri brevi voli prima di essere portate via per sempre.

Michael era del tutto perso in quella scenetta che si svolgeva tutto attorno a lui, quando una mano gli si posò sulla spalla. Sussultò, si voltò e un uomo gli stava urlando qualcosa che non capì subito: aveva occhi spiritati e farfugliava qualcosa di incomprensibile. Il panico su quel viso, gli fece pensare di essere di fronte a un pazzo. Si ritrasse ma questi lo inseguì agitando le braccia.

«Si calmi, fermo! Cosa vuole?» disse a quel disturbatore con un tono che cercò di tenere sotto controllo.

Le parole, dette a voce alta, ebbero l’effetto di calmarlo almeno apparentemente e, indicando dietro di sé con un braccio, l’uomo gli rispose concitatamente:

«Aiuto! Aiuto! Arrivano! Arrivano! Arrivano!»

Poi guardò in alto verso i palazzi circostanti e urlò alzando di nuovo le braccia verso il cielo: «Ascoltatemi, arrivano… Arrivano!»

“Questo è pazzo da legare…” Pensò Michael e urlò a sua volta prendendolo per un braccio: «Cosa sta arrivando? … La smetta di urlare e mi risponda!»

L’uomo si voltò di scatto, il volto sudato esprimeva un terrore senza confini e gli rispose ma questa volta a voce bassa: «Ora toccherà a voi! Vi prego, anche voi siete in pericolo, io lo so, lo sapevo da sempre, vi prego, ascoltatemi… – Poi, riprese a urlare – È una cosa terribile, vi prego, toccherà anche a voi…aiuto…anche a voi…arrivano… arrivano…»

Corse via continuando a pronunciare frasi sconnesse e Michael ebbe solo il tempo di guardarlo mentre si allontanava, ma a quel punto fu quasi investito da un gruppo di persone, uomini e donne, che stavano fuggendo verso la stessa direzione.

«Siete tutti impazziti, che sta succedendo?»

Si fermò davanti a una donna che, a sua volta cercò di scansarlo, ma lui gli si pose di nuovo davanti e l’apostrofò: «Siete tutti impazziti? Cosa sta succedendo?»

«Mi lasci andare, scappi anche lei!»

«Da cosa dovrei scappare? Non la lascio andare se non mi spiega quello che sta succedendo!»

Lei gli rispose voltando il capo: «Sono atterrati, sono qui… Sono nel parco… sono qui!»

«Chi è atterrato? I Russi? Chi è atterrato?»

«I marziani, sono arrivati i marziani, sono qui!»

Lo stupore di Michael fu tale che lasciò la presa e la donna ne approfittò per fuggire. Lui rimase solo a guardare la gente allontanarsi gridando e i passi sul selciato si facevano sempre più lontani.

Michael rimase a guardare il fornaio che era uscito dal negozio e alcune finestre del palazzo di fronte che si erano aperte per poi richiudersi dopo poco.

Ora sembrava che non fosse successo niente: era tornato tutto tranquillo, silenzioso. Si udiva solo il leggero fruscio delle fronde degli alberi.

Michael guardò il fornaio, che lo scrutò a sua volta con aria interrogativa. Non poté fare altro che scrollare le spalle e questi gli rispose a sua volta nello stesso modo per poi rientrare in bottega.

Michael guardò nella direzione da cui erano arrivate correndo quelle persone, impaurite e spaventate da qualcosa di strano e misterioso e poiché, come giornalista, il suo mestiere era quello di essere curioso, si avviò da quella parte per cercare di capirci qualcosa.

Istintivamente pensò che qualunque cosa fosse accaduta il parco doveva esserne il diretto responsabile. Infatti, non era la prima volta che delle bande rivali si scontravano per il possesso di quell’ampia zona verde e lo testimoniavano, non solo le siringhe per terra, ma anche il cadavere di uno spacciatore accoltellato alcuni mesi prima.

Michael, si avviò percorrendo i duecento metri che lo separavano e non ci mise molto ad accorgersi che aveva visto giusto trovando lì un secondo gruppo di persone che gli voltavano le spalle e guardavano, immobili e muti l’ingresso del parco.

Nessuno si muoveva. Sembravano tutti impietriti, il viso verso qualcosa che doveva essere di fronte a loro. Al giornalista non fu difficile farsi strada in mezzo al gruppo, perché nemmeno sembravano accorgersi della sua presenza, ma dovette quasi scostarli a forza, fino a quando arrivò in prima fila e, contemporaneamente, davanti alla soluzione del mistero.

L’erba, in quell’autunno avanzato, non era alta e le piante avevano perso molte delle loro foglie, tranne i sempreverdi che si potevano vedere in fondo, dietro alla causa che aveva scatenato quell’ondata di panico e di curiosità.

Si trattava di un oggetto strano, stonato per quel luogo e lo sarebbe probabilmente stato in qualunque altro contesto. Eppure, quante volte il giornalista aveva visto qualcosa del genere nelle fotografie e nei filmati! Aveva perfino intervistato dei cosiddetti testimoni oculari e lui, adesso, era diventato uno di loro, in prima persona.

Sul prato, illuminato dal Sole autunnale che ne traeva bagliori metallici, c’era qualcosa di già visto, di misterioso, e incredibile, fermo saldamente sulle sue gambe metalliche, molto fuori posto in quel normale parco: la sagoma nota, misteriosa e incredibile, di un disco volante.

***

La stanza era arredata, per quanto ne poteva sapere, in uno stile raffinato e ottocentesco: una grande libreria, una scrivania ingombra di carte, una poltrona rivestita di pelle e altre due, più sobrie, sul davanti. Una lampada spandeva una luce soffusa perché le persiane alle finestre erano state abbassate.

C’erano due uomini in quella stanza. Uno seduto dietro la scrivania, i capelli grigi arruffati, l’aspetto stanco e invecchiato più della sua età, seminascosto nella penombra che guardava il suo giovane interlocutore di fronte a lui. Costui, in quel momento si stava accomodando su una delle due poltrone con in mano un registratore spento che appoggiò sul ripiano.

L’uomo alla scrivania domandò con voce fiacca e strascicata:

«Così, lei e Michael Rennie. Finalmente ci conosciamo dopo tutto questo tempo.»

La voce aveva un tono stanco e quando si sporse in avanti mostrando completamente il viso, Michael notò quanto fosse evidentemente invecchiato in un solo un anno dagli ultimi avvenimenti. Ne rimase sorpreso e si limitò a annuire con il capo.

«Posso offrirle qualcosa da bere, signor Rennie?»

«No, ma la ringrazio Senatore.»

Il viso del Senatore ritornò nella penombra e la sua voce assunse un tono più deciso, quasi un ricordo di quello usato nelle vecchie battaglie politiche di un tempo.

«Lasci quel registratore qui, accanto a me, spento, perché quello che le dirò dovrà essere solo per lei. Potrà poi farne l’uso che riterrà più opportuno, se questo le sarà concesso…  Ora, – intreccio le dita sulla scrivania – è proprio sicuro di volere sapere come sono andate le cose, qualunque siano poi le conseguenze?»

Il giornalista esitò un attimo prima di rispondere, ma poi esclamò sorpreso:

«Il fatto che lei, Senatore, mi ponga questa domanda implica che davvero qualcosa sia veramente accaduto.»

«Non ho alcuna difficoltà a confermarglielo, signor Rennie. Vede, ormai siamo rimasti veramente in pochi a essere a conoscenza dei fatti, in un modo o nell’altro stiamo scomparendo e se lei verrà a conoscenza del segreto più segreto della Terra, non solo potrebbe non sopportarlo, ma questo, per lei e per le persone che le sono vicine, potrebbe essere molto pericoloso.»

«È qualcosa di così terribile?

Lui annuì in risposta e Michael lo comprese quasi senza vederlo:

«Non solo lo è, ma lei stesso, sapendolo, potrebbe correre un serio pericolo per la sua incolumità…  Anzi, questo è certo perché, vede, il sapere sa anche essere pericoloso.»

«Che tipo di pericoli? Da parte di “Loro”?»

L’uomo si sporse di nuovo in avanti: sul suo volto aleggiava un sorriso tra il triste e l’amaro:

«Quello sarebbe il meno…  Non da loro, comunque. Sa qual è il maggior pericolo per l’uomo?»

Il giornalista non rispose. Allora il Senatore aggiunse in tono quasi trionfante:

«Proprio non lo sa? Ma è semplice Rennie: l’uomo stesso! – Poi aggiunse cambiando il tono della voce: – Ma lasciamo stare queste chiacchiere inutili e, mi dica seriamente. Vuole veramente sapere?»

«Assolutamente sì, Senatore.»

«Per poi pubblicare quanto le dirò?»

«Certamente. Ho tutte le intenzioni di farlo!»

Il senatore socchiuse gli occhi, sospirando, poi li riaprì e aggiunse:

«Non le sarà consentito, ne sono sicuro, ma d’altra parte il solo fatto di essere qui da me costituisce un grave precedente e io a mia volta, visto che lei è adulto e responsabile e ne accetta tutti gli eventuali rischi, sarà una benedizione liberarmi da questo incubo per cui mi ascolti.»

Appoggiò la schiena sulla poltrona e la sua voce invase la stanza, lenta, triste ma decisa.

«L’inizio della storia è noto a tutti. Non stiamo a ripeterci, ricordiamo solo l’atterraggio del disco volante proprio a due passi da casa sua e l’uscita dei quattro spaziali, va bene? Partiamo da qui, D’accordo?»

«Va bene. Non ci fu consentito riprenderli da vicino. Indossavano casco e tuta ma sembravano molto simili a noi. Dico bene?»

«Glielo posso confermare: erano identici a noi, questo glielo posso convalidare anche se questo aspetto della faccenda è stata una cosa ampiamente avvalorata da tutti.»

«Allora, Senatore, perché non ci è stato concesso di prendere fotografie né prima né dopo?»

«Perché prima indossavano dei caschi schermati e dopo, quando se li tolsero, era troppo tardi… Comunque, anche se non so dove siano, le fotografie sono state fatte… ma era troppo tardi… Mi lasci andare avanti con il racconto, la prego.»

«Certo, mi scusi.»

«Quello che lei vorrà sapere fu detto nell’incontro tenuto con loro nella villa del senatore Marlowe, scelta perché era la più vicina al luogo dell’atterraggio e, prima di fare una dichiarazione pubblica davanti a tutti i popoli della Terra, volevano parlare con tutti i capi di stato che fosse possibile incontrare in tempi brevi, per evitare che la loro visita potesse essere scambiata per ostile. Per cui mobilitammo le ambasciate di vari paesi in modo che fosse presente il maggior numero di rappresentanti.»

«Come mai tutta questa fretta?»

«Da quello che abbiamo capito le “onde cosmiche” la forza che li fa viaggiare nello spazio, non sono sempre allineate e possono passare anni prima di poterle riattraversare, come nel nostro caso. Quindi la riunione venne tenuta in gran fretta con i delegati delle maggiori nazioni del mondo e l’incontro sarebbe stato divulgato subito dopo… In pochissimo tempo fu tutto organizzato e i nostri ospiti tornarono sul loro disco in attesa di una nostra chiamata, che avvenne il terzo giorno dal loro arrivo…

***

Il luogo della riunione era una stanza di grandi dimensioni dove erano stati tolti tutti i mobili per far posto a una ventina di sedie e a un soppalco allestito per l’occasione. C’era un tavolo con i microfoni e, tutto intorno, il segretario alla difesa Hugh Marlowe con i quattro viaggiatori spaziali che fissavano il pubblico.

Erano senza casco, tre uomini e una donna bionda apparentemente giovane come sembravano esserlo tutti quanti loro ed erano assolutamente non distinguibili dai normali terresti con i quali avrebbero potuto mescolarsi tranquillamente senza essere notati. La Casa Bianca aveva allestito, in tempi brevissimi, uno studio televisivo con una serie di registratori e il tutto era in funzione mentre la sala si era riempita in pochi minuti con gli invitati all’incontro. Tutti dovevano esibire all’ingresso uno speciale permesso che veniva poi fatto passare per un controllo su una macchina segnalatrice. Attorno e dietro gli invitati, c’erano degli agenti speciali e l’ingresso alla villa e l’ampio giardino erano pattugliati dagli uomini dell’F.B.I.

Dopo un breve intervento di presentazione, il Senatore Marlowe lasciò immediatamente la parola ai viaggiatori dello spazio presentando il loro portavoce il cui nome era “Caltoo,” un giovane che sembrava non avere più di trent’anni: capelli neri, alto e robusto. Costui si alzò in piedi dopo aver osservato attentamente gli intervenuti e aver rivolto una breve occhiata ai suoi compagni.

Indossava una inequivocabile combinazione di volo di colore blu scuro mentre gli altri ne avevano tre di diversi colori che, forse, indicavano le loro specifiche funzioni. Aveva una voce era stentorea e priva di una qualunque inflessione, il tono era neutro ma non certo ostile, anzi lo si poteva definire quasi gentile e fermo e, con un gesto molto umano, si schiarì la voce e cominciò a parlare:

«Prima di tutto – esordì – lasciate che vi ringrazi a nome mio e dei miei compagni, della gentile accoglienza che ci avete riservato. Il mio nome è “Caltoo” e sono quello che voi chiamereste il comandante della nostra astronave. La nostra missione qui è forzatamente breve, per il momento, ma seguiranno altri momenti in cui potremo restare tra voi il tempo di rispondere alle vostre logiche domande. Ma, per ora, vi prego, limitatevi ad ascoltare perché questo primo incontro per noi e per voi è d’importanza vitale e questo perché siamo giunti qui per spiegarvi chi siamo…  e chi siete… L’essere umano è un seme che si sparge nell’universo, un polline che si deposita da pianeta in pianeta lasciandovi vita e intelligenza, così come noi la conosciamo ed ecco perché il vostro seme è lo stesso nostro seme. Le nostre strade si divisero millenni fa, quando questo mondo era agli albori della sua vita, non come è ora, domato, controllato e in gran parte sfruttato e inquinato, era un mondo selvaggio di violenza e di fumo, di terremoti, di vulcani e di condizioni climatiche quasi insostenibili, un mondo nel quale bisognava lottare per la sopravvivenza, era comunque il vostro mondo, il pianeta che vi era stato assegnato perché la Terra era, come voi la definireste con i vostri termini… una colonia penale!»

***

Michael si alzò dalla sedia e guardò il Senatore, lo sguardo esprimeva angoscia e stupore:

«Una colonia penale!»

Il tono amaro dell’uomo politico si aggiunse allo sbalordimento del giornalista.

«Esattamente, Rennie, e non fu la sola rivelazione che ci diedero. Questo pianeta, ai suoi primordi, non era che una sorta di prigione a cielo aperto dove venivano deportati gli assassini, i tiranni assetati di potere, i criminali contro l’umanità, la feccia peggiore della loro umanità sparsa su vari mondi e il Pianeta Terra era, a quell’epoca una delle prigioni che orbitavano nello spazio.»

«Ma perché proprio la Terra?»

«Le ho già risposto, la sua è una domanda oziosa. Poteva essere un altro pianeta ma a quel tempo, si parla di millenni fa, il nostro mondo offriva possibilità di vita a prezzo di sacrifici per riuscire a sopravvivere. Forse, quel mondo selvaggio avrebbe vinto sui deportati, ma chi fosse sopravvissuto avrebbe avuto una lezione di vita e si sarebbe salvato attraverso le generazioni future. Questo non le dice nulla?»

«Certo che me lo dice! – Sbottò Michael – Mi dice che di tutto questo doveva essere informata la Terra.»

«Non credo sia affatto facile dire ai popoli di questa Isola del Diavolo cosmica che era la patria di carcerati stellari, non subito, almeno, e fu impossibile farlo dopo…»

«E perché mai?»

«Lo capirà tra un momento perché Caltoo, continuo il racconto e fece una seconda rivelazione ben più sconvolgente che molti di noi temevano di aver già compresa prima ancora che lui la esprimesse chiaramente:

«… e voi siete i loro discendenti.»

«Quindi, prenda atto anche di questo, Rennie, le servirà per comprendere, anche se, credo che non le sarà facile capire quello che avvenne in seguito.»

«Che è successo?»

«Il male – continuò Caltoo – era radicato nelle più profonde radici. I vostri, i nostri avi in realtà, vivevano, ricordavano e odiavano. Quindi dovevano, anzi dovevate cancellare questo odio, questo vostro insano desiderio di distruzione verso di voi e il mondo che vi avrebbe ospitato, superare con l’evoluzione questo ostacolo per potervi trasformare e vivere senza armi né armati. Liberi di potervi dedicare a attività più proficue. Costruirvi una nuova esistenza, dimenticare e ricostruire con le vostre forze e la vostra intelligenza un nuovo futuro per le prossime generazioni, dimenticando e facendovi dimenticare quello che erano stati i vostri avi. Ripercorrendo con animo diverso la scala del progresso e avere un giorno, come altri prima di voi, la possibilità di potervi finalmente riunire con noi. Se foste riusciti in questa impresa, usando la vostra intelligenza e le vostre capacità, tipiche della nostra razza, sareste stati accolti da noi. Le foglie dello Sterminato Albero della Vita le cui radici affondano nel Cosmo, avrebbe unito i vostri progenitori con gli uomini sparsi per l’universo, stelle e pianeti. L’umanità è una, anche se innumerevoli sono le sue forme. Noi volevamo aspettarvi da amici, come erano i vostri progenitori e ora saremmo stati i vostri fratelli dello spazio… Ma avete fallito e state ulteriormente non solo regredendo tra guerre inutili e sanguinarie ma state distruggendo il mondo che vi è stato dato. Ora dovremo decidere su due opzioni: ricreare sulla Terra i primordi del vostro passato per un’ulteriore prova e, come la volta precedente, creeremmo i residui di un passato che col tempo voi crederete autentico. Ogni traccia di generazioni passate verrà totalmente cancellate e quindi renderemo, per la seconda volta fertile la vostra Terra. Oppure sarete confinati nel vostro sistema solare ai limiti estremi di questa galassia per sempre fino alla fine di ogni esistenza. Potete scegliere come arredare la vostra prigione nel passato o come mantenerla per il futuro. Noi attenderemo una risposta: la decisione spetta a voi.»

***

«Lei vuole dire che… fantastico, incredibile!»

«Non ho ancora finito, Rennie. C’è altro da dire. Per tutto questo tempo, dall’inizio della deportazione e lo sviluppo di intere nuove civiltà, ci seguirono e ci vegliarono come una madre alle prese con un pargolo troppo vivace, ci corressero sperando di farci capire dove potevamo sbagliare, ci tolsero e ci diedero le guerre e la pace a seconda delle opportunità di una o delle altre. Ci diedero religioni e filosofie in modo che attraverso esse potessimo crescere e maturare. Ci diedero una tecnologia per vedere come la usavamo e degli scienziati che ci fornissero nuove idee, ci diedero predicatori e un Messia…»

«Con questo cosa vorrebbe dire?»

«Quello che ha capito. Ci avrebbero dato geni illuminati come Pitagora, Leonardo da Vinci, Einstein, Von Braun e tanti altri come Maometto, Gesù, i cosiddetti geni che noi onoriamo ancora oggi, molti erano i nostri cari progenitori che seguivano questo Homo, giudicato Sapiens, ma nel nostro caso Vastans e che si credeva il re del pianeta e l’imperatore dello spazio. Caltoo stava finendo il suo discorso davanti a una platea attonita che si divideva tra lo stupore e la rabbia. Io ero tra quelli che avevano a malapena digerito quello che era stato detto e mi dividevo, a mia volta, tra lo stupore e la rabbia e osservavo i volti degli altri dai quali traspariva l’angoscia, la paura, la rabbia e un odio mortale. Poi il mio sguardo cadde su uno degli agenti che stava passando e ripassando nervosamente la sua mano sul calcio della pistola di ordinanza, mentre lo spaziale si avviava verso la fine del discorso.

***

«Anche da noi, nel nostro mondo, vennero o nacquero profeti e scienziati e da lì abbiamo imparato come comportarci, ma da noi è avvenuto casualmente e nessuno li ha mandati. Noi abbiamo imparato e capito il bene che essi hanno fatto e abbiamo pensato di usarlo per, diciamo, far entrare nel nostro animo i nostri fratelli, come siete voi. Controllavamo i vostri progressi, i vostri regressi, correggevamo dove era possibile farlo, intervenimmo solo quando era strettamente necessario e urgente e molti dei vostri miti positivi o negativi erano nostri emissari che dovevano compiere un incarico specifico per mantenere la Terra e voi, quindi, nella giusta direzione e che ci permettesse di accogliervi tra noi. Un intervento opportuno al momento giusto in modo da guidarvi verso la direzione dove dovevate essere guidati. Abbiamo seguito i vostri passi, i vostri primi passi, i vostri tentativi, i vostri sogni, i vostri fallimenti e i vostri successi. Ora dovrete decidere quale strada seguire. Aspetteremo una vostra risposta. Concludo dicendovi che siamo veramente spiacenti di non poter accogliere la vostra stirpe, ma alcuni di voi, pochi purtroppo, hanno capito che stavate sbagliando e nemmeno con il nostro aiuto il vostro popolo ha capito che stavate andando verso la distruzione quindi non potevamo fare altro. Forse, la prossima volta, se sceglierete questa strada e visti dei risultati che ci fanno sperare, potremo avervi con noi per sempre.»

***

Il volto del Senatore era uscito dall’ombra, la sua mano destra, chiusa a pugno, era appoggiata sulla scrivania e tremava e il volto era contratto dalla rabbia quando si rivolse al giornalista:

«Capisce l’importanza di tutto questo, Rennie? Il mito di Adamo, il Paradiso Terrestre, l’Eden dal quale fummo scacciati. Non mi stupirei se il loro pianeta avesse questo nome, i mitologici Signori della Fiamma, gli dèi che abbiamo venerato, le nostre religioni, le nostre scoperte, i nostri sogni… tutto, proprio tutto dipendeva da loro! Eravamo, anzi siamo, marionette nelle loro mani… che magnifica lezione di umiltà per l’uomo! Per secoli ci siamo arrampicati sugli alberi quando i nostri avi erano degenerati nella barbarie e loro ci osservavano, ci guidavano aspettando che i nostri figli e le generazioni future scontassero il nostro peccato mortale del quale loro non avevano colpe. Noi nascevamo, morivamo e nel breve intervallo vivevamo mentre loro…»

«Loro? …»

«Sono quasi immortali… hanno una vita molto ma molto più lunga della nostra e anche questo momento di effimera eternità erano disposti a donarcelo, ma non ora, non questa volta. O tornare nuovamente indietro o restare imprigionati per sempre nel nostro Sistema Solare e ora chissà cosa accadrà.»

Michael si alzò dalla sedia e pose le mani sulla scrivania chinandosi verso il suo interlocutore:

«Perché, cosa avvenne dopo?»

***

La pistola fumante cadde dalle mani dell’agente che, con gli occhi sbarrati, osservava la scena mentre, crivellato dai colpi dei suoi colleghi, stramazzava a terra.

Tutti si erano alzati in piedi al rumore degli spari, alcuni degli ospiti si erano gettati a terra, altri avevano scaraventato al suolo le sedie per raggiungere un varco verso l’uscita…

Sul podio cinque corpi senza vita, compreso quello del Senatore Marlowe. Nemmeno i quasi immortali possono evitare una morte violenta.

***

«Ecco quello che avvenne dopo. I militari continuarono a sparare su quel corpo immobile fino a che non divenne un ammasso di sangue e di carne, ma il danno era già stato fatto. Io fui tra i pochi che si avvicinarono a quei corpi sul podio e constatai che i colpi di quel pazzo erano stati precisi e mortali. Solo la donna respirava ancora e i suoi occhi blu erano spalancati su quello che credevo essere il nulla; invece, mi vide e allungò una mano afferrandomi un braccio, mi avvicinai a lei e, con un ultimo sforzo mi disse qualcosa…  poi i suoi occhi si spensero e il respiro si fermò per sempre.»

Rennie era ancora fermo davanti al Senatore e lo guardava tra lo stupore e il disgusto.

«Pazzo… – Esclamò con un groppo alla gola. – Doveva essere impazzito!»

Il Senatore alzò il viso e gli piantò due occhi che sembravano essere diventate due fessure:

«Non saprei dirlo. – Rispose. – Però, personalmente, non credo sia difficile da capire…»

«Lei dice? Allora provi a spiegarmelo!»

«Rennie, lei non li ha sentiti parlare, ma io sì… o meglio: mi sono bastate le parole e il tono di supponenza malnascosta che c’era in quello che Caltoo diceva. Sembravano dei principi scesi con altezzoso ritegno dal trono per tenderci la mano con gesto pietoso, una mano a noi che razzolavamo nella merda a causa loro e non certo per colpa nostra. Tanta fatica, tanti sogni, tante speranze per sapere, alla fine che eravamo osservati, spiati e controllati da loro. Noi lottavamo con forza, determinazione e anche stupidità e ferocia, ma ci credevamo liberi di poterlo fare e anche di sbagliare… tutti i tentativi, i sogni, le delusioni, il bene e il male, insomma tutto di noi era costantemente osservato e controllato. Niente speranze, niente libero arbitrio! Il disco volante fu portato in un luogo segreto e sicuro, non so dove, ma so che non sono ancora riusciti a entrarvi e i quattro corpi furono sottoposti a una autopsia e poi bruciati e le loro ceneri furono disperse al vento, ma non era finita perché fu imposto il segreto più totale sull’accaduto, ma ci fu chi non resistette al ricordo e alla paura e si suicidò e chi cercò di divulgare l’accaduto scomparve misteriosamente in altrettanti misteriosi incidenti… Ecco perché lei non potrà mai pubblicare questa storia: il mondo non dovrà mai sapere quanto è presuntuoso e idiota sia l’uomo, da qualunque pianeta o galassia giunga!»

 «Ma loro torneranno…»

«Fu quello che mi sussurrò la donna poco prima di morire, almeno penso, perché disse due sole parole… Disse: Avete deciso… Qualunque cosa volesse sottintendere, ma penso che ora, con quello che è accaduto, abbiamo anche noi, oggi, le nostre colpe. Nella migliore delle ipotesi torneremo a grattarci le pulci sugli alberi e chissà se questa volta saremo degni di svolazzare tra le galassie.»

«È spaventoso!»

«E questo è tutto. e ora mi dica: cosa le è servito sapere? È meglio che il mondo non sappia il destino che lo attende, qualunque esso sia e che possa vivere in pace questo suo ultimo periodo nell’attesa della sentenza che, prima o poi, ci sarà. Questa sera noi abbiamo firmato la nostra condanna a morte. Lei per aver saputo quello che non doveva sapere e io per averglielo detto!»

«È da vedersi!»

Il Senatore sospirò e guardò quasi con simpatia il giornalista.

«Rennie… Michael… Lei lo sa benissimo: siamo uomini e commettiamo errori e ci piace tanto potervici rotolare sopra fino a che non ce ne siamo imbrattati fino alla radice dei capelli…  Lei sa cos’è la Teoria del Grande Filtro?»

«Ne ho solo sentito parlare, sembrava interessante, ma non ho mai avuto il tempo di occuparmene.»

«Io non sapevo nemmeno che esistesse e ho dovuto farmelo spiegare. Detto in maniera semplice il grande filtro che è stato definito da un economista americano di cui non ricorda il nome, sarebbe una specie di barriera che renderebbe difficile, se non impossibile lo sviluppo di civiltà extraterrestri durevoli nel tempo. Lui ha ipotizzato che il nostro fallimento nel poter trovare o incontrare civiltà extraterrestri nell’universo, almeno fino a dove lo abbiamo potuto osservare, avrebbe una precisa ragione e cioè un errore all’interno delle varie teorie scientifiche secondo le quali sarebbe probabile e la logica conseguenza che su un pianeta possa svilupparsi una vita intelligente avanzata. Il “Grande Filtro” sarebbe l’ostacolo che una qualunque civiltà senziente si sarebbe trovata o si troverà davanti nel suo percorso e questo ostacolo è stato definito “Il Grande Filtro” il quale ridurrebbe il numero di luoghi dove la vita intelligente potrebbe formarsi riducendosi a un piccolo numero di civiltà avanzate attualmente osservate. Fino a questo momento, però, ne conoscevamo solamente una, quella umana, adesso dovremo parlarne di un’altra, anche se, in fondo è sempre la stessa, ma i nostri amici dello spazio hanno parlato di altre forme di vita. Questo Filtro, che potrebbe trovarsi nel nostro passato o nel nostro futuro, potrebbe funzionare come una barriera all’evoluzione della vita intelligente, oppure come un’alta probabilità di autodistruzione. La principale conclusione di questa teoria è che, tanto più è stato facile per la vita evolversi fino al nostro stadio presente, tanto più sono scarse le nostre possibilità di sopravvivere in futuro e questo sarebbe una spiegazione al Paradosso di Fermi.»

«Nel nostro caso sono loro che stanno facendo “Il Grande Filtro”, solo che Caltoo e i suoi amici lo hanno superato e si sono messi a fare i giudici e i custodi verso i loro stessi simili. Troppo facile lasciare che le cose restino così.»

«Non possiamo farci nulla.»

«Questo lo dice lei. Farò pubblicare tutto!»

«Lei non arriverà vivo al suo giornale!»

«Vorrebbe fermarmi?»

Il Senatore annuì e una pistola apparve nella sua mano.

«Devo farlo – rispose – e poi se non ci penso io ci penserà qualcun altro. Non si muova, ho ancora qualcosa da dirle… Ecco stia fermo così. La mia casa è sorvegliata, così come quella di altri testimoni. Lei diffonderebbe il panico tra la gente e tutto questo non servirebbe a nulla. Lo sa benissimo mentre se ci limitiamo a aspettare può darsi che le cose cambino… non so se sia possibile, ma è l’ultima chance che abbiamo e, se ci pensa, lo sa benissimo anche lei… e non mi tiri fuori la vecchia storia trita e ritrita del dovere d’informazione. Questo sarebbe solo un genocidio. Stiamo mandando nello spazio messaggi di scuse e non sappiamo se li riceveranno, ma dobbiamo provarci. Si renda conto che non posso mandarla via.»

«Quindi vorrebbe uccidermi affinché io non diffonda tra la gente che un grave pericolo ci sta minacciando, una condanna?»

«Gliel’ho già spiegato, non solo non servirebbe a nulla, ma il suo destino, appena fuori di qui, è già segnato.»

«Capisco –rispose Michael – se lei mi uccide salverà la sua, di pelle.»

L’uomo politico scosse la testa.

«No, amico mio. Io non intendo vivere con questa spada sopra la mia testa e ormai sono vecchio e su questa situazione né io né lei possiamo farci nulla e non voglio nemmeno più saperne nulla: Chiudiamola qui e sarà una cosa rapida, anche perché gli “altri” là fuori non sarebbero stati altrettanto gentili con lei. Mi perdoni, se può.»

***

Nella notte appena iniziata e sotto i raggi di una Luna piena, uno sparo ruppe la pace del luogo, seguito subito dopo da un altro, mentre una macchina varcava il cancello e si fermava davanti all’ingresso della casa, ora deserta, di un vecchio senatore…

Vanni Mongini
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Tra i maggiori specialisti mondiali di cinema SF (Science Fiction) è nato a Quartesana (Fe) il 14 luglio 1944 e fino da ragazzino si è appassionato all'argomento non perdendosi una pellicola al cinema. Innumerevoli le sue pubblicazioni. La più recente è il saggio in tre volumi “Dietro le quinte del cinema di Fantascienza, per le Edizioni Della Vigna scritta con Mario Luca Moretti.”

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