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Terra 6

Terra 6

Terra 6, racconto.

Il Racconto della Domenica

 

In occasione della sua riapertura, ho pensato di regalare ai nostri lettori un raccontino, uscito l’anno scorso su Dimensione Cosmica, proprio sul ponte di Genova, quando è venuto giù.

Pierfrancesco Prosperi

 

“Ma cosa caspita hai combinato?” la voce di Xan è un singulto strozzato.

Ulla si copre gli occhi con le mani, mentre davanti a loro il grande monitor a parete svela impietoso tutti i particolari del crollo, la valle battuta dalla pioggia e devastata dalle masse di cemento armato collassate sul letto del torrente, sulla ferrovia, sui capannoni, sulle auto che sembrano modellini straziati dalla mano capricciosa di un bambino.

“Oddio che disastro. Non capisco cosa sia successo. Non avrei mai immaginato…”

L’occhio del drone continua implacabile a scandagliare la vallata. Dagli spezzoni del ponte rimasti in piedi gli occupanti di un paio di veicoli occhieggiano giù, increduli di averla scampata. Il sonoro ridotto al minimo porta le urla dei feriti e il lugubre ululato delle sirene. Sembra quasi di sentire l’odore acre degli incendi e la zaffata aspra del gas in fuga.

Per quanto si sforzi di restare calmo, anche Xan è rimasto scosso. “Che cos’hai combinato, dunque?” ripete in tono più controllato.

Lei fissa il monitor attraverso il filtro delle dita semiaperte. “Non… non era possibile prevederlo, Xan. Avevo usato un programma standard, un normale software per il calcolo di ponti e viadotti. A essere sinceri, lo avevo anche un po’ semplificato.”

Lui la fissa con aria severa. “Commettendo probabilmente qualche errore. Sono programmi che non andrebbero manipolati. E scommetto che non hai tenuto nemmeno conto dell’aumento di traffico che inevitabilmente si verifica su tutte le autostrade nel periodo successivo alla costruzione.”

Ulla scuote il capo. Toglie le mani dal viso. I suoi occhi blu sono sgranati. “No, non l’ho considerato. Ma finora nulla lasciava immaginare un disastro del genere.”

“Sono fatti che si verificano all’improvviso” replica Xan. “Probabilmente i responsabili della struttura ci hanno messo del loro, omettendo i normali controlli e una manutenzione adeguata. Ma è l’idea di base che era… bizzarra. Anzi, consentimi: strampalata. Costruire un’opera così mastodontica e invasiva in una zona densamente popolata, scavalcando strade, ferrovie, fabbriche e palazzi… Era una scommessa piuttosto facile da perdere. Sta di fatto che il tuo capolavoro d’ingegneria è rimasto in funzione…” controlla un paio di scritte comparse in sovraimpressione sul monitor “due settimane scarse.”

La voce di Ulla ha ripreso sicurezza. “Xan, su Terra 6 due settimane corrispondono a cinquant’anni di vita dei nativi. Più o meno.”

“Il ponte doveva durare cento dei loro anni” ribatte pronto Xan. “Come minimo.” Poi alza le spalle. “Va bene, non è niente di spaventoso. Cose che possono succedere. Passiamo a qualcos’altro.”

E cambia immagine sul monitor. Uno sconfinato orizzonte marino, un oceano scintillante sotto il sole, sul quale due enormi catamarani fuoribordo dai colori brillanti stanno gareggiando a velocità mozzafiato.

Ma Ulla con un gesto rapido, niente più che una strizzata d’occhi riporta l’inquadratura sul gigante di cemento collassato, sulla valle straziata dal lutto, sugli uomini che si aggirano smarriti come insetti in un formicaio devastato dalla zampata di un predatore.

“Se non ti spiace non mi va di giocare a nient’altro, oggi. È stato troppo… scioccante. Hai visto i dati, Xan? Là sotto ci sono rimaste quarantatre persone!”

Xan fa spallucce. “Sì, ho letto. È andata ancora bene perché non ha investito nessuno dei condominii costruiti là sotto. Poteva essere una strage epocale.”

Ulla ha lo sguardo fisso nel vuoto. “C’erano anche dei bambini. Famiglie intere. Innocenti che passavano di lì per caso, andando in vacanza. È stato terribile.”

“Non sono veri” commenta Xan in tono indifferente.

“Come fai ad essere così cinico?” scatta la ragazza. Punta il dito verso un punto dello schermo provocando una zummata vertiginosa che evidenza particolari raccapriccianti della scena. Arti strappati, membra dilaniate, rocce e cemento screziati di rosso scuro. “Non lo vedi? Quello è SANGUE!”

“Sangue virtuale. Non farti impressionare. Non c’è niente di reale. Sono come… ecco, diciamo, degli ologrammi.”

“Ologrammi che soffrono, provano paura e dolore.”

“Ologrammi che credono di soffrire e di provare dolore. Non credere alle apparenze.”

“Basta!” esclama lei. “Mi sento… mi sento un mostro.”

Xan si alza, obbligando lei a fare lo stesso, e la fronteggia. La supera di tutta la testa.

Adesso la ragazza piange in modo incontrollato. Xan la prende per le braccia lasciandola sfogare un po’, poi con due dita le solleva il mento.

“Ascoltami bene, Ulla. Devi convincerti una volta per tutte che non esiste nient’altro al di fuori di noi. Noi siamo l’unica realtà, gli unici esseri viventi. Terra 6, le altre Terre e tutti i mondi con cui ci trastulliamo hanno solo l’apparenza del vero. Esistono solo nella misura in cui noi le concepiamo. Sono come… come delle nostre proiezioni, ecco.”

Lei annuisce a lungo, asciugandosi gli occhi. Sembra una bambina che cerca di assimilare una nuova nozione. “Okay” dice alla fine “ho capito. Scusa. Va bene, mi è passato.”

Tornano a sedersi davanti allo schermo. È stata come una nube passeggera in una giornata estiva. Xan si sorprende a specchiarsi nella parete traslucida che affianca il monitor. Scruta pensoso il proprio volto di eterno trentenne, la fronte spaziosa, i lineamenti addolciti e resi quasi perfetti dalla chirurgia genetica.

Soffoca uno sbadiglio. A volte può sembrare così noiosa la vita degli Immortali. In certi momenti passare il tempo diventa un vero problema.

“Okay, riprendiamo” dice in tono gioviale. “Hai intenzione di ricostruirlo?”

Lei annuisce.  Sembra aver dimenticato tutto. “Penso proprio di sì. Userò un software più aggiornato, e credo che ricorrerò all’acciaio in luogo del cemento. Voglio vedere quanto tempo dura questa volta.”

 

Pierfrancesco Prosperi
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Nato ad Arezzo nel 1945 è uno scrittore molto prolifico, che si è sempre diviso fra narrativa e fumetti. Esordisce su "Oltre il cielo" nel 1960, specializzandosi prevalentemente in sf e soprattutto nel genere ucronico. Trattò l'argomento dell'omicidio Kennedy in chiave ucronica e fantascientifica, nel romanzo "Seppelliamo re John" (1973), con racconti e con il saggio "La serie maledetta" (1980), dedicato a tutti i 4 presidenti americani assassinati.

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