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Nasce Blade Runner (seconda puntata)

Nasce Blade Runner (seconda puntata)
La quarta stesura è la prima con il titolo definitivo Blade Runner ed è datata 24 luglio 1980. Ancora insoddisfatto, almeno in parte, il regista assunse un altro sceneggiatore, David Peoples, per altre riscritture.  Quella che raccontiamo qui è proprio la quarta versione, l’ultima firmata dal solo Fancher. La prima puntata è apparsa domenica 27 aprile.

 

Seconda puntata

AVVISO: nell’articolo sono descritte scene scabrose e cruente

Deckard è nella vasca da bagno del suo appartamento e beve un drink. Rachel si siede sul bordo e lui comincia a corteggiarla e accarezzarla, in maniera sempre più esplicita, e lei non si sottrae, fino a che lui non la trascina nella vasca.

Il mattino dopo Deckard si sveglia e con delusione scopre che Rachel non c’è. Dopo essersi rasato la chiama al telefono, ma risponde la segreteria, con suo grande disappunto.

Sebastian entra nell’appartamento di Deetchum, il portiere del suo stabile. Lui non c’è, ma in compenso scorrazzano liberamente un maiale e vari uccelli, fra cui delle galline. Sebastian raccoglie delle uova e le mette in una ciotola e prima di andarsene lascia del denaro in pagamento. Tornato nel suo alloggio, Sebastian a sorpresa trova due sconosciuti: Mary e Batty, il quale mostra la sua destrezza giocando con la ciotola. Poi arriva Pris, che abbraccia affettuosamente Batty e Mary e li presenta come i suoi zii. Gli “zii” ringraziano l’inventore per l’ospitalità data a tre campagnoli sperduti nella metropoli. Sebastian non è abituato a tanto calore e ne è felice. Mentre va a preparare la colazione, Batty informa Pris che i loro tre compagni sono morti. Pris ne è sconvolta e spunta un porcellino animoide che canticchia una filastrocca. Pris dice di avere poca fiducia in Sebastian, al contrario di Batty, che invece è convinto che sarà fedele e utile a chi gli mostra amicizia.

Deckard va a trovare Holden, ricoverato in ospedale: scopriamo così che è ancora vivo ma paralizzato, rinchiuso in un polmone d’acciaio. I due si scambiano battute da vecchi amici, e Holden è contento di rivedere il collega, nonostante le sue condizioni. Alla fine Deckard gli rivela che non solo simpatizza verso un Nexus, non solo ci è andato a letto – incidenti che possono capitare a un Blade Runner – ma si è perfino innamorato di una di loro. Holden è incredulo, gli androidi non possono provare sentimenti, sarebbe come “scoparsi una lavatrice”. Deckard se ne va, deluso dalle risposte del suo amico.

Tornato nel suo locale, Deckard sente suonare il campanello. Apre la porta a Rachel e ne è sorpreso. Rachel si guarda in giro e trova molto disordine, ma anche una diapositiva che mostra Deckard bambino con una quaglia morta in mano insieme a suo padre, che tiene un fucile da caccia. Di nuovo, i due finiscono con il fare l’amore. Dopo, Deckard le chiede se faccia mai dei sogni; solo da sveglia, risponde lei, che a sua volta gli chiede se abbia pianto alla morte del padre: lei non può farlo.

Da Sebastian, il padrone di casa siede a tavola con i suoi ospiti, con i quali, nonostante il silenzio generale, si trova a suo agio “come con i suoi animoidi”. Infine, Sebastian lo dice: “Voi siete androidi. Siete così perfetti.” I tre lo ammettono, mandando l’inventore in brodo di giuggiole quando dicono di essere dei Nexus-6. Batty, nonostante la contrarietà di Mary, chiede a Pris di fare una dimostrazione e questa sfonda il divano con una mano. Sebastian ne è allo stesso tempo spaventato e conquistato. Batty gli ricorda che hanno una cosa in comune: l’invecchiamento precoce; e gli chiede un aiuto: portarlo al cospetto di Tyrell quando gli farà la sua prossima consegna, quello stesso pomeriggio. Sebastian accetta, fra l’entusiasmo di Batty e Mary e l’affettuosità di Pris, che lo bacia. L’inventore ne è commosso fino alle lacrime. “Sei il nostro migliore e solo amico,” gli dice Batty.

Nella camera da letto di Deckard, Rachel lo rimprovera per la sporcizia e il disordine, così decide di risolvere la situazione e va a prendere l’aspirapolvere (non facile da trovare), ma Deckard le chiede di non usarlo davvero, ma solo di mimare i movimenti. Perplessa, Rachel lo accontenta ma lo trova stupido. “Sentirsi stupida fa parte dell’educazione di una brava ragazza,” replica Deckard. Rachel: “Sei malato, Deckard.” Deckard: “Mai sentito meglio.”

Sebastian parcheggia il suo furgone nel parcheggio della lussuosa villa di Tyrell. Poi, nello studio del magnate, attende di essere ricevuto; in mano tiene un contenitore a forma d’uovo. Nella piscina nuotano Tyrell e i suoi tre figli, mentre sua moglie li guarda dal bordo. Da una collinetta vicina, una figura misteriosa li guarda di nascosto. Un cameriere porta dei sandwich a Sebastian e mentre lui mangia Styles, una voluminosa guardia del corpo, preleva l’uovo. Si fa sera e nel parco della villa sei placidi bisonti vedono passare uno sconosciuto: è Batty.

Nella sontuosa sala da pranzo il dipinto di uno stallone arabo troneggia sopra il camino acceso. La famiglia Tyrell è riunita intorno al primogenito Ian, che oggi festeggia 10 anni. Styles consegna a Tyrell l’uovo, lui lo apre e ne esce il suo regalo di compleanno: un grifone animoide che volteggia per la sala, anche davanti ai ritratti di famiglia, con grande gioia di Ian e dei suoi fratellini. Infine il grifone si posa davanti a Ian.

Tyrell si sposta nello studio, dove Sebastian ancora lo attende. Il magnate gli stacca l’assegno per pagare la sua creazione e quindi nota che c’è anche Batty nella stanza. Costui si presenta e intima a Tyrell di non cercare di chiamare aiuto, poi dice a Sebastian di lasciarli soli e tornare a casa. Sebastian esegue, ma appena uscito infila la testa nella porta per chiedere se il grifone funzionasse. “Tutto bene,” lo rassicura il suo cliente. Una volta soli, Tyrell si dice sorpreso che Batty non sia venuto prima. Batty: “Non è una cosa facile incontrare il tuo creatore.”

Tyrell: “E cosa può fare per te?”
Batty: “Il creatore può riparare ciò che crea?”
Tyrell: “Qual è il problema?”
Batty: “La morte.”

Quindi Tyrell elenca gli impedimenti scientifici che frustrano le richieste e le obiezioni di Batty. Ciononostante, Tyrell lo definisce “Il migliore di tutti gli androidi possibili. Siamo orgogliosi del nostro figliol prodigo. Sono contento che tu sia tornato. Sei davvero un premio.”

Batty: “Ho fatto cose discutibili.”
Tyrell: “Anche cose straordinarie.”
Batty: “Nessuna che il Dio della biomeccanica premierebbe con il Paradiso.”

La battuta diverte entrambi, ma poi Batty lo assale e gli fracassa il cranio a mani nude. Quindi esce dallo studio e incontra Styles, che muore sventrato nel giro di pochi istanti. L’androide si sposta nella sala da pranzo. La signora Tyrell si stupisce a vederlo, ma gentile gli chiede: “Posso aiutarla?” Batty fa cenno di no, con “un’aria di rimpianto.” Nella scena dopo, Batty si lava le mani in bagno, dove incontra una domestica che vede la scia di sangue che lui ha lasciato.

Nella camera da letto di Deckard, Rachel guarda meravigliata alcune foto di paesaggi naturali. Segue uno scambio di battute da cui emerge la curiosità e la voglia di vivere dell’androide. Suona il telefono: è Bryant, che informa Deckard che Eldon Tyrell, la sua famiglia e parte del suo personale sono stati massacrati. Tutti i Nexus-6 devono essere “ritirati”, inclusa Rachel: ordini dall’alto. Quindi gli dà l’indirizzo di Sebastian e gli ordina di recarsi là. Deckard prende le sue armi. Prima che esca, Rachel gli dice che, se gli androidi simulano dolore quando sono programmati, lei non ha simulato ciò che ha passato con lui in quegli ultimi giorni. “Credo anch’io,” risponde lui, e le intima di non uscire, non rispondere al telefono e non aprire ad altri che a lui. “È stato il giorno più bello della mia vita,” dice lei.

A casa di Sebastian, lui si accinge a lavorare ma le sue mani tremano di paura. I tre androidi parlano fra loro a bassa voce, all’altro capo della stanza, interrogandosi sul da farsi. Dalla finestra Sebastian vede un uomo avvicinarsi al caseggiato e lo comunica agli altri. Anche Batty va alla finestra e lo vede. Pris: “Lo voglio.”

Batty: “Sì, ma non ucciderlo, lasciane un po’ anche agli altri.”

Deckard entra nel cortile del palazzo di Sebastian avvolto dal silenzio. Di colpo, sente rumore di vetri rotti e vede un corpo umano cadere dal nono piano e sfracellarsi al suolo: è Sebastian. Deckard entra nell’atrio del palazzo e blocca l’ascensore, quindi sale per la tromba delle scale, fino alla porta di Sebastian. Fatta irruzione, spara tre volte contro una figura intravista. Poi si accorge che era già morta con il collo spezzato: è Deetcham, il portiere. Deckard sente un lacerante grido di donna venire dalla cantina, così ricarica la pistola e scende in cantina, dove trova una palestra in disuso, ma con due macchine massaggianti in funzione, e una ragazza dal volto angelico appesa a una coppia di anelli: Pris. Le gambe di lei scattano e lo disarmano, poi inizia un assalto spietato e quasi sadico: Pris lo sbatte da un angolo all’altro della palestra, gustando le sue sofferenze come un gatto col topo. Quando infine Pris avvicina la testa dell’uomo al motore di una delle macchine in moto, Deckard riesce ad afferrare un manubrio e colpirla. Libero dalla presa, Deckard ritrova la pistola laser e con un colpo amputa il braccio sinistro di Pris. Ma non basta a fermarla e lei si rilancia all’attacco, ma Deckard le spara al collo e la finisce. Deckard esce dalla palestra e risale fino al nono piano. Qui vede delle impronte e le segue fino alla porta di Sebastian, alla quale Deckard spara tre colpi. Sfondata la porta, Deckard spara ancora dentro l’appartamento, alla cieca. Colto da un’intuizione, spara altri colpi contro un armadio, lo apre e c’è il “cadavere” di Mary. Dal soffitto cade una pioggia di calcinacci. Alzato lo sguardo, saluta Batty anche se non lo vede. Poi sale al decimo piano, nell’appartamento sfondato. Non vede nessuno, ma sente l’imitazione del verso di un gufo. Cercando con lo sguardo, vede Batty in un angolo, quasi nudo e con un trucco grottesco sul viso, che gli chiede: “Vuoi giocare?” Deckard gli spara più volte, ma ogni volta l’androide schiva agilmente i colpi, fino a che non raggiunge il poliziotto e lo colpisce in testa. Deckard cade in ginocchio e Batty lo colpisce in faccia, poi lo lascia e da un’altra stanza lo invita a seguirlo e sparargli. Deckard esegue e quando lo vede gli spara, ma frantuma uno specchio. Batty in realtà è vicino a lui e, dopo qualche canzonatura, ricomincia a picchiarlo, per poi abbandonarlo di nuovo. Deckard lascia a terra la pistola e si decide a fuggire dal palazzo. Ma Batty lo riacciuffa presto ma si infligge un “handicap”: conterà fino a 10 per permettergli di recuperare la pistola, poi lo attaccherà ancora. Mentre Batty snocciola i numeri, Deckard torna nell’appartamento del decimo piano e riprende la pistola. Dopo il 10 la porta esplode. Deckard spara come un forsennato nella polvere e quando rivede Batty scopre che almeno uno dei colpi lo ha colpito, distruggendogli l’occhio destro. Deckard spara ancora, ferendolo alla spalla, ma non basta a fermarlo. Deckard spara il suo ultimo colpo, stavolta mancandolo. Allo stremo delle forze, l’uomo tenta la fuga sul tetto. Batty lo apostrofa:

“È tempo di morire.”

Poi toglie dal muro un chiodo e lo lancia a Deckard, consigliandogli di conficcarselo nel cervello: sarà una morte più pietosa di quella che vuol dargli l’androide. Ma l’uomo cerca rifugio in un’altra stanza, qui prende la pistola di scorta e spara a Batty quando arriva anche lui. Stavolta lo prende al collo. Batty s’accascia. Deckard si sente sollevato, ma in un ultimo impeto la mano di Batty s’artiglia alla sua caviglia. Deckard svuota la pistola contro il corpo del suo nemico, ma la mano non molla la presa. L’agente raggiunge la tromba delle scale, trascinando il corpo di Batty. Poco alla volta riesce a spingerlo oltre il bordo della tromba, e lo lancia nel vuoto, ma neanche questo basta a staccare la mano di Batty, che anzi trascina Deckard con sé. Questi riesce ad aggrapparsi alla ringhiera, e fa leva con il piede sulle dita che lo afferrano. Sul punto di cedere, lo sforzo di Deckard ha successo, e Batty precipita, schiantandosi con frastuono. Ma il poliziotto non è ancora salvo. Aggrappandosi con entrambe le mani alla ringhiera riesce a sollevarsi con grande fatica, e infine a scavalcarla. Dopo essersi ripreso, Deckard guadagna l’uscita dal palazzo. Albeggia. Deckard raggiunge la sua auto, ci si siede e qui sviene.

Deckard si sveglia nel suo letto. Accanto a lui Rachel continua a dormire dolcemente. L’uomo è ancora malconcio e ha un’aria pensosa. Poi si siede sul letto, e subito Rachel si sveglia e gli sorride.

Sotto un sole luminoso, l’auto di Deckard sfreccia su una strada di campagna. A bordo, a fianco di Deckard c’è Rachel, che guarda il paesaggio serena. La voce f.c. di Deckard:

“Voleva andare in un posto che conoscevo. Fuori dalla città. Come uno di quelli che aveva visto nelle
foto. Dove c’erano alberi ma nessun edificio.
Ci siamo divertiti. Mi ha raccontato una storiella divertente e io le ho insegnato una canzone. Una canzone su scimmie e elefanti. E ci ha fatto ridere così tanto che non riuscivamo più a cantare.”

Deckard e Rachel camminano in un bosco silenzioso e innevato. Non parlano. Rachel si ferma a fissare il suo amante: “Nulla in lei si ritrae, anche ora i suoi occhi insistono nel sapere.”

Deckard cammina ancora per il bosco, ma stavolta è solo e sta piangendo. Il rumore dei suoi passi sulla neve è l’unico rumore.

È sera, l’auto romba lungo l’autostrada, illuminata dai suoi fanali. Di colpo scende il silenzio, poi interrotto da uno sparo.

Deckard è al volante, sentiamo la sua voce f.c.:

“Mi sono detto più e più volte: se non l’avessi fatto io, lo avrebbero fatto loro. Non sono tornato in città, non in quella città, non volevo più quel lavoro. Lei una volta disse che il grande vantaggio di essere vivi è nell’avere una scelta. E lei ha scelto. E una parte di me era quasi contenta. Non perché lei se n’era andata, ma perché in questo modo non avrebbe mai potuto toccarla. Quanto a Tyrell, è stato assassinato, ma non era morto. A lungo ho voluto ucciderlo. Ma a che scopo? C’erano molti altri Tyrell. Ma solo una Rachael. Forse reale e irreale non si possono mai separare. E il segreto non si può mai trovare. Ma grazie a lei mi ci sono avvicinato il più possibile come mai ho fatto prima. Lei sarebbe restata con me a lungo. Suppongo che ci siamo resi reali a vicenda.”

L’auto di Deckard viene inghiottita dal buio.

FINE

Come dicevamo, Ridley Scott non fu del tutto soddisfatto della sceneggiatura di Hampton Fancher, ma ancor meno lo fu Philip K. Dick, che in un’intervista pubblicata solo un mese prima della sua morte (avvenuta nel marzo 1982) raccontò:

“Ricordo che il mio agente mi chiamò dopo che lessi la sceneggiatura originale che Fancher aveva scritto e mi chiese com’era. Gli risposi: ‘Era una città sporca. Era un lavoro sporco. Qualcuno doveva pur farlo. Quel qualcuno ero io. Rick Deckard’. Lui disse: ‘Così brutta?’ Ho un amico che è un esperto di effetti speciali che ha lavorato a Dark Star di Dan O’Bannon e ha detto: ‘Qualunque cosa tu possa scrivere, noi possiamo crearla. Questi ragazzi non s’appoggiano più sulla trama, si appoggiano sugli effetti speciali’. Questo è esattamente ciò che stavo dicendo sulla sceneggiatura originale di Blade Runner, che procedeva con lo schiacciare le teste delle persone, e far staccare le braccia e le gambe delle persone, e che stavano davvero per fare quello che avevano fatto in Alien, nel senso che avrebbero preso Douglas Trumbull e avrebbero avuto questi effetti speciali strepitosi ma nessuna trama.”[1]

Fancher replicò così al giudizio di Dick:

“Tranne forse che nella prima stesura, non ho mai avuto intenzione di restare vicino al romanzo. Il romanzo aveva troppi elementi impossibili da rendere in un film. Fondamentalmente è stato solo un trampolino, e da lì in poi, dopo la prima stesura, la mia sceneggiatura ha preso una propria vita e non si è mai occupato troppo di qualunque cosa il libro trattasse. Il modo in cui io ho visto la mia versione della storia era quella di un uomo che scopre la sua coscienza alla fine della sua ricerca e questo era il suo aspetto psicologico, questo era quello che mi ispirava e che ho cercato di raggiungere.”[2]

La riscrittura di David Peoples invece incontrò il favore del regista, che si decise a girarla, e suscitò persino l’entusiasmo di Dick… ma questa è un’altra storia.

[1] Van Hise, James: Philip K. Dick on Blade Runner, Starlog n. 55, febbraio 1982

[2] Van Hise, James: The ‘Blade Runner’ Screenwriters: Hampton Fancher e David Peoples, Starlog n. 58, Maggio 1982

Mario Luca Moretti
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Altri interessi oltre al cinema e alla letteratura SF, sono il cinema e la la letteratura tout-court, la musica e la storia. È laureato in Lingue (inglese e tedesco) e lavora presso l'aeroporto di Linate. Abita in provincia di Milano

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