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PORTE

PORTE

L’immagine di copertina è World © by Roberta Guardascione, per Cose da Altri Mondi

Il Racconto della Domenica

Ci siamo detti cose
che non possono morire.

Baudelaire

Come preziose collane di diamanti, gli anelli di polvere e ghiaccio di Saturno si intrecciavano con il disco cangiante costituito da cubo-abitazioni in orbita polare attorno al pianeta; uno spettacolo maestoso che ogni volta mi faceva perdere un battito del cuore. Uno di quei puntini, che come gli altri soggiaceva alla legge di gravitazione universale, era la mia piccola casa in cui era rinchiuso il mio dolore segreto. Una sofferenza che stava per trovare una soluzione estrema e definitiva.

È la prima volta che entro nella tua stanza cubicolo, Akiko amica mia” mi disse Lisa continuando a girare la testa da desta a sinistra per capire che cosa avesse davanti.

Scusami,” le risposi; nel frattempo avevo chiuso la porta stagna e stavo cercando di stabilizzare il mio assetto nell’assenza quasi completa di gravità, “ma raramente mi reco in questa stanza-cubo. Ormai con il mio nuovo lavoro sono sempre su Ganimede, Saturno è diventato la mia casa vacanza.

Lisa sfiorò con le dita le quattro porte con le cornici illuminate di colori diversi.

Queste sono tele-porte, vero?

Sì, tecnologia pre-Era. Le vuoi vedere in funzione?

Certo, sono molto curiosa. Fa male?

No, solo un po’ di formicolio lungo la schiena, ma poi è fantastico!” Meno una, pensai; una fa male, molto male.

Iniziamo dalla porta celeste,” le dissi, avvicinandomi al bottone di sblocco della tele-porta. “Si tratta del bagno; poco ortodosso per iniziare un tour con un ospite, ma vedrai che ti stupirò,” aggiunsi, abbozzando un sorriso.

Passammo attraverso il portale, la luce forte improvvisa ci costrinse a socchiudere le palpebre.

Ci troviamo nella costellazione dell’Acquario, stella Trappist-1, pianeta Oceanus,” dissi indicando la piccola piattaforma galleggiante che ospitava la mia stanza da bagno; tutto intorno atolli smeraldo e acqua cristallina celeste. “Ovviamente il meglio è fare le abluzioni nelle acque calde insieme ai delfini senzienti …

Lisa aveva la bocca semiaperta e gli occhi verdi sgranati che riflettevano il colore limpido del cielo fucsia. Lo sciabordio ritmico delle onde mi fece dimenticare per un attimo il mio dolore, ma mi ridestai subito e presi per il braccio la mia amica per riattraversare il portale.

La tele-porta gialla era quella che dava sulla mia stanza-cucina: ci trovavamo sulla “vecchia” Terra, a Kyoto2, direttamente nel Nishiki Market: una via coperta, farcita di negozi e chioschi dove si poteva mangiare qualsiasi cosa commestibile, o quasi. C’erano odori alieni, ma possibilità infinite di contaminazione di sapori e colori del mondo antico.

Ci prendemmo un onigiri e un tempura di gamberi condito da svolazzi di inchini e infiniti: “arigatou gozaimasu.” Sembravamo due amiche che non si vedevano da tanto e parlavano dei loro rispettivi passati che anni fa s’incrociarono in un punto di singolarità.

Il salone, la tele-porta verde, era un attico in cima a una sequoia gigante del pianeta Albero35; si potevano ammirare a perdita d’occhio le chiome delle piante giganti, sembrava un oceano fatto di marosi di foglie arancioni fosforescente, e rami che parevano tentacoli di piovre ciclopiche. La mia poltrona di pelle amaranto era incorniciata da un mobile con veri libri di carta; una rarità in un mondo in cui tutto era impalpabile. Quasi tutto.

L’ultima stanza era quella da letto: all’interno tutto era nero: pavimento, pareti, mobilio; solo dal soffitto trasparente si scorgeva un cielo stellato con la Via Lattea luminescente.

Sul letto rotondo c’era un bambino, il mio bambino.

Ma, ma… è Lucas?” chiese Lisa con un filo voce tremolante.

Sì, sei sorpresa?

Ma era andato in coma vegetativo anni fa e…

Sì, per colpa tua, ti ricordi amica cara?

Non è stata colpa mia, io non potevo prevedere quello che sarebbe successo dopo…

Comunque adesso siamo qui.

Ma io…

Ma noi! Noi, ci siamo dette cose che non possono morire, vero? Ti ricordi?

Ma non…

Lo sai cos’è questa stanza?

Immagino che, se tuo figlio è vivo, si tratta di una stanza a loop temporale.

Brava.

Ma il problema di questa invenzione è che non si può portare fuori la persona altrimenti…

Altrimenti si disintegra. Eh, le leggi della fisica, semplici e brutali! Però c’è un modo per ingannare le leggi della quantistica…

Come? Aikiko che…?

Non gli feci finire la domanda. Puntai la mano sulla sua fronte e attivai lo storditore. Lisa si afflosciò a terra come una marionetta senza fili. La trascinai vicino al letto dove agiva il dispositivo temporale. Presi in braccio mio figlio. Lo baciai sugli occhi chiusi bellissimi. Adesso c’era la cura per la sua malattia, saremmo ricresciuti insieme.

Sigillai dall’esterno la tele-porta e lasciai un pacco all’interno della mia stanza-cubo.

Mentre ci trovavamo sull’astronave, che ci stava portando al tele-porter pubblico per accedere a una clinica specializzata, vidi una piccola esplosione che proveniva dalla fascia abitata. Fuochi d’artificio silenti.

Addio, mia cara, vecchia, stanza.

Adriano Muzzi

Nato a Roma il 25 ottobre 1966, dove lavora presso una società di telecomunicazioni. È sposato con Alessandra, che è medico e che lo “cura” con amore. Ha frequentato la scuola di scrittura creativa Omero di Roma e, successivamente, ha partecipato a vari gruppi di “lavoro” sulla narrativa creativa. Nella sua pur breve carriera da scrittore è riuscito a vincere qualche concorso e a pubblicare alcuni libri.

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