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La Sfera

La Sfera

La Sfera: 2020 © Michele D’AMICO 

Presentiamo un racconto di un autore nuovo che scrive in modo interessante. Lo stile è ancora acerbo, i dialoghi dovrebbero essere maggiormente curati e si riscontra qualche incertezza nel finale, che forse non risulta all’altezza delle aspettative. Ci è sembrato comunque opportuno proporre questa voce nuova che affronta con entusiasmo un tema classico della sf con uno stile vagamente pulp.

P.P.

 

Un suono continuo e penetrante.

Infastidito, Arion aprì gli occhi e il grigio della parete occupò il suo campo visivo. Capì di essere dal lato sbagliato della zona di riposo. Doveva ricordarsi di aumentare il campo di azione dei suoi limitatori. Si muoveva troppo la notte.

Sfiorò il disco scuro sul suo collo e decine di piccoli triangoli bianchi schizzarono nel vuoto e si attaccarono ai suoi arti. Si servì di quei direzionatori magnetici per spostarsi verso il guardaroba.

Scelse per una tuta arancione. Oggi era una giornata speciale, pensò sorridendo.

Quando uscì nel cunicolo che conduceva al centro della capsula, si accorse di Neira che fluttuava rapida dietro lui. Rallentò.

«Ciao», le disse.«Buongiorno. Hai fatto tardi».

«Anche tu, mi sembra. Sono tornata un attimo in stanza a prendere il mio palmare. Ero in sala di controllo già da un’ora».

«La solita perfettina».

Lei lo guardò con un misto di antipatia e strafottenza scritti sul viso e continuò a fluttuare verso la sala centrale.

«Tanto non credo che sia scappata via questa notte!» le gridò dietro Arion con ironia.

Entrò nell’ampio spazio sferico e si diresse verso la sua zona di lavoro. Controllò i dati sugli schermi fluorescenti e non osservò nulla di anomalo.

«Oggi è il grande giorno».

«Per te. Io resto ancora sei mesi» rispose Neira acida.

«Potevi rifiutarti, lo sai».

«Quella cosa mi attira, voglio restare qui ancora un poco».

Arion ripensò a quelle settimane con Neira. Era stata una buona compagna di lavoro, avevano passato delle belle serate a discutere del futuro, del ritorno alla Colonia e del pianeta attorno al quale erano in orbita da quasi tre mesi. E poi avevano rovinato tutto col sesso.

Da allora lei era diventata fredda e lontana. Lui se ne era fatta una ragione. Lei gli piaceva ma non poteva funzionare. La vita li avrebbe presto separati e probabilmente per sempre.

«Il nostro amico non ha combinato niente stanotte. Tu hai novità dei parametri magnetici?»

«Nulla di veramente rilevante».

«Quindi qualcosa c’è. Di che si tratta?»

Lei rimase in silenzio.

«Neira, avanti, dobbiamo parlare. È il nostro lavoro. Cosa hai notato?»

Lei si allontanò dalla sua zona e si diresse verso il lato opposto. Appoggiò il suo palmare su un punto della parete e poi, fluttuando con armonia, si spostò verso di lui. Lo guardò dritto negli occhi e disse: «Nulla di eclatante, ma una nuova componente a microonde è apparsa nello spettro elettromagnetico del pianeta. Fino a ieri non c’era».

«Lasciami guardare».

Il segnale effettivamente mostrava una piccola sporgenza, che poteva quasi essere confusa con il generale rumore di fondo, e che era stata evidenziata in rosso da Neira.

«Su che scala di frequenze siamo?»

«40 centimetri di lunghezza d’onda».

«Puoi sintonizzarti e seguire la sua intensità nel tempo?»

«Siamo ai limiti dei nostri strumenti, ma dovrei riuscirci».

Proprio adesso, pensò Arion. 89 giorni di nulla. Segnali sempre uguali a sé stessi. E oggi un elemento nuovo. Proprio oggi. Maledetto pianeta metallico.

Arion si spostò nuovamente per dirigersi nella cabina di registrazione. Era giunto il momento di chiudere il resoconto dei suoi nove mesi di missione.

Poteva ignorare quella novità, non dire niente. Partire l’indomani e ritornare dalle sue compagne. Fu tentato. Ma quel pianeta era una droga. Aveva accettato la missione perché era stanco di sentirsi mediocre.

Quando la Colonia aveva indetto la chiamata per quei mesi, lui aveva partecipato senza crederci veramente. Tutti parlavano del Pianeta. Ma pochi lo chiamavano in quel modo. Ormai era conosciuto come “La Sfera”.

Praticamente tutti i pianeti conosciuti erano degli sferoidi, dove in genere le forze di rotazione tendevano a schiacciare il pianeta ai poli e allargarne il diametro all’equatore. Quel piccolo pianeta invece no.

Le misurazioni indicavano che era veramente una sfera perfetta.

Nel suo vagare nello spazio, la Colonia aveva cambiato direzione puntando alla Sfera. La stella in cui esso orbitava era stata già studiata in passato, ma quel piccolo pianeta era sfuggito ai controlli. Solo la loro Colonia, quasi un anno prima, lo aveva scovato.

Infine, era stato selezionato. Non aveva mai avuto dei veri fallimenti, ma neanche dei grandi successi e si era stupito di aver vinto quella competizione. Così, la Colonia si era avvicinata alla stella, la loro piccola nave era partita verso quell’oggetto curioso, lui e Neira da soli.

Sei mesi di viaggio, tre mesi di osservazione. I risultati erano stati interessanti fin dai primi giorni e la missione era stata prolungata per altri sei mesi, ma lui adesso doveva rientrare. Per quell’anno aveva terminato il suo periodo di esposizione alle radiazioni cosmiche. La Colonia nel frattempo si era avvicinata lentamente alla loro attuale posizione e l’indomani la nave che portava il suo sostituto lo avrebbe anche riaccompagnato a casa. Ma quella sfera lo ossessionava.

2.

Riaccese il sistema di registrazione e decise di riascoltare i suoi resoconti passati.

Voleva redigere al meglio il suo rapporto conclusivo non dimenticando nulla.

“Missione 1521-A, Comandante Arion, matricola 0361232, giorno 181. Primo giorno di orbita intorno all’obiettivo. La manovra di aggancio è stata particolarmente facile. Siamo rimasti affascinati da quel punto scintillante al di là dei nostri visori esterni. Abbiamo inviato le prime nanosonde di prossimità, ma ci vorrà qualche settimana prima del loro avvicinamento. Le prime analisi elettromagnetiche sono in corso”.

Ricordava bene quel periodo, avevano trascorso quei primi mesi durante il viaggio di approccio, semplicemente rileggendo i rapporti tecnico-scientifici sulla Sfera. Ma avevano anche incominciato a sperimentare una routine all’interno della loro piccola nave.

Neira era molto giovane, 56 anni, e dimostrava ancora un corpo allenato e perfetto, nonostante le numerose missioni nello spazio. Lei era un fisico, mentre lui un ingegnere e quella piccola rivalità aveva simpaticamente alimentato le loro accese discussioni delle prime settimane.

«Per me è un manufatto alieno» sosteneva lui, forse solo per darsi un tono.

«Non essere ridicolo, una tale perfezione è inottenibile su un diametro così grande».

«E come spieghi, oltre alla perfezione della forma, anche l’assenza di eccentricità nella sua orbita attorno a Calztras?»

Lei lo aveva guardato seria, era rimasta in silenzio per diversi secondi e aveva risposto con voce un po’ dubbiosa, «Effettivamente la cosa stupisce anche me, ma la teoria di Kronewell-Caspi per la formazione dei sistemi planetari ammette una tale singolarità per i sistemi a un sol pianeta».

«Sì, ho studiato la teoria, ma sai bene che per masse così poco importanti quella teoria è un po’ al limite. Caspi ha speso gli ultimi anni post-Nobel proprio a estendere la teoria a corpi più piccoli, senza però mai riuscirci».

Quello era il tono delle discussioni iniziali, ma per fortuna la competizione tra loro era calata di molto e avevano incominciato a parlare di sé stessi e della loro vita. Proprio in quel periodo avevano incominciato a piacersi.

Le registrazioni scorrevano rapide, e Arion le ascoltava come ipnotizzato. Il contatore sullo schermo mostrava i giorni di missione avanzare rapidi, 186, 190, 206.

Comandante Arion, matricola 0361232, giorno 217. Le sonde hanno smesso di inviare segnali a meno di 10000 km dalla superficie della Sfera. Sembra siano andate tutte distrutte”.

Quello era stato il primo vero interrogativo, ma nelle esplorazioni spaziali poteva capitare che una partita di sonde fosse difettosa. Del resto, quei piccoli oggetti di 750 nanometri si guastavano facilmente nel trasporto.

Ne aveva inviate un secondo sciame proprio il giorno successivo, anche se questo avrebbe comportato un ritardo sui risultati.

Arion. Giorno 252. Oggi sono arrivate le prima informazioni sulla distribuzione spettrale dei segnali riflessi. Abbiamo delle importanti novità. Siamo in attesa che Neira finisca di riprogrammare l’ATTOVAC per essere sicuri dei risultati”.

Ricordava il suo essere riluttante quel giorno a fornire le informazioni alla radio. Si erano guardati entrambi ed erano restati immobili per diversi minuti.

I dati però parlavano chiaro. La sfera rifletteva le onde elettromagnetiche come se fosse fatta interamente di metallo. Restava da chiarire lo stato fisico. Un liquido o una perfetta superficie solida?

3.

La Colonia era rimasta impressionata da quella scoperta.

Il Governatore lo aveva chiamato personalmente, «Comandante Airon, siamo entusiasti della sua scoperta. Attendiamo ulteriori sviluppi. E le ricordo che altre colonie stanno venendo nel sistema di Calztras, noi abbiamo avuto la fortuna di essere i più vicini e i più veloci nell’approfittare della scoperta».

«Governatore, sono stupito anch’io dei risultati, ma come sa, questo non basta a spiegare tutto, abbiamo bisogno di completare la missione prima di poter annunciare alle altre colonie di aver trovato qualcosa di singolare».

«Sì, capisco, ma non sia disfattista. Sono convinto che avete tra le mani qualcosa di eccezionale e che renderà la nostra colonia più forte agli occhi della Terra. Voglio rivendicare la proprietà di quel pianeta il prima possibile e sa benissimo che ciò ha un costo enorme. Mi confermi i risultati e poi mi occuperò io di ottenere il contributo dall’unione delle colonie».

E così la pressione sul loro lavoro era aumentata. Avevano studiato i dati, controllato i macchinari e ripetuto le misure. Avevano anche deciso di avvicinarsi ancora di più al pianeta per avere misure più precise.

Airon stava ricordando quei giorni, quando la luce di Calztras entrò dall’oblò sul fondo della nave e si diresse rapida proprio verso la sua zona. I filtri attivi entrarono in funzione immediatamente, ma, anche se limitata in potenza e in gamma spettrale, quella stella emanava un fascino innegabile.

Un colore tendente al rosso con strani riflessi violacei. Quel sistema stella-pianeta lo aveva affascinato sempre più.

Giorno 256. I dati non mostrano più dubbi. La sfera è indubbiamente metallica. Non possiamo risalire alla composizione interna, l’energia della nostra nave non permette l’uso dei rivelatori a raggi Omega. Attendiamo a breve i dati del secondo sciame”.

Dopo pochi giorni quei dati arrivarono. Lo sciame si era distrutto contro il pianeta come previsto. Il 35 per cento delle nano-sonde aveva fornito informazioni ricevibili e tutte indicavano una sola cosa. Il pianeta era freddo. E la superficie era solida. Solida e perfettamente liscia. E mostrava una rotazione nulla intorno all’asse passante per i poli.

Probabilmente le forze di marea avevano costretto il pianeta a mostrare una faccia sola alla sua stella.

«Ma cosa può creare un pianeta così?» si domandavano lui e la sua compagna di viaggio durante i pranzi.

«L’assenza di rotazione può forse spiegare la forma sferica, ma adesso chi spiega come si sia formato un guscio metallico così perfetto?»

Quell’interrogativo lo aveva catturato per quegli ultimi giorni. Le migliori menti della Colonia stavano riflettendo sulla questione e il Governatore aveva deciso di andare avanti con la proposta preliminare di rivendicazione. Quel pianeta poteva fruttare miliardi di crediti alla Colonia. Restava ancora da capire esattamente la composizione del metallo della superficie. E come si era formato.

4.

Giorno 269. Arion. Abbiamo i dati definitivi. La sfera è metallica, con una miscela di vari metalli: titanio, vanadio, oro, platino e argento. Quel pianeta è una vera miniera. Propongo una rivendicazione mineraria universale. Si potrà sfruttare per millenni”.

Arion ricordava bene l’emozione nello spedire quel messaggio ufficiale. Gli avrebbe fruttato una promozione alla Colonia.

Adesso mancavano poche ore all’arrivo della navetta che lo avrebbe riportato indietro. Era emozionato. Ormai il più era fatto. Restavano mille interrogativi su come si fosse formato quel pianeta, ma sulla possibilità di utilizzazione di quei metalli vi erano pochi dubbi. Quel sistema stellare sarebbe diventato un punto obbligato di passaggio per tutte le colonie vaganti della galassia vicina, e avrebbe aperto grandi canali di commercio con la Terra stessa.

Sentì una debole vibrazione al polso destro: Neira lo stava cercando. Si diresse verso la zona controllo.

«Ehi Neira, dimmi. Per caso la navetta è già arrivata?»

«Non ti ho cercato per quello».

«E allora?»

«Ti ricordi la componente a microonde di stamattina?»

«Certo, hai capito cosa può averla provocata?»

«Ho una teoria, sì, forse un modo elettronico collettivo di superficie che ha liberato la sua energia su un piccolo difetto che i nostri sensori non riescono a vedere. Ma non ti chiamavo per quello. Abbiamo un nuovo segnale».

«Stessa frequenza di prima?»

«No, adesso ha virato verso il visibile e poi nelle onde radio».

«Merda, la cosa si fa più complicata».

«Si, Arion. Sono preoccupata. E se fosse veramente una costruzione artificiale, come dicevi tu?»

«Non è possibile. Mi avevi convinto, è troppo immensa e perfetta. Non presenta antenne o cose del genere, e infine è veramente fredda per ospitare la vita».

«Non è necessario che ci sia qualcosa di vivo per essere un oggetto alieno. Non abbiamo idea di cosa contenga, non possiamo penetrare lo scudo metallico con i nostri sistemi» rispose lei.

«Hai ragione, ma prima di farci suggestionare da idee più complicate, prendiamo per buone le idee più semplici. Ruota attorno a una stella, non mostra attività particolari, è solido…direi che ha buone probabilità di essere un pianeta. Unico, ma pur sempre un pianeta».

«Forse hai ragione. E la nuova radiazione elettromagnetica?»

«Prova a inglobarla nel tuo modello e fammi sapere».

Si allontanò un poco infastidito da quella discussione. Gli stava rovinando il suo ultimo giorno.

Passò le ore seguenti preparando le sue poche cose. Era giunto il momento di fare il resoconto finale del suo lavoro. Dovette includere le ultime novità.

Ne parlò poco, senza dare troppa enfasi. Non voleva rovinare l’impressione globale del suo rapporto.

La navetta era arrivata. Il “clank” caratteristico dell’attracco di un oggetto estraneo era inconfondibile.

Si diresse verso Neira per gli ultimi saluti.

Non fece in tempo di imboccare il cunicolo di collegamento che se la trovò davanti. I suoi occhi trasmettevano paura. Era chiaramente sconvolta.

«Che succede Neira, problemi con la navetta di trasporto? Una decompressione?» chiese allarmato.

«La Sfera si sta muovendo verso di noi».

5.

I sensori visivi si attivarono improvvisamente. Un flusso di energia lo aveva risvegliato.

Tornare in attività era sempre molto difficile dopo una pausa così prolungata.

Quanto tempo era rimasto bloccato? Si spostò dal suo alloggiamento verso il centro di controllo e incominciò a riattivare i sistemi di funzionamento standard.

Era rimasto in sonno forzato per 251000 UT. Meglio del previsto. Quella stella aveva mantenuto fede alle alte aspettative. Si diresse verso la seconda e ultima stanza dedicata al controllo dei serbatoi di energia. Attivò le misurazioni necessarie e verificò il livello raggiunto. 99,5 %. La sua missione era compiuta e poteva rientrare verso casa.

Decise di controllare se lo scudo metallico avesse subito danni a causa della lunga permanenza in orbita circolare attorno alla stella. Una corrente di comunicazione fluì dai suoi arti superiori in cerca del giusto contatto. Fece una scansione della superficie esterna. Tutto era in ottime condizioni, solo qualche piccolo danno facilmente riparabile con una liquefazione rapida del guscio.

In effetti quello scafo era stato pensato per resistere a sorgenti stellari di ben più grande potenza, con onde UV, X e gamma ben più forti. Ma quella stella produceva una componente a più bassa lunghezza d’onda molto interessante e lui era stato incaricato di recuperare più possibile la sua energia.

Gli restava solo da verificare lo spazio intorno alla nave prima di effettuare le procedure di partenza.

Il suo corpo cambiò forma per passare nel piccolo condotto che lo portava alla zona di guida.

Mentre si preparava alle operazioni di avvio dei sistemi di propulsione si accorse di avere fame. Aprì il portello del forno dedicato allo scopo e attivò la combustione dell’ossigeno.

La temperatura passò dai -200 ai 37 °C. Appiattì il suo corpo metallico fino a formare una lamina di pochi millimetri di spessore e si inserì tra le pareti del forno. Senti l’energia fluire in lui e restare imbrigliata nei suoi elettroni. Sorrise pensando che in quella nave aveva stipato una energia sufficiente per riscaldarsi per il resto della sua vita. Ma non era tutta sua.

Quel riscaldamento lo mise di buon umore. Tornò ai comandi e incominciò la scansione dello spazio intorno a sé.

Mentre le antenne emettevano i loro segnali alla ricerca di anomalie, si accorse di pensare al suo mondo e a quanto potesse essere cambiato in tutto quel tempo. Non vedeva l’ora di rivedere Xorge che aveva accettato di ibernarsi in attesa del suo ritorno. Non voleva vivere neanche un attimo di quella separazione.

Un segnale di pericolo. Gli strumenti avevano individuato qualcosa in orbita attorno alla sfera. Al suo arrivo nel sistema stellare, quella cosa non c’era. Doveva capire meglio di cosa si trattasse. E se fosse pericolosa o addirittura utile per lui.

Attivò una scansione più dettagliata attorno al piccolo oggetto. Era metallico e produceva un rumore elettromagnetico su varie frequenze. Quella cosa era un faro energetico. Produceva una piccola componente infrarossa, ma grande parte dell’energia era sprecata nel visibile e nelle onde radio.

Non poteva essere un oggetto naturale. Sembrava qualcosa di costruito. Ma diverso da tutto ciò che lui aveva mai visto nella sua esistenza.

Seguì le emissioni del piccolo oggetto e si accorse che puntavano verso lo spazio profondo, lontano dalla stella. Fece una scansione più accurata verso quella direzione utilizzando i suoi canali oltre l’ultravioletto. Gli sarebbe costata molta energia ma in quel momento ne aveva abbastanza e poteva sempre prolungare la sua missione.

Voleva capire meglio che tipo di forme di vita avevano costruito quella bizzarra piccola macchina.

Le analisi diedero risposte positive. Un oggetto metallico lontano, ma decisamente più grande si stava avvicinando al sistema stellare. Guardò la composizione. Metalli vari 60%, Carbonio, Azoto, Silicio a percentuali minori. Nulla di interessante. Ma poi il suo sistema neurale ebbe un guizzo. Il suo corpo reagì provocando delle onde che percorsero la sua faccia più larga avanti e indietro.

Ossigeno 2%. Non poteva credere ai suoi occhi. Ossigeno 2%. Rifece i calcoli per avere la massa globale di quella ricchezza. Era pari all’ossigeno che lui consumava in tutta la sua vita, moltiplicato per un milione!

Non poteva esistere tutto quell’ossigeno in natura. Come si poteva controllare? Come poteva il metallo non distruggersi? Come poteva non esplodere istantaneamente?

Non poteva farsi sfuggire quella meraviglia. Doveva catturare quell’oggetto e studiarlo in dettaglio. Poteva entrare a far parte dei grandi del suo mondo. Poteva diventare un nome. Restava il dubbio sulla possibilità che vi fosse vita all’interno dell’oggetto. Ma era troppo piccolo. Doveva essere un semplice strumento di osservazione inviato da qualche comunità aliena. Di oggetti alieni simili ne aveva scoperto tanti, ma mai una comunità era riuscita a concentrare tanto ossigeno in poco spazio. Quel piccolo pezzo di universo era strabiliante. Accese i sistemi di propulsione e si diresse verso l’oggetto.

Lo avrebbe inglobato nella Sfera.

Michele D'Amico

nato a Palermo nel 1978 si è legato alla fantascienza grazie ai romanzi di Isaac Asimov. Consegue un dottorato in Fisica nel 2009. Vive a Parigi, e si occupa di nanomateriali. Ambientalista convinto, appassionato di Tolkien, si sposta solamente in bici, adora cucinare.

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