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Il razziatore di Katy Blacksmith

Il razziatore di Katy Blacksmith

Katy Blacksmith è il nome d’arte di una scrittrice che non conoscevo e che da poco si affaccia alla fantascienza scritta.

Katy Blacksmith: Il razziatoreIl razziatore che ho adesso tra le mani è il suo secondo libro basato, se ho capito bene, sullo stesso universo del primo, intitolato Bestia di Pterr.

La cosa più entusiasmante di questo romanzo sono le razze che lo abitano. Vivono assieme, ma l’autrice non rinuncia a sottolineare un po’ di razzismo qui e là: per esempio i furliani alti quasi tre metri e forti in proporzione, ricoperti di placche cornee (non abbiamo ulteriori particolari fisici per descriverli) fanno un po’ paura e in genere sono visti con sospetto da molti. Eppure, questo non succede a Mitila, ‘minuscola cittadella mineraria posta nella zona temperata di un anonimo pianeta’ dove si svolge l’azione principale: una sorta di terra franca in cui ogni razza pare trovare la sua migliore sistemazione.

Abbiamo poi i drioti, (uno solo a Mitila) razza davvero straordinaria, capaci di percepire i moti dell’animo di qualsiasi altra razza e, in definitiva, di modificarli.

I dadao, razza sotto il metro e cinquanta e dall’aspetto innocuo, occhi iridescenti, con una cresta di pelo che può andare dal biondo al bruno dalla sommità del capo al termine della schiena.

Vedremo che una certa importanza l’hanno i marok, che sono abitanti originari di Rokana, con un ampio torace, arti forti, colorito olivastro e macchie chiare sul retro del collo, della vita e delle ginocchia.

Si tratta di un romanzo di avventure in un ambiente che ricorda vagamente le Guerre Stellari, ma senza guerre! In pratica un universo abitato da razze intelligenti, tutte diverse tra loro, ma quasi del tutto privo di terrestri: solo due popolano questo libro.

Risp.: È vero, ci sono soltanto due umani, Sara e Mick, portati nello spazio quasi venti anni prima da un gruppo di mercanti. Erano stati rapiti e venduti come rarissimi animali da compagnia, a prezzi spropositati. Nel tempo hanno avuto modo di riscattarsi e trovare la propria strada, ma nessuno dei due aveva alle spalle una storia sufficientemente forte e credibile per essere un protagonista in questa avventura, che richiedeva capacità e conoscenze molto al di là delle loro possibilità.

Se debbo dire di una imperfezione per i miei gusti, è la mancanza quasi totale di descrizione dei pianeti. Ci sono internodi, qualsiasi cosa siano e campi cosiddetti secondo un termine della razza dei drioti: zone abitate da razze mescolate tra loro, e controllate da un driota. I pianeti, se presenti, sono tutti anonimi.

Risp.: Di pianeti ne Il Razziatore ne sfioriamo alcuni: c’è quello in cui si trova la cittadella mineraria di Mitila e che forse è quello di cui definisco maggiori particolari, c’è il pianeta su cui trovano la figlia del proprietario della navetta e sul quale i personaggi restano per pochissimo tempo, ci sono i pianeti su cui si trovano le colonie driote, c’è il pianeta su cui c’è la struttura ricettiva dove Sara e Baan-ah vorrebbero trascorrere qualche giorno di vacanza, ci sono anche un paio di colonie penali, luoghi ingrati, e il pianeta che ospita il centro del mondo dei furliani. Ma la descrizione dei pianeti (come anche quella degli alieni) non è un elemento centrale nel romanzo. A meno di alcuni elementi importanti per dare il corretto punto di vista, ritengo che ogni lettore abbia la possibilità di sperimentare ciò di cui sente maggiormente il bisogno, immaginandoli come preferisce. Io ho molta fiducia nella capacità creativa di chi legge, forse perché a me basta pochissimo per riuscire a vedere un’infinità di particolari che mi aiutano a sentire più mio ciò che leggo.
La differenza tra pianeti e internodi è presto detta: gli internodi sono gigantesche stazioni spaziali, un incrocio tra cittadine e centri commerciali dove si può trovare tutto ciò che può servire, dai pezzi di ricambio alla manodopera, dal cibo al divertimento. Essendo situati nello spazio non necessitano di enormi quantità di carburante per essere avvicinati e soprattutto lasciati, e questo li rende estremamente convenienti.
L’espressione campo è una di quelle parole che i drioti non vogliono farci sapere di utilizzare: rovinerebbe la loro fama di altruisti e amanti della pace se sapessimo che la loro presenza serve a controllarci, a coltivarci in modo che i nostri sentimenti siano di un certo tipo.

A un certo momento, succede che proprio a Mitila, un marok cerchi di portare via tre individui a bordo di una navetta spaziale di lusso. Forse rubata? Partirà da qui l’indagine su questo crimine, alla ricerca dei padroni della navetta.

Costui è il complice del razziatore di cui il titolo. Quindi un crimine. E vedremo quali tentacolari sviluppi avrà questa indagine.

Da questo semplice incidente nascono tutte le 546 pagine di questa storia, fatta di avventure fisiche ed esplorazioni nell’animo di tante razze immaginarie, ma meravigliosamente complete nella mente di Katy Blacksmith.

Tu le hai studiate bene, Katy!

Risp.: Più che riguardare le peculiarità delle razze in sé, la vicenda interessante è sempre quella “umana”, dei singoli.
Un passato che segna, un’infanzia trascorsa nel cercare di comprendere cosa rendeva straziante ogni momento e poi la rivelazione; la comprensione della propria diversità, delle proprie necessità specifiche che insieme elevano e rendono abietto un cattivo. Il passaggio nel quale acquista autocoscienza rende interessante anche un villain imperdonabile come quello a cui è intitolato il romanzo.
Allo stesso modo un protagonista che ha trascorso tutta la vita a rinunciare a pratiche di sopraffazione (nelle quali potrebbe eccellere, volendo) al punto da subire svariati atti di bullismo senza ribellarsi né nutrire sentimenti di vendetta, sembra essere l’individuo meno adatto a contrastare una minaccia totale, globale. Eppure, non si tira indietro, si sottopone anche al contatto con realtà che ne devastano l’animo sensibile, pur di proteggere chi ha posto sotto la propria ala.
Leggendo il romanzo capirete meglio di chi sto parlando!
Le caratteristiche dei personaggi, delle diverse specie, le ritengo funzionali alla storia e meno, molto meno importanti della storia in sé.

Ma tu esattamente chi sei? Ha un nome vero?

Risp: Certo che ho un nome vero, ogni persona reale ne ha uno.
Due punti importanti: non sono un’intelligenza artificiale e non le utilizzo neppure per scrivere, neanche come suggerimenti. Ho abbastanza cose nella testa da non dover ricorrere a trucchi.

Da come ti presenti mi sembri molto giovane.

Katy BlacksmithRisp: Questo perché fingo benissimo. Non sono più così giovane nonostante mi piaccia essere poco seria nelle mie presentazioni. Ho passato i 50 anni da un po’ e i capelli grigi della foto sono davvero i miei.
Sono piemontese, Katy Blacksmith è uno pseudonimo ma NON mi chiamo Caterina Fabbro e a Torino ho vissuto vent’anni. La maggior parte del tempo ho abitato non lontano da piazza Adriano. Torino mi è rimasta nel cuore: molte esperienze interessanti le ho fatte lì, incluso lo studio della Fisica e tre delle quattro scuole di arti marziali che ho frequentato.
Ora abito poco fuori Roma insieme al marito e alle nuove gatte. Non amo fotografarmi. In questo caso è intervenuto un vero artista, @Osmelfabre che ringrazio di cuore. Solo per voi!

Vedo che questo libro (e quello prima) sono pubblicati in proprio, cioè non sei passata attraverso un editore. Come mai?

Risp.: Sono autrice self per scelta, e lo sono per motivi strettamente caratteriali: molti dei meccanismi delle case editrici mi irriterebbero, per cui ho deciso di salvaguardare il mio fegato. Però scrivere non basta per confezionare un libro, e infatti ho la mia “squadra”, la editor e il grafico, che mi aiutano in quello che non so fare. Col loro aiuto posso verificare la coerenza della storia, darle un taglio professionale in ogni passaggio, discutere alcuni approfondimenti psicologici dei vari personaggi, fino a giungere a chiarezza, così che non si comportino in maniera inattesa o fasulla.
Invece per quanto riguarda l’impaginazione per il cartaceo e creazione degli ebook, faccio da me; ho dovuto imparare perché uso LaTeX per scrivere i romanzi. Quasi nessuno riesce a mettere le mani su quei sorgenti, ma il risultato sul cartaceo è di alta qualità.
Per gli ebook dopo alcuni tentativi con software esistenti mi sono scritta un programma che prende i sorgenti LaTeX e mi restituisce un .epub corretto, pulito, facilmente modificabile, facile da usare. Il risultato ha passato i filtri di Amazon, quindi continuerò a usarlo e con una notevole soddisfazione personale. Il trucco è che ho un’esperienza più che ventennale nella programmazione su linux, sono abituata a risolvere i problemi software.
Si sa che quando si è autori self, all’autore tocca svolgere anche tutto il mastodontico lavoro di promozione delle proprie opere. Quello che non si dice mai, è che anche chi pubblica con le Case Editrici dovrebbe farlo, perché costoro promuovono i propri autori per un mese, un mese e mezzo e poi lo abbandonano per passare al gruppo di uscite seguenti. Non è cattiva volontà, è che proprio non hanno le risorse per fare di più. A questo punto preferisco fare da sola. Non è semplice, ma promuoversi non lo è mai. E chi parla di keywords che svoltano la vita, mente.

Dicci qualche altra cosa su di te. Facci capire meglio chi sei.

Risp.: Sono una persona curiosa, per cui nel tempo mi sono avvicinata a diverse cose. Ho avuto due motociclette, ho fotografato per un po’, ho qualche chitarra elettrica, un flauto traverso e una caterva di libri. Leggo in lingua italiana e in lingua inglese, per ora.
Gli anni di arti marziali hanno parecchia responsabilità nel mio approccio a quello che faccio, al voler sempre migliorare anche quello che già funziona. Sono anche un’amante della birra artigianale. Ho iniziato a produrla in casa nel 2004, prima che Teo Musso riuscisse a smuovere mari e monti con il movimento della birra artigianale. In seguito, ho preso anche un master in tecnologie birrarie e per Teo, al birrificio nel cuneese, ho lavorato per oltre due anni, come ho lavorato anche a Birra del Borgo, quando mi sono trasferita nel Lazio.
In casa aggiusto le cose e faccio piccoli lavoretti. Visto il mio “pollice della devastazione” ho deciso di automatizzare la coltivazione delle fragole con un piccolo sistema idroponico, con risultati discutibili, ampiamente migliorabili.
E in quanto persona curiosa, è facile che qualcosa catturi la mia attenzione. Le vetrine davanti cui mi imbambolo non sono né le gioiellerie né i negozi di scarpe; datemi un ferramenta e io metto radici.
Altra passione: amo i drama orientali.
Riassumendo: sono nerd.

La qualità di questo romanzo è davvero buona. Migliorabile forse con l’esperienza, ma direi molto professionale. Che programmi esattamente hai, per scalare la tua carriera?

Risp.: Grazie. Non so se esista un modo per far davvero partire la propria carriera. Di certo non basta scrivere e scrivere e scrivere producendo un libro dietro l’altro per poi buttarli su Amazon. È indispensabile farsi conoscere, mettersi in gioco per trovare le proprie debolezze e correggerle, puntare in alto, e magari discutere e confrontarsi  con altri autori, se possibile. Mi sono utili sia i feedback di chi mi legge e poi mi dedica qualche minuto contattandomi, sia la mia editor, che ha esperienza e abbastanza polso da sopravvivere alle discussioni con me. Riguardo il puntare in alto: ho sottoposto Il Razziatore alla commissione del Salone Internazionale del Libro di Torino, e il romanzo ha superato il loro vaglio; quindi, dal 9 al 13 maggio sarò a Torino in veste di espositrice. Non perché mi porterà là una casa editrice, ma ci andrò con la sola forza del mio libro. Ne sono molto orgogliosa, immagino si noti. Eppure, per me non è un punto d’arrivo, è solo una tappa, uno dei passaggi per puntare a migliorare sempre, e di strada ne ho ancora moltissima da fare.
Sarò anche presente a Rivoli, il 20 e 21 aprile a “libri in piazza” e a Campodolcino, il 20 luglio, per il “Festival Nazionale dello Scrittore”, e più avanti potrebbero uscire altre date. Incontrare i lettori, farsi conoscere, spendersi, mettersi in gioco. Sono queste le cose che occorre fare. Anche se siamo nel mondo dei social e nell’epoca del virtuale, nulla può ancora sostituire un incontro nella realtà, un dialogo, uno sguardo.
Tornando al far decollare la carriera di autrice: con una ottima squadra alle spalle anche un autore self può produrre romanzi che tengono serenamente testa, come qualità editoriale, alle più affermate case editrici. Prova ne è la notizia strepitosa di questi giorni: un romanzo di un’autrice self (parlo di Carmen Laterza, con il suo “L’ultima spiaggia”) è stato proposto per il prestigiosissimo premio Strega. Non era mai accaduto a un libro autopubblicato, ma conoscendo Carmen e la sua professionalità non poteva che essere lei la prima a sfidare l’incantesimo dello Strega, un ambiente chiuso, il giardino privato di alcune case editrici.l futuro porterà una nuova direzione; anche se, sia in Bestia di Pterr che ne Il Razziatore, mi sono lasciata invisibili agganci per possibili altri libri, per un po’ lascerò da parte la fantascienza e mi dedicherò a una storia complessa e articolata tra il mondo degli umani, quello dei demoni e quello degli immortali in una Cina dell’epoca Song settentrionali, ovvero poco dopo l’anno mille.
Ho due libri in canna: il primo è già dalla editor per ricevere le indicazioni su come migliorarlo e probabilmente uscirà entro la fine del 2024. Se tutto andrà come voglio avrà anche alcuni dipinti a corredo, del tutto in stile con l’opera, e che la impreziosiranno tantissimo. Del secondo sono quasi a metà della prima stesura, e ho già un’idea per il terzo della serie e forse anche per il quarto.
Poi, certo, ci sarebbe sempre una trilogia urban fantasy i cui personaggi (specie uno, un semidio) periodicamente tornano a molestarmi per farsi scrivere, ma con calma arriverà anche il loro turno. Gliel’ho promesso, e non mantenere le promesse fatte a un semidio espone a conseguenze gravissime.

Abbiamo poco parlato dei due (solo due) personaggi terrestri di questa storia. Uno di loro (credo di aver capito) era un protagonista del tuo primo libro. Qui non ne parli moltissimo. Non sarebbe stato giusto aggiungere un cenno dei fatti che io non ho letto?

Risp.: In realtà i cenni ai fatti di Bestia di Pterr, in cui la protagonista è Sara (con il suo difficile percorso che l’ha portata nello spazio) ci sono, almeno quelli salienti. Ho preteso che la editor non conoscesse il primo libro, così da farsi le domande giuste sui punti oscuri, per aiutare il lettore a districarsi nella vicenda de Il Razziatore senza troppi buchi nella trama, visto che il mondo in cui i fatti si svolgono è lo stesso.
Bestia di Pterr è la prima opera, e al momento è ancora piuttosto grezza. Prima o poi la riscriverò da capo, in modo da renderla più fruibile. Fra lei e Il Razziatore c’è un abisso in termini di stile e se da un lato mi inorgoglisce constatare quante cose ho imparato, un po’ mi imbarazza l’ingenuità della prima opera.

Naturalmente vorrò seguirti e quindi fammi e facci sapere che cosa vorrai combinare.

 

Franco Giambalvo
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Appassionato di fantascienza da sempre, ma ha scoperto di esserlo in quarta elementare quando lo hanno portato a vedere "La Guerra dei Mondi" di Byron Haskin: era il 1953 e avrebbe compiuto nove anni in quell'autunno. In seguito ha potuto scrivere con l'aiuto di Vittorio Curtoni e ha pubblicato un romanzo, del tutto ignorato, dagli Editori e dai lettori. Ma non si lamenta troppo: ama la fantascienza!

Katy Blacksmith
Katy Blacksmith

piemontese, sulla cinquantina, nome d'arte, poco propensa a rivelare in pubblico i suoi dati, è tuttavia una scrittrice di grande interesse e noi non serve altro per essere suoi amici. Prossimamente la risentiremo, siamo sicuri.

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