2 – La luna con gli occhi della Fantasia
Capitolo I:
La Luna è una buona maestra
“La prima impressione è una grande desolazione fino all’orizzonte…e poi c’é il silenzio. Dal momento che qui non esiste aria, gli unici suoni che possiamo sentire sono le voci delle nostre radio. Il cielo è nero… una grande distesa di velluto nero sul quale brillano le più belle e radiose stelle che si siano mai viste. E in alto, sopra le montagne ed i picchi lunari, si vede benissimo il disco della madre Terra, molte volte più grande e splendente di quanto non appaia la Luna dal nostro pianeta. Vedo quasi tutto l’emisfero occidentale e mi pare di capire che dovrebbe esserci l’alba su San Francisco. Qui invece è pomeriggio e durerà ancora per altri due giorni…“
Uomini sulla Luna (Destination Moon) di Irving Pichel- 1951
La Luce nella Notte Buia
Il sogno di un’umanità intera si avvera nella fantasia quando, sugli schermi di tutto il mondo esplode la più grande avventura dell’uomo, il primo passo verso l’ultima frontiera, immensa ed infinita come lo sono i sogni degli esseri umani.
Quasi vent’anni prima il genio del produttore George Pal porta sugli schermi, grazie all’accorta regia di Irving Pichel, il film “Uomini sulla Luna” (Destination Moon). Il sogno, come sempre, sarà più bello della realtà anche se quella notte del luglio del 1969 giace dimenticata nella frenesia di una vita moderna che non ha soste.
Come il suo più lontano cugino, Marte, e ben più di lui la Luna ha avuto un ruolo importante non solo sulle credenze umane, ma lo ha avuto e lo ha persino oggi, sulla nostra esistenza e fu addirittura l’artefice della evoluzione della vita sulla Terra.
Sulle ali di una fantasia che costituisce ancora oggi il potere più grande e più libero nelle mani dell’uomo abbiamo viaggiato verso il nostro satellite, lo abbiamo esplorato, lo abbiamo combattuto, lo abbiamo pure distrutto.
Nel campo della letteratura il primo esempio ci fu offerto da Luciano di Samosata con l’Icaromenippus e La Storia Vera, opere che furono scritte nel II secolo a.C. e che trattano di un viaggio immaginario sulla Luna.
Il tema era destinato però a diventare popolare solo nel Seicento, quando ci fu l’invenzione del telescopio che rese palese al pubblico e alla gente quello che prima non si era capito e che divenne oggetto di parecchie speculazioni anche ridicole. Si disse che la Luna fosse un pianeta abitabile, che poteva essere raggiunto attraverso un qualche trasporto attraverso l’aria.
Sullo schermo tutto è cominciato nel 1902 con il pioniere del cinema fantastico George Méliès, passato alla storia anche come il primo creatore di effetti speciali, il quale realizza e gira il suo ormai storico “Voyage dans la Lune” ispirandosi sia a Jules Verne che a Herbert George Wells.
Racconta il viaggio di un gruppo di scienziati sparati sul nostro satellite con un proiettile-astronave che si abbatte su un occhio della Luna. I seleniti, erano interpretati da acrobati delle Foliés Bergeres, le costellazioni con il volto di uomini e donne, sono immagini oggi consegnate alla storia e diversi furono i registi che lo imitarono, primo fra tutti fu il film del 1908 “Excursion dans la Lune” di Segundo de Chomón che fu un rifacimento scena per scena del capolavoro di Méliès.
Enrico Novelli, in arte Yambo, (Pisa, 5 giugno 1876 – Firenze, 29 dicembre 1943), è stato un giornalista, illustratore, scrittore e autore di fumetti italiano, noto soprattutto per i suoi libri per ragazzi.
Grazie alla sua produzione fantastico-avventurosa, pubblicata soprattutto nelle riviste, è considerato inoltre uno degli anticipatori della fantascienza in Italia. Suoi sono anche romanzi come Dalla Terra alle Stelle. Viaggio attraverso l’infinito, L’atomo, La Colonia Lunare. (Storia di un’ipotesi), Un Viaggio al Centro dell’universo Invisibile, Viaggi e Avventure attraverso il Tempo e lo Spazio, L’allevatore di Dinosauri ovvero L’uovo di Pterodattilo, Luna, paese incomodo.
Un’antologia come: Si può andare nella Luna? E anche un film cortometraggio muto da lui scritto, diretto e interpretato e che può rappresentare l’esordio del cinema italiano nella fantascienza, questo se si esclude “Viaggio al Centro della Luna” di Mario Caserini, una pellicola muta del 1905 della quale però non si sa nulla.
Torniamo a “Un Matrimonio Interplanetario” del 1910. La trama ha i toni della commedia: Un astronomo scopre che sul pianeta Marte c’è la vita ed è particolarmente interessato ad una forma di vita che si chiama Yala, figlia di un astronomo di Marte. Finalmente il nostro innamorato riesce a farle avere un messaggio d’amore e la bella marziana gli risponde che anche lei lo ama. Il padre della fanciulla dà il suo consenso alle nozze a condizione che ci si possa incontrare tra un anno esatto sulla Luna, per cui il nostro astronomo, imitando il buon Verne, si fa sparare nello spazio e atterra sul nostro satellite giusto in tempo per l’appuntamento. Il matrimonio viene quindi celebrato da un prete marziano mentre alcune ragazze selenite ballano felici.
La prima grande opera di sapore avveniristico ambientata sul nostro satellite la si deve al genio creativo di Fritz Lang nel 1928 con “Una Donna sulla Luna” (Die Frau im Mond).
Il film si avvalse della consulenza tecnica di uno dei padri della missilistica: Hermann Oberth che, affiancatosi a Willy Ley, cercò persino di costruire un razzo di prova che doveva servire come lancio pubblicitario della pellicola.
Il film, preciso e quasi didattico nella sua prima parte, diventava avventuroso ma ingenuo nella seconda, dove gli astronauti trovavano aria e oro sulla Luna e questo scatenava la brama di ricchezza di uno dei componenti. In realtà è stata tagliata la scena dove venivano trovate tracce di una scomparsa civiltà selenitica; eppure ancora oggi, a ottant’anni dalla realizzazione del film, tutte le fasi della partenza del gigantesco razzo stupiscono per la loro imponenza.
Nel 1936 abbiamo una curiosa e inedita pellicola sovietica intitolata: “Kosmicheskij Rejs, conosciuto anche come “Kosmicheskiy Reys”, o con il titolo internazionale “Cosmic Journey“ un inedito di Vasilij Zhuravliov.
La storia si dipana attorno al viaggio di uno scienziato di nome Pavel il quale, contro tutte le opinioni contrarie, costruisce un razzo spaziale e scopre sulla Luna una sorta di profezia tecnologica. La cosa più interessante di questo film è che, così come avvenne per Hermann Oberth e “La Donna sulla Luna”, fu chiamato a collaborare con la produzione l’autore del romanzo da cui è stato tratto il film. Si trattava nientemeno che di un famoso scienziato, scrittore, divulgatore il cui nome è passato alla storia: Konstantin Tsiolkovsky che fece da consulente scientifico disegnando più di trenta progetti del razzo che si vede nella pellicola.
Brick Bradford è un fumetto di fantascienza ideato nel 1933 da William Ritt (testi) e Clarence Gray (disegni). In Italia, per diversi motivi, Brick Bradford venne tradotto con diversi nomi, tra cui Bruno Arceri, Guido Ventura, Giorgio Ventura, Guido Delani, Antares, Marco Spada e Bat Star. Fu pubblicato sia su L’Avventuroso che su L’Audace.
Arrivò al cinema nel 1947 con serial in 15 episodi intitolato appunto “Brick Bradford” con la regia di Spencer C. Bennett e Thomas Carr.
Brick Bradford è assegnato dal governo per aiutare il dottor Gregor Tymak, scienziato e inventore che sta lavorando a un “Raggio Intercettatore” che può distruggere i razzi in arrivo. Purtroppo, può anche essere usato come un raggio della morte e, proprio per questo motivo, dei criminali sono molto interessati al progetto. Tymak usa la sua porta dimensionale nella quinta dimensione per sfuggire alla banda portandosi dietro la propria invenzione. Si trova così sul lato opposto della Luna, dove fortunatamente c’è l’aria ed è un terreno roccioso senza crateri. Viene però catturato e condannato a morire per congelamento nello spazio a zero assoluto dalla Regina Khana despota della Luna, perché non crede che sia giunto dalla Terra.
Il raggio, per funzionare, richiede un elemento speciale chiamato Lunarium trovato, per il momento, soltanto in un meteorite. Grazie all’intervento di Brick Bradford lo scienziato viene liberato. Tuttavia, il dispositivo richiede, per funzionare, un’ulteriore formula che è scritta su una vecchia mappa del diciassettesimo secolo, ragion per cui Brick ed il suo amico Sandy tornano indietro nel tempo per recuperarla. Giunti nel presente non resta che sconfiggere la banda di criminali che vogliono impossessarsi dell’arma ora completa e poi tutto torna come deve essere.
Quando, nel 1950 apparve poi lo spettacolare film di George Pal, il già citato “Uomini sulla Luna” (Destination Moon) fu un successo internazionale e la dimostrazione di come il film di fantascienza, al di là della indubbia spettacolarità della pellicola diretta da Irving Pichel, potesse anche trasmettere un messaggio alla portata di ogni tipo di pubblico.
Il film, rappresentante un viaggio sulla Luna secondo le conoscenze dell’epoca, fu realizzato non senza fatica da George Pal che dovette combattere strenuamente contro i produttori i quali, a un certo punto, volevano farne un musical e non capivano l’intenzione del regista e del genio ungherese. Pal, al contrario, voleva realizzare una pellicola credibile, il più tecnicamente esatta possibile pur non avendo a disposizione i mezzi sofisticati dei tecnici di oggi.
Eppure, nonostante le mille difficoltà, il film non solo affascinò pubblico e critica ma vinse meritatamente un Oscar per gli effetti speciali poi, come spesso succede specialmente nel nostro paese, la pellicola scomparve dai circuiti cinematografici pur rimanendo viva nei ricordi di coloro che avevano avuto la fortuna di vederlo.
Dal punto di vista scientifico, comunque, ancora oggi Destination Moon lascia sbalorditi per l’accuratezza di certe previsioni, come per esempio il recupero dell’astronave per mezzo di una serie di paracadute che, anche se non appare nel film, costituisce un sorprendente parallelo con quanto avvenuto poi con le missioni dell’Apollo.
Pal ha cercato di evitare nella pellicola qualunque fatto o incidente che non avesse dei precisi riferimenti nella realtà scientifica o alle teorie più ampiamente accettate.
Per decollare dalla Terra senza le tute pressurizzate, per esempio, i quattro astronauti devono sottoporsi alla tremenda pressione dell’accelerazione: i loro volti si distorcono, le bocche si allargano grottescamente e le voci si affievoliscono, mentre l’improvviso, elevato accrescimento di peso delle loro braccia rende perfino difficile muovere i tasti dei comandi di controllo.
Anche se la scena si basava su del materiale filmato durante alcune prove in laboratorio o per il lancio di missili sperimentali, è ovvio che ci si è dovuti adattare a immaginare quello che avrebbe potuto succedere una volta nello spazio, attenendosi comunque sempre al rigore scientifico e tecnologico.
Quando il dottor Cargraves, lo scienziato del gruppo, per sbaglio si stacca dall’astronave, mentre ne sta ispezionando la coda, la sua incapacità di salvarsi da solo ci ricorda molto da vicino i rischi corsi dagli astronauti della NASA durante le varie attività extraveicolari in orbita. Barnes riesce a recuperare Cargraves usando con molta intelligenza una bombola di ossigeno, come se fosse una specie di razzo, usando la valvola della bombola come motore. Questo espediente anticipa di circa quindici anni la particolarissima “pistola spaziale” usata dagli astronauti della NASA per lo stesso scopo.
Come il Modulo Lunare dell’Apollo, anche l’astronave Luna è in grado di volare, sia se pilotata manualmente, sia con la guida automatica di un calcolatore elettronico.
In Destination Moon il pilota è Jim Barnes e, mentre lui controlla la forza di propulsione dei reattori principali del razzo, Sweeney, il radiotelegrafista, gli grida i dati di diminuzione dell’altezza e la velocità di discesa quando stanno per atterrare sul centro dell’obiettivo prefissato.
Sullo schermo televisore posto di fronte a lui, Barnes è in grado di vedere la superficie della Luna, le montagne che si fanno sempre più vicine e le gole dei crateri e, per evitare una collisione fatale con il bordo di una serie di crateri non previsti, è costretto a rallentare la discesa troppo veloce, consumando però una parte del carburante riservato al ritorno. Riuscendo a sorvolare a bassissima quota quei picchi, Barnes attiva i comandi automatici e finalmente l’astronave riesce ad atterrare nel letto piatto e screpolato di un antico cratere.
È lo spreco di energia che si verifica in questa fase dell’atterraggio che alla fine genererà il dramma della ripartenza difficile. Quello che oggi ci stupisce, è come tutta questa scena, immaginata da Pal, Heinlein e Bonestell, abbia esattamente anticipato quello che poi sarebbe accaduto nella realtà a Neil Armstrong e ai suoi compagni dell’Apollo 11.
Finalmente al sicuro sulla Luna, Barnes e Cargraves indossano le tute spaziali e scendono per una scala che sbuca da sola, come per magia, dal fianco dell’astronave e toccando il suolo, essi dichiarano di aver conquistato la Luna in nome di “tutta l’umanità”, con una frase che quasi vent’anni dopo è stata pronunciata più o meno nello stesso modo anche dal già citato Neil Armstrong.
Essendo degli scienziati e degli studiosi, gli uomini del Luna si mettono subito all’opera per scattare una grande quantità di fotografie e per raccogliere il maggior numero di dati possibili e di nuovo essi hanno anticipato quello che sarebbe stato fatto anche dagli equipaggi dell’Apollo, anche se indossavano delle tute meno sgargianti.
Per attenersi sempre alla realtà Pal inserì una piccola scena per far vedere come sulla Luna l’uomo fosse in grado di compiere enormi balzi, grazie alla minore forza di gravità: invitati dal Generale Thayer a raggiungerlo vicino a un picco solitario, Cargraves e Sweeney compiono tre lunghi balzi e gli volano accanto in un attimo.
Quando uscì, Destination Moon fu visto da un numero incredibile di spettatori che venivano attirati come mosche.
Il suo lancio avvenne con una campagna pubblicitaria molto ben orchestrata che si rivolgeva a ogni tipo di spettatori, compresi i più giovani e in più si avvaleva della vendita di un mucchio di prodotti e di giocattoli ispirati al film: piccole tute spaziali per i bambini, modellini dell’astronave Luna, albi di fumetti, falsi biglietti per futuri viaggi verso la Luna e persino un concorso a premi tra gli spettatori.
Una versione romanzata della sceneggiatura del film apparve, firmata da Heinlein, sulla rivista Short Stories nel 1950 e in seguito è stata ristampata nell’antologia Three Times Infinity della Bantam (1958). Destination Moon è un film che ha indicato la via da percorrere.
La pellicola ha saputo sfruttare il crescente interesse del grande pubblico americano di allora per le novità del mondo della scienza.
Il film ha fatto diventare George Pal una personalità di tutto rispetto nel mondo del cinema e ha imposto alla critica un nuovo tipo di film che fino ad allora veniva preso in ben scarsa considerazione, quando non era totalmente ignorato.
Sia Pal che Lee Zavitz sono stati premiati successivamente con un Premio Oscar per gli effetti speciali di Destination Moon, premio che teneva, ovviamente conto, dell’enorme successo ottenuto dalla pellicola.
Nelle sole sale di prima visione degli Stati Uniti, del Canada e dell’Inghilterra, il film di George Pal, la cui realizzazione era costata 586.000 dollari, incassò in poco tempo oltre 3.786.000 dollari dell’epoca! Un vero trionfo…
Il 24 giugno del 1952 l’Ente Nazionale Aeronautico, riunito a Washington, decise di “…dedicare anche qualche sforzo al tentativo di risolvere i problemi connessi con il volo umano nello spazio, da un’altezza superiore alle 50 miglia fino all’infinito e da una velocità di Mach 10 fino alla velocità di fuga necessaria per sfuggire al campo gravitazionale della Terra.”
Quel comunicato rappresentava l’inizio della conquista dello spazio nella realtà del mondo politico e finanziario.
La gente che decideva aveva così stabilito di tentare di mettersi al passo di tutti quegli artisti, scrittori e cineasti di genio che da tempo profetizzavano per l’uomo la conquista delle stelle. Quel risultato fu anche conseguenza diretta della grande popolarità conquistata da un film come Destination Moon che, inevitabilmente, aveva subito generato un diluvio di imitazioni e di variazioni, anche se queste ultime erano prodotti molto inferiori a quello del prototipo di Pal.
Nel 1976 il film fu reimportato in Italia dandogli il titolo originale “Destinazione Luna“, ridoppiandolo, poiché il dialogo originale era andato perduto, e aggiungendovi una premessa, all’inizio ed alla fine, ma senza toccare il nucleo della storia, come se la storia fosse raccontata da un cantore di fantasia, Rhysling, il quale altri non è che un personaggio dello scrittore Robert A. Heinlein. Lo stesso che con il suo romanzo “Razzo G.2” ispirò il film di Pal e Pichel.
Vanni Mongini
Tra i maggiori specialisti mondiali di cinema SF (Science Fiction) è nato a Quartesana (Fe) il 14 luglio 1944 e fino da ragazzino si è appassionato all'argomento non perdendosi una pellicola al cinema. Innumerevoli le sue pubblicazioni. La più recente è il saggio in tre volumi “Dietro le quinte del cinema di Fantascienza, per le Edizioni Della Vigna scritta con Mario Luca Moretti.”