I BlaBlaBla sul futuro – 1
In questa analisi Vanni spiega come si svolga lo schema classico dei film di fantascienza e come tale schema sia stato sfruttato nelle realizzazioni americane e inglesi per descrivere la lotta politica contro l’Unione Sovietica e il comunismo. La seconda puntata sarà disponibile domenica 26 giugno.
Lo schema classico che regge il tradizionale film di fantascienza inglese (e non solo inglese) si compone di tre elementi fondamentali:
- Si verifica un evento che sconvolge l’ordine esistente
- Le azioni che ne seguono sono tutte finalizzate alla identificazione e conseguente eliminazione degli elementi di disturbo.
- Finale della vicenda in cui si ricostruisce l’equilibrio sconvolto.
A questi elementi fanno seguito tre diversi meccanismi psicologici che lo spettatore attiva e che corrispondono ai tre elementi appartenenti al film:
la fuga nel disordine dalla propria insoddisfacente realtà o anche una fuga dalla realtà che sta crollando davanti ai nostri occhi devastata da elementi estranei che si sono introdotti apertamente o subdolamente nel nostro pacifico e tranquillizzante quotidiano.
Lo spettatore, attraverso la proiezione e l’immedesimazione nelle azioni violente e pericolose che scorrono sullo schermo, scarica le proprie tensioni e frustrazioni quotidiane attendendo, dopo ogni sensazione di paura, una impressione di sollievo: la calma per il ristabilimento dell’ordine nella finzione filmica e, specularmente, fiducia o timore che il tutto possa accadere nel proprio reale.
Molti film di fantascienza, soprattutto alcuni di essi considerati più adulti, pur se con fasi altalenanti, rovesciano lo schema classico esposto fino ad adesso ponendosi, soprattutto nella fase conclusiva, in antitesi rispetto alle prospettive di tranquillizzazione del pubblico. Essi tendono a inquietare, a non risolvere le situazioni create (finale aperto) o a risolverle secondo modelli di sviluppo estranei alla nostra società.
L’ambiguità, regola della migliore fantascienza letteraria, è diventata così la componente essenziale della miglior fantascienza cinematografica.
Questa ambiguità totale e totalizzante che permea un certo cinema di fantascienza e il cui unico segno apparente sembra essere quello consolatorio del cinema d’evasione, in realtà opera in profondità conducendo lo spettatore in uno stato ansioso che può essere identificato come “choc da futuro.”
In sostanza questi film, in cui tutti gli elementi concorrono a creare tutte quelle particolari e inquietanti atmosfere future, sia in senso sociale sia in senso spaziale, scoraggiano questo cambiamento proprio perché il cambiamento è implicitamente proiettato e finalizzato al futuro.
Questo tipo di cinema di fantascienza ha dato un contributo di notevole portata all’affermarsi di una ideologia conservatrice che negativizza l’utopia quale tensione ideale innovatrice.
Noi oggi sappiamo che gli evidenti riferimenti critici di molti film di fantascienza del passato, hanno trovato uno spazio senza precedenti. Basti pensare al periodo maccartista di Hollywood in cui tutto il cinema in generale, ma in modo più specifico quello di fantascienza, era diventato un potente strumento di propaganda anticomunista nelle mani del mondo occidentale capitalistico (I 27 Giorni del Pianeta Sigma, I Vampiri dello Spazio, L’Astronave Atomica del Dottor Quatermass, Il Giorno dei Trifidi. Il Villaggio dei Dannati, La Stirpe dei Dannati…).
Il tema dell’alieno e quello dell’invasione della Terra da parte di esseri di altri mondi, preferibilmente marziani, hanno per diverso tempo impegnato le case produttrici americane. Il celeberrimo Invasione degli Ultracorpi di Don Siegel del 1956 è giustamente considerato uno dei massimi esponenti dell’epoca e, non a caso, si inserisce in un panorama politico piuttosto critico.
Il 1956, infatti, fu l’anno del rapporto segreto di Kruscev al XX° Congresso del PCUS, dove l’appena promosso segretario denunciò la politica di Stalin fondata sul culto della personalità e decretando ufficialmente l’inizio della de-stalinizzazione e fu anche l’anno dell’intervento armato sovietico in Ungheria contro il governo Nagy e dello sbarco di Fidel castro a Cuba per rovesciare la dittatura di batista.
Questi eventi determinarono, per forza di cose, una reazione angloamericana nei confronti del comunismo internazionale senza precedenti: tutto l’apparato politico, culturale e militare venne impegnato nella Guerra Santa contro il pericolo rosso.
Tanto è vero che, all’inizio della dottrina Eisenhower, gli Stati Uniti si dichiararono pronti, in qualsiasi momento, a soccorrere, anche con le armi, i governi minacciati dal comunismo. Un atteggiamento che ha molte analogie con l’l’intervento americano e inglese in Iraq.
Nel 1953 l’Unione Sovietica fece esplodere la sua prima bomba atomica e da questa particolare e delicata situazione politica si assistette gradualmente alla nascita e allo sviluppo delle distopie. Anche a causa della paura per la guerra nucleare e della paura della supremazia tecnologica. Ricordiamo, infatti, che la Russia, lanciò nel 1957 il primo satellite artificiale della storia: lo Sputnik al quale, pochi mesi dopo fece seguire lo Sputnik II con a bordo la cagnetta Laika e tutto questo mentre gli Stati Uniti, accumulavano fallimenti.
I film di fantascienza non si reggono più sull’invasione degli alieni (sovietici) provenienti da Marte (Russia) o sul terrore della guerra nucleare, quanto piuttosto su una visione complessiva quotidiana e sociale.
Si offre allo spettatore la visione di un futuro descritto in ogni particolare e abitato da comuni mortali.
È un futuro, che se fosse anche posto in una lontana galassia o in un tempo molto lontano dal nostro, ha la peculiarità di incorporare gli stessi rapporti che vigono oggi tra gli esseri umani; non solo, ma tutti i difetti umani sono dilatati e moltiplicati geometricamente come nel Signore delle Mosche di Peter Brook.
Nel futuro, nella corsa alle stelle, l’uomo non lo crede più come principio e speranza dell’umanità, perché ancor prima l’uomo ha cessato di credere in sé stesso e nelle proprie capacità di autogoverno e di progettazione. La memoria si è definitivamente sottomessa alla coscienza e da questo atto non può che nascere l’inizio della fine.
Come si è visto, quindi, l’unica speranza di vita per l’uomo passa attraverso una riaffermazione della classicità, una rinuncia allo sviluppo tecnologico e scientifico apparentemente incontrollato e un ritorno all’immagine di un gregge che abbassa la testa sotto il mito di una fantomatica guida.
La fantascienza, ci sia consentito enunciarlo, non è innanzitutto solo un genere letterario o cinematografico di consumo, una sorta di letteratura allegorica a sfondo educativo, bensì un genere le cui condizioni necessarie e sufficienti sono la presenza e l’interazione di straniamento e cognizione e il cui principale procedimento formale è una cornice immaginaria alternativa all’ambiente empirico dell’autore e la specificità che la distingue da ogni altra narrazione di tipo fantastico: è il dominio o egemonia narrativa di un novum, inteso come novità, innovazione, che sia comunque funzionale e convalidato dalla logica cognitiva.
La scienza diviene così lo specimen della fantascienza, la sua motivazione iniziale e dinamizzante, la garanzia attraverso la quale la si può definire come una letteratura o un genere cinematografico che esplora il campo del possibile quale ci permette di intravederlo la scienza.
Ma c’è di più: la fantascienza, finalmente, pone su un terreno comune ragione e immaginazione, scienza e poesia, intelletto e sensibilità armonizzando proprio quelle facoltà tipicamente umane che il pensiero reiterato non ha mai esitato a contrapporre in modo insanabile.
Per la fantascienza è comunque intrinsecamente o per definizione impossibile riconoscere l’esistenza di un agente metafisico perché ciò significherebbe uno sconfinamento nel fantasy, nel sovrannaturale e, qualora il metafisico si presentasse, sarebbe risolto nel dato tecnologico.
La fantascienza non è quindi, come si pensa erroneamente e comunemente, scienza rivestita di fantasia, ma esattamente il contrario: fantasia purissima pudicamente coperta dai veli di una elaborazione razionale. Non importa se dispiegata paradossalmente, l’importante è che le cose che descrive o ci mostra per immagini siano credibili, verosimiglianti. Infatti riconosce, come suo compito, rappresentare le immagini come debbono essere, senza ombra di dubbio e senza alcuna esitazione.
Una delle fondamentali esigenze della fantascienza (specialmente di quella inglese) è quella di dover essere, a tutti i costi, credibile, convincente e persino controllabile.
Il topos privilegiato e più frequente tra gli autori e i registi di cinema di fantascienza quando si deve rappresentare una città del futuro, è , molto probabilmente, la Città Post – Apocalittica. (Il Signore delle Mosche – …E la Terra prese fuoco)
In quasi tutte le opere filmografiche, partendo almeno da Metropolis di Fritz Lang, passando attraverso Nel 2000 non sorge il Sole e per finire con Hallucination, la città riveste un’importanza primaria e fondamentale; qui il territorio, come lo intendiamo oggi, ha cessato di esistere e lo scenario più probabile che circonda la città è il deserto, una giungla, distese innevate o, quantomeno un territorio inospitale e pericoloso, minaccioso e letale verso il diverso (L’Uomo che cadde sulla Terra).
Basterebbe ricordare oltre a Nel 2000 non sorge il Sole, Un Mondo maledetto fatto di Bambole di Michael Campus dove i protagonisti preferiscono un mondo ignoto o l’annullamento totale alla città-lager dove fino a quel momento erano vissuti.
Di fatto la città-società del futuro è isolata dal resto del mondo e difficilmente accessibile. L’isolamento e lo straniamento dell’utopia classica ritornano in forme rivisitate, ma con opposte prospettive: la città di Utopia (Orizzonte Perduto di Frank Capra – 1937) era una meta, un sogno da ricercare, queste invece sono terrificanti realtà da cui fuggire.
Vanni Mongini
Tra i maggiori specialisti mondiali di cinema SF (Science Fiction) è nato a Quartesana (Fe) il 14 luglio 1944 e fino da ragazzino si è appassionato all'argomento non perdendosi una pellicola al cinema. Innumerevoli le sue pubblicazioni. La più recente è il saggio in tre volumi “Dietro le quinte del cinema di Fantascienza, per le Edizioni Della Vigna scritta con Mario Luca Moretti.”