Grazie fantascienza
Credo che in ognuno di noi, per una ragione o per l’altra, ma soprattutto perché non se ne può farne a meno, ci sia un occhio aperto verso il mondo e ciò che lo circonda e che negli occhi di un bambino affascinato dal cielo, dalla grandezza del cosmo che si apre sopra di lui, ci sia uno spirito che vuole essere libero, libero di capire, di vedere e di sognare. Poi, con il passare del tempo, lo sguardo ricade e si volge verso l’ambiente intorno e viene travolto dalle cose di tutti i giorni. La nebbia, lo smog, l’inquinamento, ma sopra ogni altra cosa l’effimera difficoltosa realtà di tutti i giorni nasconde questo cielo, lo offusca, lo fa sparire del tutto e resta solo un ricordo lontano destinato a svanire.
Io mi ritengo fortunato perché non ho mai perso il mio cielo: lo guardavo allora e lo guardo oggi con i miei occhi stanchi, con un binocolo o con un telescopio che inizialmente aveva un’anima di cartone ma che mi permetteva di vedere i crateri della Luna, e poi, più avanti, gli anelli di Saturno, le bande di Giove, le calotte di Marte e la nebulosa di Andromeda per cui la mia fantasia partiva e parte ancora oggi verso mondi fantastici, in viaggio nell’immenso spazio, quel senso del meraviglioso che tanti hanno dimenticato o che non hanno mai avuto.
Viaggiavo con la fantasia in posti dove non sarei mai andato e cominciai a leggere racconti e romanzi che parlavano di stelle e pianeti, che vedevano l’uomo lanciato verso un futuro del quale io avrei visto i primi, incerti passi. Sognavo Marte e i suoi misteri e pensavo quanto sarei stato fortunato perché avrei visto con i miei occhi quello che i libri portavano alla mia immaginazione. Mi avvicinai al cinema per poter sognare meglio e scoprire le visioni del regista e dello sceneggiatore, trovai così il modo di accontentarmi di vedere in questo modo quello che non avrei mai potuto vedere davvero.
Cominciò cosi: dall’astronomia passai alla fantascienza e ovviamente dai “missili” passai ai “mostri” per puro divertimento interessandomi ai metodi di realizzazione degli effetti speciali che allora si chiamavano più semplicemente “trucchi” e non mi importava se le sale cinematografiche erano vuote o se sentivo la gente sghignazzare spesso inopportunamente perché per pura ignoranza nemmeno capivano quello che vedevano.
Né se i miei compagni di scuola mi prendevano in giro mentre, con mano incerta, cercavo di disegnare le astronavi marziane della “Guerra dei Mondi” il film che amo di più, non il mio preferito, ma quello che probabilmente fece più effetto a un imberbe ragazzino. I film con i mostri mi spaventavano inizialmente ma superai anche queste paure pur di poter continuare a vederli.
Non mi importava se i miei parenti dicevano che perdevo il mio tempo, se non studiavo, se non ero inquadrato come gli altri, come non m’importò quando, trentenne, la mia prima moglie chiamava la mia raccolta di libri e di manifesti “cartaza” (cartaccia).
Con i pochi soldi che avevo compravo pellicole in 35 e 16mm e le raccoglievo con amore. Non fuggivo dalla quotidianità solo che molto presto imparai a non irritarmi ai commenti stupidi.
Io avevo una visione a 360 gradi ed era la fantascienza che me l’aveva data, non ignoravo e non volevo ignorare le cose del mondo perché era sempre la fantascienza che me le mostrava con la sua enorme duttilità.
Avrei voluto, e qualche volta sono riuscito a farlo, parlare ai giovani per far capire loro che la fantascienza non è solo missili e mostri ma è tanto, tanto di più, però mi scontravo con l’ottusità degli insegnanti e ancora oggi sto tentando di farlo con la lenta ma progressiva apertura del Museo che raccoglie in sé tutti i miei mondi:
la fantascienza, l’astronomia e l’astronautica che per me sono collegate in un’unica grande armonia che danza con l’universo che circonda questa piccola, stupida palla di fango che stiamo lentamente distruggendo.
Entrando nel cosiddetto campo professionale era abbastanza logico che mi occupassi principalmente di cinema e solo molto tempo dopo cominciai a scrivere di astronomia, astronautica ed anche a scrivere dapprima brevi racconti e poi romanzi che altro non sono se non avventure, direi quasi dei “Juvenilia” scritti con le conoscenze odierne, ma è proprio questo che mi piace; non so se l’ho detto ma sono rimasto bambino.
La mia frequentazione del mondo professionale è cominciata intensamente ma in tempi recenti è andata sempre di più diradandosi dopo alcune delusioni di certi colleghi che conoscevo da anni e che ritenevo amici, credo però che questo capiti in tutte le categorie lavorative.
Ecco, quindi perché sto sempre di più preferendo il mio mondo e le cose che amo intorno a me, lontano da commenti imbecilli, da truffatori e da falsi amici, ciò non toglie che io non sia felice di accogliere chi mi viene a trovare.
Come è nato in me tutto questo?
Io non lo so. Forse da un sogno che ricordo ancora oggi con dei piccoli frammenti: la Luna, un arcobaleno, un nugolo di stelle colorate, una musica stupenda e un cuore stupidamente romantico che non mi ha mai abbandonato, per fortuna.
Eppure, in realtà, un colpevole c’è: mio padre una piccola e calma figura che amava queste cose e che mi accompagnava al cinema a vedere la “Guerra dei Mondi”, “Quando i Mondi si scontrano” “Il Risveglio del Dinosauro” e, soprattutto, “Ultimatum alla Terra” il film che lui adorava.
Mi ricordo come cercavamo con gli occhi di vedere nel cielo oscuro il primo Sputnik e parlavamo di un radioso futuro umano che nella triste e squallida realtà, non avverrà mai.
Ricordo le sue parole quando gli chiesi come mai amavo tanto queste cose:
“Sei sempre stato così.” Mi rispose ed io non dissi nulla e solo oggi avrei la risposta e purtroppo non posso più dargliela:
“Sono così perché anche tu lo sei e di questo non smetterò mai di ringraziarti.”
Io non so se esista qualcosa al termine della vita, ma se così fosse certamente mio padre sta compiendo dei viaggi fantastici e meravigliosi, forse vede quel ribelle di suo figlio e sorride perché sa che è grazie a lui se i miei occhi sono ancora e sempre “pieni di stelle”.
Magari sta aspettando che lo raggiunga per intraprendere altri meravigliosi viaggi sempre più lontano, fino ad arrivare là dove nessuno è mai giunto prima… “Verrò, Papà, stai tranquillo, verrò. Spero solo che non ti dispiaccia se me la prendo comoda…”
© 2021 Giovanni Mongini
Vanni Mongini
Tra i maggiori specialisti mondiali di cinema SF (Science Fiction) è nato a Quartesana (Fe) il 14 luglio 1944 e fino da ragazzino si è appassionato all'argomento non perdendosi una pellicola al cinema. Innumerevoli le sue pubblicazioni. La più recente è il saggio in tre volumi “Dietro le quinte del cinema di Fantascienza, per le Edizioni Della Vigna scritta con Mario Luca Moretti.”
Anche per me la fantascienza ha significato qualcosa, soprattutto quella cinematografica Anni ’50. Da quando nel 1973 vidi la riedizione de “La guerra dei mondi”, alla lettura del tuo primo volume della “Storia del cinema di fantascienza” (maggio ’76), alla partecipazione allo S.F.I.R. di Ferrara del giugno 1976. Mi spinse a provare a scrivere di cinema, cosa che non avevo mai fatto prima, a migliorarmi nello stile e persino ad aumentare la mia cultura generale (non è che all’epoca andassi molto bene a scuola: se prendevo un 6 di un tema d’italiano già facevo i salti di gioia!) per poter scrivere articoli più sofisticati e documentati, ed essere in grado di fare quei “rimandi” culturali ad altri generi ed altre branche della cultura. Farà un po’ ridere a dirlo, ma, posto che io oggi lo sia, colto voglio dire, è stato implicitamente il cinema di SF a “farmi diventare” più colto, mi ha spinto indirettamente a diventarlo. Questo, che io lo voglia ammettere o no, lo devo alla fantascienza.