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10 – Marte con gli occhi della Fantasia

10 – Marte con gli occhi della Fantasia

Verso la metà del ventesimo secolo nessuno avrebbe creduto che l’attività umana potesse essere osservata così attentamente e con tanta penetrazione da intelligenze superiori a quelle dell’uomo. Eppure, attraverso gli infiniti spazi celesti, sul pianeta Marte, esseri dall’intelletto vasto e spietato, esaminavano la nostra Terra con occhi vogliosi tracciando, con fredda determinazione, i loro piani contro di noi. Marte dista dal sole 225 milioni di chilometri e, da secoli, si trova negli ultimi stadi del raffreddamento tanto che, di notte, la temperatura scende molto al di sotto dello zero anche al suo equatore. Gli abitanti di questo pianeta morente guardavano attraverso lo spazio con istrumenti di eccezionale precisione, cercando un altro mondo in cui poter emigrare… Di tutti i mondi che i marziani potevano osservare solo la nostra Terra era la più temperata e possedeva un’atmosfera nebulosa indice di fertilità. Gli uomini non sospettavano quale tremendo destino li aspettasse e non si rendevano conto che, dalle profondità dello spazio “qualcuno” li sorvegliava con tanto bramoso interesse…

La Guerra dei Mondi (The War of The Worlds) di Byron Haskin – 1953

Nota dell’autore: questo capitolo è parzialmente apparso in un mio libro precedente intitolato: “Misteri dallo spazio e dal Tempo”, adesso è stato aggiornato e completato

 

I Marziani che non hanno mai invaso la Terra

Nella pellicola del 1953 “La Guerra dei mondi” del regista Byron Haskin, prodotto da George Pal e liberamente tratta dall’omonimo romanzo di Herbert George Wells, i marziani invadevano il nostro pianeta per fuggire dal loro mondo ormai destinato alla morte certa.

Questa visione del rosso pianeta è quella classica che, fino a non molto tempo fa, era considerata la più attendibile, almeno in base alle osservazioni astronomiche che venivano compiute da Terra.

Marte mantenne intatto il suo senso di mistero e non esiste ancora oggi in tutta la letteratura e cinematografia fantascientifica un altro pianeta così citato e che ha regalato alla fantasia tante storie e tante ambientazioni suggestive.

Ancora adesso, come nel film di Tim Burton “Mars Attacks!”, i suoi marziani, piccoli e cattivi, vengono quasi considerati con un misto d’affetto e di nostalgia.

Gli esempi cinematografici e letterari potrebbero essere infiniti, d’altra parte non possiamo fare a meno di ricordare che l’esordio della ormai storica collana “I Romanzi di Urania” diventata poi, in seguito solo “Urania“, è avvenuto proprio con un romanzo ambientato sul rosso pianeta e cioè con Le Sabbie di Marte di Arthur C. Clarke e con Il Clandestino dell’Astronave di Lester Del Rey.

I sogni dell’uomo avvengono attraverso i suoi pensieri, ingigantiti dalla forza dei suoi desideri, forgiati dal mondo che lo circonda.

Iniziò quando l’uomo li incise sulle rocce, proseguì scrivendoli sulla sabbia, sulla pietra e poi sulla carta e poi, quando i mezzi tecnici lo resero possibile, cominciò a dare forma ai suoi sogni facendoli vedere, mostrandoli su un piccolo e traballante schermo per poi passare al colore, al suono stereofonico, al cinemascope, al cinerama, al 3D.

Portandoli, infine, in tutte le case attraverso la televisione, le videocassette, i DVD e il computer abbandonando i primi rudimentali mezzi che gli permettevano di mostrarli in tutta la loro ingenua falsità ed affidandosi al freddo, tecnologico e matematico computer per trasformarli in immagini rutilanti e realistiche.

Questo sogno ha il nome generico di cinema e Marte ne fu uno dei grandi protagonisti.

Cominciamo nel 1910 con un curioso film muto vagamente ispirato a “I Primi Uomini sulla Luna” di H.G.Wells. Si intitola “A Trip to Mars”, la regia è attribuita a Edwin S. Porter, ma si parla anche di Ashley Miller. È comunque un film della Edison e dura solo quattro minuti.

In questo poco tempo assistiamo alle imprese di uno scienziato che scopre una polvere in grado di annullare la gravità, basta metterla su degli oggetti e questi si alzano velocemente, ma, per un errore, l’uomo se ne fa cadere addosso e se ne vola via giungendo fino a Marte dove si trova davanti a degli alberi enormi e vivi.

L’uomo fugge finendo in un crepaccio e quindi addosso a un gigantesco marziano che stava dormendo saporitamente, che si sveglia, gli alita addosso delle fiamme che gli bruciano gli abiti. Una seconda soffiata e il poveretto si ritrova congelato.

Al terzo soffio la vittima viene scaraventata via dal pianeta e ricade sulla Terra. Il nostro eroe non desidera altro che distruggere la sua invenzione, ma commette un altro errore e la casa s’invola nuovamente nello spazio con lui dentro.

Nel 1917 viene prodotto il film “Himmelskibet” da noi conosciuto anche come “La Nave in Cielo” o “L’Astronave”, una pellicola danese muta che narra la storia di uno scienziato e suo figlio che costruiscono un enorme razzo con il quale volano verso il pianeta Marte.

Dopo un lungo viaggio raggiungono il pianeta per scoprire che è abitato da esseri intelligenti, assolutamente simili agli esseri umani, buoni, pacifisti e vegetariani. Il grande sacerdote del pianeta Marte consente alla figlia di andare sulla Terra con i due astronauti. Una volta giunta sul nostro pianeta essa lancia un messaggio di pace che viene accolto con entusiasmo dai terrestri.

La sceneggiatura era opera di un gestore di sale cinematografiche analfabeta: Ole Olsen che è anche finanziatore del film.

L’Italia se ne è andata su Marte nel 1921 con un film di cui purtroppo sappiamo pochissimo. Il titolo che abbiamo reperito è ancora “A Trip to Mars”, ma dovrebbe trattarsi di “Viaggio su Marte” e tutto quello che si sa su questo film è che si tratta di un volo verso il pianeta rosso, il quale è naturalmente abitato e i terrestri vengono accolti bene dal tranquillo e saggio popolo marziano, ma quando uno di loro commette un crimine, vengono rispediti sulla Terra con la proibizione di tornarvi.

Ricordiamo il 1924 con “Aelita(Mezhrobpom) diretto da Jakov Protazanov e tratto da una storia di Tolstoi.

Come ogni buona aliena che si rispetti anche la crudele regina marziana Aelita può, attraverso una sofisticata apparecchiatura, osservare da vicino la Terra e, in questo modo, si avvede che uno scienziato e il suo assistente stanno per giungere con un razzo su Marte. Lo scienziato si innamora di Aelita mentre l’assistente guida gli schiavi alla rivolta.

Proprio grazie alla fama letteraria che il pianeta Marte si era conquistata grazie al romanzo di H.G. Wells “La Guerra dei Mondi” viene ambientata sul rosso pianeta nel 1928 la Seconda serie delle avventure di Flash Gordon. Si intitola, ovviamente, “Flash Gordon alla Conquista di Marte” (Flash Gordon trip to Mars) di Ford Beebe e Robert Hill.

Si tratta ovviamente di una storia più fantastica che fantascientifica ma intonata al personaggio: Un’altra crisi colpisce la Terra: un immaginario elemento chimico chiamato Nitron sta scomparendo dall’atmosfera, provocando uragani e altri disastri meteorologici.

Flash e Zarkov utilizzano un velivolo per compiere studi ad alta quota e per scoprire che un fascio di raggi da Marte è la fonte del depauperamento del Nitron.

Happy Hapgood, un giornalista, sale clandestinamente a bordo del razzo di Zarkov. Giunti su Marte essi scoprono che Azura, la regina di Marte, sta lavorando con Ming, la loro vecchia nemesi di Mongo, il quale non è morto come avevano creduto, e adesso vuole conquistare la Terra.

Tutti i marziani che si oppongono al suo volere sono stati trasformati in umanoidi di argilla e spediti su un mondo di caverne con pareti di argilla al di sotto del suolo marziano.

Flash, Zarkov, Dale e Happy si rifugiano in una di queste caverne. Riescono a liberare gli uomini di argilla e porre fine a una guerra tra loro e gli uomini della foresta. Infine, con l’aiuto del Principe Barin, riescono a penetrare nel laboratorio di Ming e a distruggerlo.

Nel 1952 si produce ed esce il serial “Zombies of the Stratosphere” di Fred C. Brannon, ma ovviamente non da noi. Dobbiamo accontentarci di una versione sottotitolata disponibile solo molto tempo dopo. Saranno 12 puntate ridotte poi, nel 1958, a un lungometraggio intitolato “Satan’s Satellites.”

Qui troviamo Leonard Nimoy debuttante nelle vesti di un marziano che, con un suo collega, giunge sulla Terra per contattare uno scienziato affinché fornisca loro una potentissima bomba all’idrogeno.

La bomba dovrebbe servire a spostare Marte dalla sua orbita affinché il suo clima diventi più simile a quello della Terra. Tale operazione danneggerà tuttavia il nostro pianeta, ma questi sono dettagli… Ovvio che i terrestri non ci stanno.

Non dobbiamo dimenticare, nel 1939, “Mille chilometri al Minuto di Mario Mattioli, anche se il volo verso il pianeta s’interrompe quasi sul nascere.

Ma uno dei primi esempi fu un piccolo film, nato da due produttori indipendenti e nato anche per far concorrenza al “KolossalUomini sulla Luna che George Pal stava producendo.

Uscì pochi mesi prima del suo concorrente e la sua sceneggiatura fu modificata in modo che un viaggio sulla Luna diventasse, forse fin troppo audacemente, un volo attraverso gli spazi siderali fino al pianeta Marte.

Si trattava di “RXM Destinazione Luna (Rocketship XM) di Kurt Neumann (1949).

Cinque astronauti giungono sul rosso pianeta per trovarlo abitato da umanoidi degenerati allo stato preistorico causa un conflitto nucleare globale. Nessuno dei terrestri si salverà perché anche gli ultimi tre superstiti, ripartiti con l’astronave in gran fretta, cadranno privi di carburante sulla Terra dopo aver avvertito il mondo dei pericoli del conflitto atomico.

Il finale assolutamente insolito rese e rende ancora oggi il film anomalo nella cinematografia del genere.

Due anni dopo, nel 1951, il rosso e misterioso mondo torna alla ribalta con il film “Volo a Marte” (Volo su Marte Flight to Mars) di Lesley Selander, girato a colori: una girandola di rossi e di viola intensi dovuti al “Cinecolor“, un tipo di colore meno realistico dell’ormai conosciuto “Technicolor” ma che dava alla pellicola degli effetti molto suggestivi.

Anche in questo caso gli astronauti giunti su Marte, usando la stessa astronave del precedente film, trovano degli abitanti di aspetto perfettamente umano ma posseggono un livello tecnologico superiore a quello dei terrestri tranne che nel volo spaziale.

Poiché il veicolo terrestre è sepolto sotto una coltre di neve, i marziani aiutano gli astronauti a costruire una seconda nave spaziale allo scopo di poter poi invadere il nostro pianeta.

Accortisi della minaccia i terrestri ripartono portandosi dietro un ambasciatore marziano e un’avvenente marziana a uso e consumo del pilota del razzo…

Distribuito in Italia solo nel 1956 come Volo su Marte, offriva un razzo molto simile a quello di Pal, delle tute spaziali pressoché identiche (ma le indossavano i marziani, mentre i terrestri portavano delle semplici maschere d’ossigeno da alta quota…), e faceva purtroppo capire che le grandi avventure stellari erano ormai irrimediabilmente condannate a finire tra il ciarpame della serie “B” cinematografica.

Talmente assurdo da essere interessante è questo inedito del 1952.

Si intitola “Red Planet Mars”, diretto da Harry Horner e giunto a noi con il mezzo televisivo in versione sottotitolata.

Il film si basa sul romanzo Red Planet di John L. Balderston e John Hoare e narra di un’avveniristica apparecchiatura radio grazie alla quale è possibile prendere contatto con il Pianeta Marte.

Gli abitanti di quel mondo esortano i terrestri a vivere in pace e amore. Sulla Terra accade di tutto: il regime politico totalitario viene rovesciato e il mondo si trova così in una meravigliosa era di pace.

Un uomo si presenta ai due scienziati dichiarando di essere lui, in realtà, il “marziano” che mandava i messaggi, ma mentre ferve un’angosciante discussione, ecco che sembrano arrivare altri messaggi.

L’uomo spara contro l’apparecchiatura e l’atmosfera satura d’idrogeno fa esplodere il laboratorio uccidendo tutti. Ora il mondo ha davanti un grande futuro, forse per merito dei marziani… o forse no…

I marziani ci rendono la visita nel 1953 con il classico “La Guerra dei Mondi (The War of the Worlds) di Byron Haskin, forse la più famosa invasione marziana cinematografica, oscar per gli effetti speciali.

Nonostante i loro poderosi e suggestivi mezzi d’invasione saranno i germi terrestri a mettere fuori combattimento gli alieni i quali, non demordendo, torneranno ancora parecchi anni dopo in un serial televisivo: una oscura pellicola polacca intitolata “Wojna Swiatów – Nastepne Stulecie” (La Guerra dei Mondi – Il Prossimo Secolo), in un remake non ufficiale (Independence Day), dove pero i marziani non sono citati e in una serie di film, come “La Guerra dei Mondi” del 2005 di Steven Spielberg, ma nemmeno qui i marziani vengono citati.

L’unico ambientato, come il romanzo di Wells in epoca vittoriana, inedito da noi, “War of the Worlds – L’invasione” è del 2005; poi, “War of the Worlds 2 – the Next Wave” del 2008, curioso inedito dove i terrestri ricambiano la visita ai marziani con i dovuti interessi e “War of the Worlds the True Story”, un inedito del 2012, senza contare una famosissima trasmissione radiofonica diretta da Orson Welles nel 1938 che scatenò il panico negli Stati Uniti e da questo avvenimento venne ricavato, nel 1975, il film televisivo “La Notte in cui l’America ebbe Paura” (The Night That Panicked America).

In ultimo, ma non certamente per ultimo ricordiamo anche il film-documentario “The Martian War 1913 -1917” (2013) di Mike Slee.

Ma torniamo al film del duo Haskin-Pal, del 1953.

Il film si regge soprattutto sugli effetti speciali, assolutamente straordinari e la storia della loro realizzazione è quanto mai interessante.

Fu grazie al successo commerciale de La “cosa” da un altro mondo che i responsabili della Paramount decisero di realizzare “La Guerra dei Mondi “, dall’omonimo romanzo di H.G. Wells (The War of the Worlds, 1898) di cui avevano acquistato i diritti 26 anni prima. (Tr. it. La guerra dei mondi, in H.G.Wells, Avventure di fantascienza, Mursia, Milano 1966).

Il film costò circa un miliardo di lire italiane, prezzo estremamente alto a quell’epoca e la sua realizzazione fu molto sofferta e laboriosa.

Occorsero, infatti, più di sei mesi solo per elaborare gli effetti speciali, più altri due per le sovrapposizioni e i trucchi visivi.

La lavorazione effettiva con gli attori, svoltasi parte a Hollywood e parte in Arizona, fu la parte più breve: quaranta giorni.

Uno dei primi problemi che si dovettero affrontare fu la realizzazione dei marziani. Wells li aveva immaginati come dei polipi che si muovevano su tentacoli, ma una soluzione del genere, tecnicamente difficile per l’epoca, non fu presa in considerazione.

Marte: la Guerra dei MondiIn realtà Ray Harryhausen propose alla produzione un filmato passo uno che mostrava la morte del marziano nella sequenza finale, ma si preferì realizzare una specie di crostaceo con un occhio gigante composto da tre lenti a tre colori, una testa e un cervello di dimensioni enormi, un corpo sottile e due lunghe braccia con tre dita a ventosa.

Dallo schizzo si passò alla realizzazione pratica: il truccatore Charles Gemora cominciò a “fabbricare” il marziano usando della gomma e della carta particolare (fu anche creato un solo braccio pulsante, quello della scena finale: una pompa rendeva possibile l’effetto).

Il suddetto braccio era stato creato per un essere molto più alto, ma Haskin e Pal scartarono il progetto perché volevano che la creatura marziana fosse bassa.

Venne dipinto in rosso aragosta poche ore prima che si dovesse girare la scena e, dentro la tuta, assemblata alla meglio, fu sistemato lo stesso Gemora che, basso di statura, era adatto allo scopo.

La realizzazione del marziano, come abbiamo detto, venne fatta all’ultimo minuto e Gemora ebbe parecchie difficoltà a tenere insieme i pezzi della creatura ancora odoranti di vernice fresca.

Fu girato molto materiale sul marziano che non venne mai inserito nel film: George Pal, il produttore e Byron Haskin, il regista, preferirono farlo vedere il meno possibile, basandosi sull’ottima regola che è molto meglio intravvedere (magari nell’oscurità) che mostrare chiaramente.

Marte: le astronavi del 1953Un grosso problema fu costituito dalle macchine marziane, Wells le aveva immaginate come dei giganteschi tripodi e, all’inizio, fu questa la strada battuta: vennero creati dei modellini che si sorreggevano su tre raggi pulsanti di elettricità statica. Una scarica di circa un milione di volt scendeva dai dischi, quasi a formare delle gambe incandescenti: almeno era questo l’effetto cercato, realizzato mediante fasci di fili elettrici che cadevano dall’alto.

Il risultato, è il caso di dirlo, era “elettrizzante”, ma il progetto fu abbandonato per ragioni di sicurezza.

Così vennero realizzate quelle astronavi a forma di “manta” divenute poi famosissime. Erano fatte di rame e lunghe circa un metro. Per farle muovere si usarono quindici fili molto sottili, collegati a un carrello sospeso sulla scena e mosso elettricamente.

Il famoso “raggio della morte” era realizzato con dei fili elettrici tesi fra il punto di partenza (la macchina) e il punto di arrivo (la vittima). Una resistenza dava corrente ai fili che diventavano incandescenti, si girava il fotogramma e si stendevano altri fili, e così via di seguito: l’insieme della scena dava l’effetto del raggio disintegrante.

La città di Los Angeles, destinata a essere distrutta nella parte finale, fu praticamente ricostruita in studio; i modelli erano piuttosto grandi rispetto ai soliti: il municipio, per esempio, era alto quasi tre metri.

Le sequenze dell’esodo costarono “il noleggio” di un migliaio di comparse al giorno, ma la fortuna aiutò il produttore e il regista il giorno in cui, sulla superstrada di Hollywood, si verificò un ingorgo pauroso che fu coscienziosamente ripreso per poi inserirlo nel film come se fosse stato causato da una fuga precipitosa.

Los Angeles completamente deserta fu ottenuta isolando un quartiere ed effettuando le riprese alle cinque del mattino; sporcando le strade, come se vi fosse avvenuto un esodo scomposto, per poi ripulirle a scena conclusa.

Furono necessari vari fotomontaggi, cioè diverse scene sovrapposte l’una sull’altra: città, attori e macchine marziane sullo sfondo di un cielo cremisi, in realtà dipinto su vetro e posto davanti all’obiettivo con altissima precisione.

Fu necessario ritoccare a mano 5000 fotogrammi di pellicola per dipingere il secondo raggio, quello verde intermittente che esce dai “poli” delle macchine.

Gli uomini e i mezzi che si disintegravano in un caleidoscopio di colori furono anch’essi realizzati dipingendo a mano i fotogrammi.

Vennero utilizzate molte truppe del comando militare di Phoenix, nell’Arizona, che simularono delle manovre militari vere e proprie.

Le scene della prima battaglia furono realizzate “per gradi”, riprendendo, cioè, prima le truppe, poi le macchine marziane, poi inserendo i proiettili, poi i raggi e via di questo passo.

La bomba atomica fu “creata” da un esperto di esplosivi, un arzillo vecchietto allora ottantenne, che sistemò alcune polveri da sparo di diverso colore sopra il coperchio di un piccolo cilindro sigillato di gas. A un comando elettrico manovrato a distanza, il cilindro saltava in aria creando il fungo policromo che poi venne portato sullo schermo. Furono fortunati: ottennero il risultato voluto al secondo tentativo!

Per simulare la cupola protettiva marziana ne venne costruita una di plastica trasparente grande circa un metro e mezzo, che fu poi sovrapposta alla macchina marziana.

I disegni dei pianeti, nelle sequenze iniziali, sono opera di Chesley Bonestell, dipinti direttamente su vetro; i tecnici poi vi sovrapposero rivoli di lava o effetti di fumo.

Un altro problema fu la colonna sonora; dopo tre mesi di duro lavoro il tecnico del suono, Gene Garvin, ottenne la voce dei marziani incidendo il rumore prodotto da un pezzo di ghiaccio sfregato contro il microfono per poi sovrapporvi l’urlo acuto di una donna inciso al contrario.

Il rumore delle macchine marziane era fornito da un registratore calibrato in modo da ottenere una vibrazione oscillante; il raggio della morte era ottenuto suonando a caso le corde di tre chitarre: il suono prodotto veniva amplificato e fatto riverberare.

Come si vede, è comprensibile che i mesi di lavorazione occorsi per realizzare questo colosso siano stati massacranti. Il risultato è valso però l’impresa e continua ad essere considerato un classico che, dopo più di 50 anni, tra riedizioni cinematografiche e versioni in VHS e DVD riesce ad attirare ancora spettatori di ogni età.

Vanni Mongini
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Tra i maggiori specialisti mondiali di cinema SF (Science Fiction) è nato a Quartesana (Fe) il 14 luglio 1944 e fino da ragazzino si è appassionato all'argomento non perdendosi una pellicola al cinema. Innumerevoli le sue pubblicazioni. La più recente è il saggio in tre volumi “Dietro le quinte del cinema di Fantascienza, per le Edizioni Della Vigna scritta con Mario Luca Moretti.”

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