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TUTTE LE SFORTUNE DI EDWIN ARNOLD

TUTTE LE SFORTUNE DI EDWIN ARNOLD

Copertina di Frank Frazetta, tratta da CAP’N’S COMICS

La Vita e le Opere del più importante autore fantasy che nessuno conosce

edwin arnold

Edwin Lester Arnold

Edwin Lester Arnold voleva fare lo scrittore.

Era nato nel 1857 a Swanscombe, una cittadina di campagna del placido Kent inglese, e la sua prima sfortuna fu di essere il figlio del professor Edwin Arnold, poeta, giornalista e orientalista di fama internazionale. Preside della King Edward School di Birmingham, si trasferì in un college in India dove l’anno dopo nacque Edwin 2, che nemmeno ricevette un nome suo originale.

Qui sviluppò un intenso amore per la cultura e le religioni orientali, che per primo importò e diffuse in Inghilterra, dove questo avrebbe generato una moda di lungo corso, arrivando sino al Sessantotto e al futuro movimento hippie ritratto dal periodo psichedelico dei Beatles. Il suo poema “The Light of Asia”, basato sulla vita e la predicazione del Buddha, ottenne grande successo anche in America.

Fu lui, come direttore del Daily Telegraph, a suggerire e promuovere l’impresa di esplorazione in Africa da parte di Henry Stanley, che lo onorò dando il suo nome a una montagna del Congo. Quattro volte ricevette decorazioni ufficiali dai governi di Turchia, Persia, Siam e Giappone.

Ma questo articolo tratta di suo figlio, Edwin 2, che nacque e trascorse la sua infanzia in India, dove rimase orfano di madre a sette anni e affidato a un padre i cui impegni lasciavano pochissimo spazio e tempo per occuparsi di un bambino.
Appena adolescente, Edwin 1 lo spedì in patria a studiare le affascinanti materie di agricoltura e ornitologia, disciplina che lo vide firmare un saggio dal titolo “La Vita degli Uccelli in Inghilterra” (1887).

Ma i ricordi di un’infanzia trascorsa in un ambiente esotico dai contorni fiabeschi lo portava a desiderare qualcosa di diverso: Edwin avrebbe voluto trasmettere al mondo vittoriano quel senso di meraviglia che gli era stato infuso.
Fu così che tre anni dopo, nel 1890, pubblicò un romanzo fantastico dal titolo “Le Meravigliose Avventure di Phra il Fenicio”, un guerriero il cui periodico letargo gli permette di percorrere la Storia come testimone dei momenti in cui l’Inghilterra si trova minacciata da stranieri.
L’accoppiamento tra fantastico e patriottismo, veicolata dal prestigio del “London News” che (non si può escludere in ossequio al cognome paterno) glielo pubblicò a puntate, convinse il pubblico delle due sponde dell’Oceano.

Purtroppo non fu così per tutti i suoi tentativi successivi, ben quattro, da “Rutherford il Nato Due volte” del 1892 a “Lepido il Centurione, Romano di Oggi” del 1901, passando per “Il Poliziotto di St. Nicholas” (1894) e “La Storia di Ulla” (1895), che non ottengono quasi riscontro.

Il suo ultimo romanzo è del 1905 ed è il motivo per cui lo ricordiamo oggi.

Gullivar Jones e la sua Vacanza” appare nelle librerie nel 1905, ed è un testo a dir poco cardinale per il futuro della narrativa fantastica: non tanto per la sua eco, che non ebbe grande sorte, ma per il successo epocale del suo successivo virtuale plagio da parte di Edgar Rice Burroughs.
Il romanzo di Arnold, pur nei suoi limiti di scrittura – carenza di tensione, incertezza sull’effettivo taglio di genere tra fantasy, protofantascienza e horror -, crea un impianto di base il cui modulo diventerà uno stilema ripreso in infinite varianti nella letteratura pulp a venire: un uomo del presente (o del passato prossimo, qui un militare dell’esercito confederato) si trova sbalzato in un mondo alieno, ne diviene un eroe e ingaggia un rapporto amoroso con una principessa locale.

La prosa dell’autore, di modico impatto e poco smaliziata, introduce elementi di notevole fascino – la decadente metropoli marziana, la sua società servile e il suo lungo crepuscolo di fronte a una Natura indifferente e sovrana – che però esita a sviluppare con decisione su un versante preciso, e rispetto a quella cronistica e incisiva di un H.G. Wells risulta molto meno moderna. Il grande pubblico di questa opera si sarebbe a malapena accorto, e l’ennesimo insuccesso spinse il povero Edwin ad abbandonare definitivamente il suo sogno di romanziere.

Gullivar Jones rimase così l’ultimo titolo della sua carriera letteraria.

Di lì a pochi anni, un autore in stringenti difficoltà economiche di nome Burroughs riprese tutti gli elementi costitutivi del romanzo, con un piglio però molto più commerciale e apportando alcune scaltre correzioni narrative: il suo John Carter è un all-american hero, pragmatico e aggressivo, che combatte e sconfigge i suoi nemici dove il finale di Gullivar era interlocutorio e poco conclusivo, e finalizza la sua relazione impalmando la principessa esotica che dà il titolo al nuovo racconto, “Una Principessa di Marte”.
Il suo stile, basico e un po’ triviale e per questo scarsamente apprezzato da un critico esigente come H.P. Lovecraft, era invece perfetto per le esigenze del pubblico di massa, che rispose in modo entusiasta anche ai seguiti “Gli Dei di Marte” e “Il Signore della Guerra di Marte”, aggiunti a stretto giro tra il 1912 e il 1914, salvandolo finanziariamente e permettendogli di arrivare alla pubblicazione della pietra miliare del 1914 che sarebbe stato “Tarzan delle Scimmie”.

Il nostro Edwin usciva dalla Storia del fantastico senza quasi esserci entrato davvero.

A salvarlo dall’oblio, anche se quasi trent’anni anni dopo la sua scomparsa nel 1935, fu un rinnovato interesse della critica nei confronti di una riedizione tascabile del 1964 dell’americana Ace Books – forse anche ironicamente grazie all’errata rititolazione “Gulliver of Mars”, col conseguente rimando al celebre personaggio di Swift di un romanzo che per i più poteva essere una prima edizione.

Nella rincorsa di un’aggressiva editrice di fumetti come Marvel al successo dello sword & sorcery del Conan di Robert Howard di cui deteneva i diritti, il nostro Gullivar si trovò agli onori di una inattesa serie disegnata, sulla testata Creatures on The Loose nel 1972. Ma malgrado un ottimo team creativo formato da Roy Thomas e Gil Kane, neanche sui comics il personaggio sfondò, lasciando il palco dopo soli sei numeri.

Con l’ironia dei corsi e ricorsi, nel 1977 invece il suo erede John Carter esordirà sulla sua collana solista Warlord of Mars, che avrà due anni e mezzo di pubblicazione e 31 episodi, nonché un premio di settore (Eagle Award), rinverdendo ancora i fasti derivativi di E.R. Burroghs, poi esaltati dal film uscito nel 2012.

A parziale consolazione postuma di Edwin Arnold, almeno sul mercato del libro collezionistico, il suo Gullivar surclassa la prima edizione di “A Princess of Mars” raggiungendo quotazioni sui 1000 $ che ne riattestano il primato di titolo creatore di un intero genere, da alcuni chiamato Interplanetary Romance.

Dario Janese

1964, torinese, storico americanista e promotore culturale, già collaboratore Marvel negli anni '90 e fondatoredal 2000 di laboratori letterari e seminari di informazione critica sulla narrativa fantastica. Relatore in Storia del Fumetto alle rassegne Picta Comics, Salone del Libro di Torino, Reasonanz, Popsophia. Bibliografia: "Astralia" (Ananke 2006), "Convivia" (Ananke 2007) "Indaco" (Lineadaria 2009), "Grazie di Tutto, Miss West" (Robin 012).

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